lunedì 27 aprile 2020

Una stella incoronata di buio. Storia di una strage

Se Il tunnel di Ernesto Sabato ha turbato il mio sonno, non è andata meglio con Una stella incoronata di buio, di Benedetta Tobagi. Anche in questo caso conoscevo vagamente la trama, non mi sfuggiva l’entità e l’identità delle vittime e sapevo che non sarebbe stata una lettura facile. Solo che questa non è fiction, il virus del silenzio può essere più fastidioso di altri organismi e la tendenza a dimenticare indebolisce la nostra capacità di osservare la società in cui viviamo.
Piazza Fontana, l’Italicus, Brescia, la stazione di Bologna, vittime, feriti, attentati… Le stragi. Un elenco di luoghi, immagini sfocate che ogni anno vengono rievocate ma che nella mia mente tendono a confondersi e rientrano tutte nel generico file “strategia della tensione”. Forse perché quegli anni non li ho vissuti, li ho studiati poco e male, non ne ho mai sentito parlare dai miei genitori, non ne ho percepito la rilevanza storico politica: ho colpevolmente sorvolato su un pezzo di storia.
Non so cosa sia scattato, ma ad un certo punto mi sono trovata a riflettere sull’Italia degli anni Settanta. Ho realizzato che se qualcuno mi avesse chiesto cosa fosse accaduto di eclatante a Brescia nel ’74, non avrei saputo rispondere. Non avrei saputo spiegare il perché di una bomba proprio a Brescia e l’avrei liquidata come una strage impunita. Ignorando, tra l’altro, la sentenza del 2015 che ha condannato Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte per strage, condanne confermate in Cassazione nel 2017. Se ne sarà parlato. Sicuramente. E io l’avrò anche ascoltato, ma in maniera distratta, come distrattamente si ascoltano le storie vecchie e confuse, i processi che durano anni, le assoluzioni, i rinvii.
Della strage di Piazza della Loggia non avrei saputo dir nulla perché, quando penso alle stragi, ho (avevo) in mente solo due foto: il cratere scavato dalla bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura e l’orologio della stazione di Bologna. E nessuna delle due immagini si riferisce a Brescia.

Ora, invece, difficilmente riuscirò a dimenticare il pianto in bianco e nero di Arnaldo Trebeschi, accovacciato accanto al corpo mutilato di suo fratello, Alberto, 37 anni, insegnante di fisica. È stato coperto da uno striscione della FIOMM, divenuto sudario. L’onda d’urto dell’esplosione ha sbalzato il corpo a diversi metri dal luogo in cui stava chiacchierando. Lì, da qualche parte in piazza, nei pressi di una fontanella, non troppo distante da una colonna con un cestino dei rifiuti c’è anche il corpo della Clem, 31 anni, insegnante, moglie di Alberto.



Difficilmente dimenticherò lo sguardo di Manlio Milani, 36 anni, operaio. Anche lui è inginocchiato; sorregge la testa di sua moglie, Livia, 32 anni, insegnante. Manlio fissa l’obiettivo, ha la sensazione che la moglie respiri ancora. Morirà prima di raggiungere il pronto soccorso.

Doveva essere una manifestazione contro il terrorismo antifascista, una manifestazione di studenti, operai, insegnanti. Non temete possa succedere qualcosa? Chiede la madre di Livia ai ragazzi che sono passati a salutarla la sera prima. Figurarsi!, nella loro piazza, casa comune, non potrebbe mai accadere nulla di male.
La bomba, collocata in un cestino dei rifiuti, esplode alle 10.12, pochi minuti dopo l’inizio del comizio. Ucciderà 8 persone e ne ferirà altre 102.
Il sindacato stava registrando il comizio e qui è possibile riascoltare quei minuti; l’esplosione interrompe la voce di Castrezzati. La prima volta che l'ho ascoltata, ho pianto a dirotto. Ho riascoltato l’audio mentre buttavo giù queste righe e mi sono controllata a stento.   


