mercoledì 25 febbraio 2009

Treni

Di treni nella mia vita ne ho visti passare diversi. Spesso mi è capitato d’arrivar in stazione qualche minuto dopo la partenza. In quei casi, c’ho impiegato un po’ prima di capire che un’altra occasione era andata. Altre volte sono arrivata proprio quando il treno stava partendo. Qualche secondo prima e sarei riuscita a salire anch’io. Rare volte sono arrivata e, in lontananza, ho visto arrivar anche il treno. Spesso l’ho lasciato andar via volutamente. Senza salire. Fare una scelta non è così facile come sento dire in giro.
Forse ho perso tante buone occasioni, forse avrei potuto fare scelte migliori. Forse, se anni fa avessi preso un sentiero diverso, ora non sarei qui a rimuginarci sopra. La vita va così e, in fondo, se sono questa persona oggi, lo devo alle tante scelte fatte negli anni. Anche quelle sbagliate.
Ci son giorni in cui non ti lasci trasportare dal vortice dei “se avessi…”, e vivi la tua vita serenamente. Altre volte, invece, si scatena una bufera intorno a te e non puoi non chiederti «Cosa ho sbagliato?» Già, cosa?
Forse non ho perseverato abbastanza? Forse non ci ho creduto fin in fondo. 
Mentre apro la serranda dell’ufficio in cui lavoro, in una zona periferica di Roma, la voce concitata di mia mamma ci tiene a sottolineare che la figlia di una sua amica ha ottenuto strabilianti risultati professionali in quello che sarebbe dovuto esser il mio settore. «Eppure sembra non aver neanche la laurea adatta per il ruolo che ricopre. E guadagna uno stipendio da capogiro! Me l’ha detto sua madre ieri, mentre eravamo in fila all’ufficio postale…» L’eco delle sue parole si fa sempre più lontana. Come farà ad infierire con i suoi discorsi sempre nei periodi meno opportuni? Sembra percepirli tutti i miei momenti di fragilità.
Penso a tutto ciò che sognavo di fare da grande e a ciò che faccio ora, che grande lo sono già. Lo sono diventata senza neppure rendermene conto.
«Pronto? Pronto? Ci sei ancora?» No, mamma, ero altrove; non ho idea di cosa tu abbia detto negli ultimi tre minuti ma forse è meglio così.
«Sì, scusami mamma, devo lasciarti. Ci sentiamo un altro giorno con più calma. Ah!, congratulati con la figlia della tua amica. Sono felice per lei».
E dal passato riemergono dei versi che fanno pressappoco così:

“Non chiedere, a noi non è dato sapere
 che cosa il destino abbia in serbo per me, che cosa per te
[…]
Mentre parliamo, già fugge il tempo che invidia:
cogli in sé stesso l’istante
sempre meno sperando nel tempo futuro.”

sabato 7 febbraio 2009

Rispetto

Non era mia intenzione pronunciarmi sulla questione Englaro, ma sono così indignata dai fatti delle ultime ore da non poterne fare a meno. Fosse altro, per mettere nero su bianco il mio punto di vista e per far sì che, un giorno, mai nessuno si possa permettere di “indagare per accertare le mie reali volontà”.
Il Corriere della Sera di ieri, venerdì 6 febbraio, riportava in un articolo di Marco Imarisio, “La nuova battaglia sui ricordi delle amiche”, le seguenti parole:

“Nel 2005 Pietro Crisafulli conosce Englaro ad una trasmissione televisiva dove racconta la storia di suo fratello Salvatore, risvegliato dopo due anni di coma. I due si tengono in contatto. Si incontrano, una sola volta, a Lecco. Poi si perdono di vista. Con una lettera al Tgcom, ora Crisafulli svela che il padre di Eluana gli avrebbe fatto una lunga confessione. «Non era vero niente che sua figlia avrebbe detto che, nel caso si fosse ridotta ad un vegetale, avrebbe voluto morire. Si era inventato tutto perché non ce la faceva più a vederla in quelle condizioni». Per tre anni, Crisafulli ha custodito questo sconvolgente segreto. «Non volevo che tutta questa storia fosse strumentalizzata», ha detto al Giornale. Magistrati, compagni di scuola, amici veri o presunti. La sarabanda è partita. Un quarto d’ora di celebrità (tristissima, dolente) non la si nega mai a nessuno.”

Mi verrebbe da prenderlo a schiaffi il Sig. Crisafulli e quella marea di anonimi imbecilli che si permettono di giudicare e condannare fatti e persone che neppure conoscono.
Ma con quale diritto?
Ebbene, se negli ultimi anni non ci fossero state le tristissime vicende di Terri Schiavo, Welby, di Eluana Englaro, di Luca Coscioni e le battaglie della sua associazione, forse neppure a me sarebbe mai passato per la testa di dire ai miei genitori, al mio compagno, ai miei amici che «se mi fossi ridotta ad un vegetale, avrei voluto morire». Non l’avrei detto perché nell’allegria e nel senso d’invincibilità della gioventù, raramente si pensa alla morte. Io, almeno, a 20 anni, ho sempre parlato di vita, di progetti, di futuro, e non di morte. Ma è ovvio che, qualora mi fossi trovata nelle stesse condizioni della povera Eluana, i miei genitori avrebbero lottato, così come sta facendo il Sig. Beppino. È ovvio, sì, che i miei genitori si sarebbero comportati allo stesso modo, pur non avendomi mai sentito pronunciare espressamente quelle parole.
È ovvio che l’avrebbero fatto perché mi conoscono. Perché per un genitore può essere doloroso, spesso può anche non condividere, ma sa, conosce perfettamente la filosofia di vita del proprio figlio, le tendenze politiche, religiose, ciò in cui crede o non crede, ciò che non vorrebbe mai accadesse e ciò che ritiene ingiusto. E non mi si venga a dire, come è stato sottolineato, che Eluana di fatto non è sottoposta a cure ma solo ad alimentazione e idratazione artificiale.
Ma con che coraggio si può parlare di “Vita” dopo 17 anni in quello stato? Diciassette anni senza poter leggere, scrivere, ascoltare la musica, correre sotto la pioggia, beccarsi un raffreddore, incazzarsi, sognare, fare l’amore… diciassette anni di buio. E voi questa la chiamate vita?
E, forse, ciò che più mi farebbe star male in una situazione analoga, sarebbe il pensiero della mia famiglia, del mio compagno. Involontariamente diventerei causa della loro agonia; lentamente le persone che più amo morirebbero con me, sapendo che, di fatto, quella persona allegra e vitale che conoscevano non è più tra loro, sebbene fisicamente sia ancora lì. Mio malgrado, finirei per rubare anni di vita a chi una vita ce l’ha ancora e potrebbe ricominciar a viverla.

Questi pensieri m’hanno tormentato tutto il giorno, poi le parole del Capo dello Stato (rimando al blog di Marina, http://ineziessenziali.blogspot.com, per la lettera e all’altro meraviglioso post http://ineziessenziali.blogspot.com/2009/02/caso.html che richiama la vicenda Englaro) e, per concludere, la decisione del nostro illuminato Presidente del Consiglio.  Vorrei soffermarmi su una delle sue esternazioni in conferenza stampa:

"Non si può governare il Paese senza la decretazione d'urgenza perché senza la possibilità di ricorrere ai decreti bisognerebbe tornare dal popolo per chiedere di cambiare la Costituzione ed il governo”.

E qui l'indignazione è tale da rendermi, per ora, incapace di alcun commento.