giovedì 29 agosto 2013

Boulogne-sur-Mer

Confesso che se il signor valigiesogni  non avesse letto I tre moschettieri non avrei intuito neppure l’ubicazione di Boulogne-sur-Mer. Anzi, sul treno Parigi–Boulogne ero ancora convinta che mi stessi dirigendo in Normandia. Invece no. Stavamo andando qui:


Scendiamo dal treno accolti dalle voci dei gabbiani. È una giornata splendida, con il cielo azzurro e un vento che ci porta via. Adoro girare in una cittadina di mare ad agosto, indossando una felpa e senza dovermi far spazio tra la folla.


Ho sempre pensato che non mi piacesse il mare d’estate. 
Sbagliato: sono le spiagge rumorose e troppo calde a non piacermi. Quelle che costeggiano la Manica sono favolose anche a Ferragosto. 





La parte bassa di Boulogne fa pensare ad una cittadina d’altri tempi, sebbene sia la parte più moderna di Boulogne, essendo stata costruita solo dopo la seconda guerra mondiale; le vetrine più improbabili, ninnoli polverosi e abiti che sanno di passato affiancano profumerie e negozi trendy.


Nella zona portuale c’è un continuo viavai di gente. Anche se sono lontani gli anni in cui la pesca costituiva la principale fonte di reddito degli abitanti, sembra impossibile pensare che qualcuno qui possa svolgere un’attività diversa. I turisti (prevalentemente francesi e belgi) osservano ipnotizzati i grossi pescherecci. Il signor valigiesogni, invece, non riesce a staccar gli occhi dai granchi giganteschi che continuano a muoversi sulle bancarelle del pesce.
I ragazzini preferiscono dirigersi verso Nausicaā, un bell’acquario marino, tra  i più importanti d’Europa. Questo, per lo meno, è quanto dicono le guide; non avendo particolare simpatia per zoo e acquari, mi sono limitata ad osservare le foche, visibili anche dall'esterno, attraverso una parete a vetri dell’edificio.
Non tutti i bimbi giocano sul lungomare ventoso; qualcuno entra qui:




Quando lasci il porto e ti inerpichi verso la Ville Haute, sei davvero felice di esserti fermato a Boulogne. 



Un insieme di vecchi edifici, viuzze acciottolate, circondate da mura del XIII secolo.
Alcune costruzioni sono piuttosto trasandate: vetri rotti e porte fatiscenti. Altre sono semplicemente magnifiche. Dall’atrio del municipio si accede al piano terra della torre medievale. 







Napoleone soggiornò qui accanto nel periodo in cui organizzava il suo piano per sbarcare in Inghilterra; sfido io, con una vista del genere non bisognava essere un genio per scegliere la città in cui fermarsi!


A Boulogne ho scoperto che adoro le galettes, che a differenza delle crêpes sono fatte con farina di grano saraceno e che vanno assolutamente accompagnate con un bicchiere di sidro. Il tutto gustato in una crêperie a gestione familiare con una melodia melanconica in sottofondo che quasiquasi fa pensare al fado; ma le parole sono in francese.  


Qui le biblioteche non chiudono nel mese di agosto; anzi, s’inventano mostre originali, infilzando i libri in ogni modo…



Da buoni scarpinatori ci prendiamo una giornata per percorrere uno dei sentieri escursionistici del Parco regionale della Côte d’Opale, quella zona della costa grigio-blu che si estende tra Calais e Boulogne. C’è bassa marea, l’acqua è limpida  e le spiagge sembrano non terminare mai. Cozze a volontà (ora comprendo perché siano così economiche) e laggiù, in fondo in fondo, si vedono le coste inglesi. 


Il percorso è disseminato dai resti del Vallo Atlantico, la catena di fortificazioni e postazioni armate costruita dall'esercito nazista per prevenire l’invasione delle forze alleate dal mare, che poi furbamente sbarcarono in Normandia. 


Solo che le coste del D-day sono piuttosto note e richiamano turisti a volontà; qui, invece, tra i bunker di cemento e quelle che furono le postazioni armate tedesche si incontrano pochi camminatori (generalmente francesi) e si trova il giusto silenzio per riflettere sulle devastazioni della seconda guerra mondiale.




Prima di raggiungere il tratto più bello della costa, quello ventoso che va da Cap Blanc-Nez a Cap Gris-Nez, ci si imbatte in una serie di villaggi di mare. Non so se Simenon abbia frequentato questi paeselli ma, nel leggere i suoi romanzi, ho sempre pensato che fossero ambientati in luoghi come Ambleteuse. Casette basse dai colori più disparati, l’una attaccata all’altra, quasi senza traccia di vita. Si incontra qualche persona che silenziosamente si dirige verso il mare; poche parole scambiate a voce bassa con il pescatore che è già sulla strada del ritorno. Ci fermiamo in un piccolo cafè; mentre mangiamo lentamente il nostro pain au chocolat, i signori seduti al locale accanto si scolano una birra. Sono le 11.00 del mattino. 
Gabbiani e profumo di mare.