Non sarò obiettiva nel suggerire la lettura di questo libro: a me Benedetta Tobagi piace molto. Ammiro la sua ossessione per gli archivi e per la ricerca storica, l’ossessione per la ricerca della verità, il desiderio di chiarezza, la passione che si percepisce nella sua scrittura.
Una stella incoronata di buio è stato pubblicato per la prima volta nel 2013, dopo nove anni di lavoro. La strage, allora, era ancora impunita. Si conosceva la trama, lo scopo, la matrice ideologica di stampo neofascista, riconducibile al gruppo di Ordine nuovo, ma mancavano i nomi di chi materialmente aveva piazzato la bomba. La Tobagi lavora intorno al buco dell’impunità, prende per mano il lettore e lo conduce nell’Italia di quegli anni; cerca di ricostruire il contesto internazionale, la guerra fredda, la militanza politica di destra e di sinistra, i golpe organizzati e sfumati, le bombe (perché ne esplosero diverse in quel periodo), le responsabilità politiche. Dedica un intero capitolo al tema dei depistaggi, il metodico occultamento dei documenti che, se fossero emersi all’epoca dei fatti, avrebbero permesso di mettere sotto inchiesta da subito le persone realmente coinvolte.

Benedetta Tobagi scrive un saggio in forma narrativa, perché in queste pagine ci sono tante storie e molta poesia, a partire dal titolo. Tra le storie disintegrate dalla bomba, c’è la vita di Livia, l’insegnante che amava la poesia e il cinema e che si divideva tra l’insegnamento e il volontariato presso l’AIED di Brescia; ci sono frammenti delle giornate della Clem, caparbia, rivoluzionaria, tra le fondatrici del sindacato scuola CGIL ma che non prese mai la tessera del partito comunista.
Brescia in quegli anni era tutto un fermento, un microcosmo dell’Italia di allora. Anni difficili, in cui, però, c’erano degli ideali; in molti guardavano alla cultura come ad uno strumento di emancipazione, c’era il desiderio di svecchiare un sistema.
La Tobagi scrive: «a Brescia non è avvenuto la più grande delle stragi, né la più nota. Ma è diversa dalle altre, per tanti motivi… “Strage col più alto tasso di politicità” è stato detto; perché la bomba colpì una manifestazione antifascista».
La bomba colpì un ideale, un modo d’intendere la vita, un tessuto fatto d’impegno e di appartenenze solidali. Luci che brillano incoronate dal buio dell’impunità, che ha impiegato più di 40 anni per vedere una sentenza definitiva. Un giudizio tardivo che, quanto meno, ha dato un senso agli sforzi dell’Associazione dei Caduti di Piazza della Loggia e del suo presidente, Manlio Milani, che instancabilmente ha lottato anni per arrivare alla verità.  
 
Benedetta Tobagi e Manlio Milani
Io ho letto la nuova edizione dell’opera, pubblicata nel 2019, quindi integrata con gli ultimi eventi giudiziari e con le sentenze definitive. Non è stata una lettura semplice perché ignoravo la storia di molti personaggi citati dall'autrice; ho dovuto fare qualche sosta per incastrare tutti i pezzi e per colmare qualche lacuna che ostacolava la comprensione degli eventi. Ma Una stella incoronata di buio non è un romanzo d'intrattenimento ed io sono consapevole dei miei limiti.
Qui si può leggere una sintesi delle vicende giudiziarie.
Qui, invece, è possibile consultare il sito della Casa della Memoria.

10 commenti:

  1. Se il 25 Aprile dá tanto fastidio a qualcuno è perché fortunatamente esistono persone, come Benedetta Tobagi, che studiano e cercano dentro archivi polverosi la liberazione dalle ferite inferte dalle stragi di quegli anni bui.

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    1. Verissimo. Studiano, ricostruiscono e hanno a cuore la verità.
      L’apparato di note e fonti citate è un’appendice fondamentale a chiusura del libro. Viene, inoltre, inserita una bibliografia e una filmografia essenziale. Non avendo letto altri testi sui fatti narrati, non posso fare confronti. Una cosa è certa: banalizzare o liquidare con quattro slogan ad effetto periodi così complessi (come, purtroppo, sentiamo fare ogni giorno) non è indice di grande intelligenza.