Molto più turistica, invece, la graziosa Wissant. Nel tardo pomeriggio, al salire della marea la spiaggia si dissolve davanti ai nostri occhi; i villeggianti si spostano indolenti verso cafè e bistrot e noi girelliamo nella cittadina. Ordinata, colorata, uno di quei posti che vedi negli spot televisivi e pensi non possano esistere nella realtà. Esistono.  
Il giorno successivo il cielo è grigio ma noi siamo già in treno diretti verso Parigi. 



Folgorazioni

Ho snobbato la Francia ed i cugini francesi per parecchio tempo. Una cortese quanto ingiustificata antipatia. Come diamine avrò fatto a farmi sfuggire una città meravigliosa come Parigi per tutti questi anni? Bah!...
E dire che la meta del viaggetto estivo è stata addirittura suggerita dall'uomo più antifrancese (anche ora che siamo tornati) di mia conoscenza: il signor valigiesogni.
Mentre cercavo disperatamente una soluzione economicamente accessibile per la Scozia, lui, l’uomo che di francese acquista solo le automobili, folgorato da Dumas e dalle spedizioni di D’Artagnan, guardando google map si fa sfuggire un: “E se andassimo a Boulogne-sur –Mer?”. Potevo lasciar cadere invano una tal proposta? Mai più avrebbe pronunciato spontaneamente il nome di una località francese.

Va detto che il viaggio non è nato nel migliore dei modi. A partire dalla prenotazione dell’hotel. Nottetempo la carta di credito del signor valigiesogni è stata bella che clonata. Capita, direte voi. Certamente, ma l’episodio non ha aiutato a distendere i già tesi rapporti tra il signor valigiesogni e l’universo francofono.
Dopodiché, abbiamo commesso la sciocchezza di acquistare un volo Ryanair. Che non è un gran problema se viaggiate verso Parigi in orari decenti. Se invece avete optato per un volo all'alba (sia per l’andata che per il ritorno), ciò che avete risparmiato per il volo finirete per spenderlo in taxi (visto che i collegamenti con l’aeroporto di Ciampino, dalla stessa città di Ciampino, sono penosi) e pernottamento a Beauvais, che non è a due passi dal centro di Parigi; segnatevelo.

Insomma, i presupposti non erano dei migliori; ciononostante, sono partita lasciando a casa tutti i miei stupidi pregiudizi e con la sensazione che sarei stata colta da una sorta di fascinazione per quella terra e quella lingua che non ho mai voluto imparare.

mercoledì 7 agosto 2013

Alla volta del Monte Marsicano

Che la signora valigiesogni non sia persona da villaggio vacanza l’avrete capito tutti. Nel corso degli anni ha sperimentato diverse soluzioni di pernottamento eppure, udite udite!, fino a pochi giorni fa le mancava l’esperienza della notte in tenda. Eh già, una di quelle cose banali che tutti gli adolescenti hanno vissuto, lei mai: mai trascorso una notte in campeggio. Sicché, spinta dalla nostalgia della montagna e dalla ricerca di refrigerio, lo scorso weekend ha deciso di vivere, almeno per una notte, l’ebbrezza di tenda e sacco a pelo tra i monti dell’Appennino abruzzese. Il signor valigiesogni, spavalda giovane marmotta, glielo proponeva da un pezzo. Ma lei nulla. Il campeggio le dava un’idea di sporcizia, confusione, schiamazzi notturni e fetore di ascelle non lavate.
«Ma guarda che andiamo in un campeggio: ci sono bagni, docce e se vogliamo strafare possiamo avere anche l’energia elettrica». Vabbè, allora proviamo. In fondo, non sono molte le persone stroncate da una notte in campeggio.
In memoria dei brillanti trascorsi del signor valigiesogni, la tenda è stata piazzata qui, in quel di Opi, tra camosci, lupi e orsetti marsicani. Ordine e silenzio hanno disorientato da subito la povera signora valigiesogni. A guardarsi intorno, il campeggio le è sembrato roba da pensionati meditabondi e da famigliola con prole a seguito ed ha iniziato a bisbigliare anche lei, temendo di poter disturbare qualcuno. La caduta di un mito.