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  2. Ecco, quelli della mia età invece Piazza della loggia non se la dimenticano: il sindacalista che invita, tirando un porco, a mantenere la calma, quel povero uomo che sorregge la testa della moglie professoressa che non si salverà, quelle immagini ripetute in bianco e nero per giorni, ecco non me le tolgo dalla testa e una stella incoronata nel buio è stata una lettura utile e dolorosa cui dedicai un post a suo tempo

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  3. Cara Baba, io invece, per ragioni anagrafiche e di collocazione geografica, le conosco tutte quelle stragi. Intendiamoci, conosco e ricordo quei momenti tragici. La strage di Brescia fu un colpo perchè vi morirono anche diversi insegnanti e per questo si fece sciopero e si manifestò. Alberto Trebeschi era uno studioso di fisica, una promessa. Di quelle stragi, compresa quella di Bologna, che mi ha toccato in modo particolare perchè in quei giorni mia madre stava male- morì poco dopo- ed era ricoverata in una Rianimazione dove conflurono diversi feriti. Non ho letto direttamente il libro della Tobagi, che so preciso fino al millimetro e forse un po' complesso, conosco però lei e apprezzo la sua metodoglia rigorosa, come dici bene tu. Che dirti, cara? Il filo che lega quelle stragi- recentemente si è chiuso un' appendice del processo per la bomba di Bologna che ha confermato legami, oscure connivenze- che aprono squarci terribili nelle nostre menti. Dove siamo? Chi tira le fila? Noi a piangere e a manifestare e altri che hanno il controllo vero , criminale, del mondo. Un abbraccio.

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    1. Cara Renza,
      io sono una coetanea della Tobagi e penso (forse sbagliando, non so) che la nostra generazione abbia un grande buco rispetto a quella fase storico-politica. Gli eventi di quegli anni non potevano essere considerati “storia” alla fine del secolo, erano troppo vicini, troppo scomodi, tropo poco metabolizzati per poterne parlare con dei liceali o per analizzarli all’università.
      Quando lessi il primo libro della Tobagi, Come mi batte forte il tuo cuore – Storia di mio padre, rimasi attonita per giorni. Ripercorrere la vita di Walter Tobagi significava fare un’analisi di quel periodo storico. Perché mia madre, che ha sempre rievocato gli anni del boom economico e poi l’austerity, la domenica senz’auto e tanti altri episodi di quel periodo prima della mia nascita, non ha mai parlato una volta, una, di una bomba, un attento, la paura o l’ingiustizia per una strage? Glielo chiesi. Mi rispose: “sì, qualcosa ricordo, ma erano cose lontane da noi”. Quasi un “non ci riguardavano”. La mia prima reazione fu di rabbia (come poteva non riguardarli una cosa così enorme?), ma poi capii. Era solo un dato di fatto. C’era tantissima distanza (non geografica ma socio-culturale) tra una parte del Paese e le zone di campagna del centro Italia. Mia madre mai avrebbe pensato di partecipare a un corteo, denunciare un abuso o di ribellarsi a una qualsiasi regola proveniente dall’alto.
      La Tobagi scrive pagine splendide sulla figura di Alberto Trebeschi (ci sono stralci del suo diario che ho letto e riletto) ma anche di Giulietta Banzi e, nel parlare della Clem, racconta anche di sua sorella, Lucia. E di tutte quelle persone che, pur essendo sopravvissute, hanno perso parte di ciò che erano state.
      Credo che leggerò anche Piazza Fontana.

      Un abbraccio forte a te e sempre grazie per i tuoi commenti che stimolano ulteriori riflessioni.

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  4. Ho molte, moltissime lacune su questo argomento. Grazie per il suggerimento

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    1. Quindi, non sono la sola. Ti farà arrabbiare, ti emozionerà, ti chiederai come sia possibile. Però credo possa essere una lettura utile.

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  5. Anch'io ho tantissime lacune. Della Tobagi ho letto Come mi batte forte il tuo cuore e ho apprezzato moltissimo il suo rigore.

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    1. Altro libro bellissimo, hai ragione. A me piace molto questa capacità di conciliare il rigore storico con la vena narrativa.

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