Quando la signora valigiesogni si avvicina al Parco nazionale d'Abruzzo, in qualsiasi periodo dell’anno, finisce per girellare sempre tra i vicoli di Pescasseroli. Le dà serenità quel borgo di montagna, con i gerani in estate, le signore che chiacchierano sull'uscio delle botteghe, il profumo dei biscotti che si sparge da forni e pasticcerie, gli escursionisti che sostano davanti al bar, i passi lenti di gambe che camminano senza orologio.
Mentre la camminatrice golosa si guarda intorno alla ricerca di un buon gelataio, il signor valigiesogni medita sull'escursione del giorno successivo. «Si potrebbe arrivare sul Monte Marsicano». Sì, si potrebbe, ripete la signora valigiesogni, delusa dal suo gelato mediocre, mentre imboccano l’ingresso del campeggio. Che sarebbe dove?
«Lassù, di fronte a te». 
Ma neanche per niente! Ma vedi quanto è distante? Non c’è neanche un albero, siamo senza allenamento e fa un caldo che si muore.
«Mannòdai! Il dislivello è di un migliaio di metri ma secondo me non è più difficile di altri sentieri percorsi in passato. Poi pensa che soddisfazione: superiamo i 2000 metri. Da queste parti ci siamo sempre limitati a percorsi semplici».
Intanto il cielo si fa rosa, la cena spartana è pronta, e la birra, ormeggiata nel ruscelletto, è fresca. Spuntano le prime stelle mentre i campeggiatori sorseggiano la loro birra e sgranocchiano taralli. Il signor valigiesogni rovista nella memoria date e luoghi dei suoi precedenti campeggi; amici che non incontra da tempo, atmosfere goliardiche e serate alcooliche.
E poi arriva la notte con le voci del bosco, il vicino di tenda che se la russa, la sensazione che qualcuno stia aprendo proprio la zip della tenda dei nostri eroi. Ma è solo una sensazione amplificata dal silenzio in cui si è immersi.
Nessuna visita notturna; nessun lupetto è passato a salutare nottetempo i signori valigiesogni; giusto un paio di zanzare che non hanno abbandonato la camminatrice neppur in alta quota. Spunta il sole e quella che si credeva essere la cima del Monte Marsicano spicca nel cielo azzurro.


Poveri illusi! La meta dei camminatori è più in là, non la si vede bene dal campeggio. Ma questo l’avrebbero scoperto solo strada facendo.
La giornata è calda, il percorso non è segnato benissimo e la signora valigiesogni ritrova vecchie sensazioni. Il piacere del silenzio, l’affievolirsi dei rumori provenienti dalla strada, il piacere della salita mescolato alla paura della discesa. Per esigenze tecniche, hanno deciso di percorrere lo stesso sentiero sia a salire che a scendere e la signora valigiesogni odia le discese dei versanti senza arbusti. Si sente vacillare di fronte a quel vuoto intorno a lei; l’assale la sensazione di rotolare giù, una vertigine che le paralizza il cervello. Generalmente, dopo qualche giorno di allenamento, si abitua al vuoto e tutto diventa più semplice, ma le prime uscite le provocano sempre un po’ d’ansia.    
Ha capito che andare in montagna le serve come forma di autoanalisi; la signora valigiesogni brucia sempre l’oggi per pensare al domani. In montagna fa la stessa cosa: non si concentra sulla salita, quella la conosce, le piace, sa di poterla affrontare per ore. Non pensa al piacere della meta, non immagina cosa possa esserci lassù. No, è già presa dalla difficoltà della discesa, dalle sue insensate paure, dall’ansia del ritorno. Riflette su questo modo di comportarsi; ricorda che l’anno precedente c’era stato un momento in cui aveva imparato a concentrarsi su ogni singolo passo; a viverlo con tranquillità, chiacchierando con i compagni di cammino. E questa piccola cosa le aveva provocato una gioia immensa: aveva avuto la sensazione di aver capito come bisognava affrontare la quotidianità. Ma poi quella consapevolezza era stata spazzata via dal ritorno in ufficio e dalla ritorno alla civiltà. Quella civiltà che trasforma in urgenze e faccende improrogabili cose che, a ben rifletterci, così urgenti non sono.


Persa in questi pensieri, la camminatrice non avverte neanche la fatica nelle gambe e avverte troppo poco l’intensità del sole (ma la sera capirà di avere fatto una sciocchezza nel non ungersi benbene di crema. Oh, se lo capirà!).
Intanto, laggiù in fondo spunta il lago di Barrea.


Poco più in alto sulla destra, c’è un rimasuglio di ghiacciolo marsicano…


E la vetta improvvisamente si avvicina.


Neppure qui è stato possibile avvistare camosci. A parte noi, nessun animale in zona.

La signora valigiesogni non è brava nell'elencare sentieri e altimetrie. Lei si perde in chiacchiere, raccontando sensazioni, paure e pensieri sparsi. Al massimo può dirvi che è stato percorso il sentiero F10. Ma se volete dettagli tecnici, forniti da escursionisti seri, e percorsi alternativi, potete trovarli qui.



Poi arriva il lunedì e il ritorno all'afa romana; ma stavolta ci si può permettere di pensare al dopo. Tra pochi giorni, i signori valigiesogni prepareranno i loro zaini e prenderanno il volo. Niente montagna ma una bella pausa dall'Italia. Se ne sente il bisogno.