sabato 13 marzo 2021

Passaggi in Siria

 

Samar Yazbek

“Ai martiri traditi della rivoluzione siriana. Questo libro è dedicato a voi”.

Samar Yazbek, la bella quarentenne bionda che tra un tiro e l’altro di sigaretta parla degli orrori della tirannia degli Assad e delle prodezze degli insorti, senza mai riprendere fiato, incontrata tra le pagine de La Siria promessa, è una romanziera, poetessa e giornalista siriana, rifugiata in Francia. Non è solo democratica e laica ma è pure di origine alawita, una setta musulmana sciita, schierata al fianco di Bashar al-Assad.

La Siria che mi ricordavo era uno dei posti più belli al mondo. Ripensai alla mia infanzia nella città di Taqba, nei pressi di Raqqa, sul fiume Eufrate, e agli anni della mia adolescenza nella storica città di Jable, sulla costa, e poi a Latakia, il principale porto della Siria. Una volta adulta, ero andata a vivere da sola con mia figlia, nella capitale Damasco, per diversi anni, a una certa distanza dalla mia famiglia, dalla mia comunità e dai legami identitari. Avevo vissuto in modo indipendente, libera di fare le mie scelte, ma quello stile di vita mi era costato moltissimo in termini di critiche, ripudio e pregiudizio alla mia reputazione. Era stato difficile essere donna in una società conservatrice che non permetteva alle donne di ribellarsi alle proprie leggi. Tutto sembrava resistere al cambiamento. 

Samar Yazbek partecipa alle manifestazioni del 2011 contro la dittatura di Bashar al-Assad, credendo nella possibilità di una Siria democratica. Viene arrestata e picchiata, ma riesce a fuggire dal carcere e dal suo paese. Si rifugia in Francia insieme a sua figlia. Gli articoli in cui denuncia le torture contro i manifestanti e la repressione attuata dal regime di Assad non le permettono di rientrare in Siria. Ma la Yazbek vuole raccontare i fatti, riportare le testimonianze del popolo siriano, “una parte di quel fragile filo di verità che era stato oscurato dalla storia”.


Iniziano i viaggi clandestini dall’esilio francese alla Siria, i Passaggi in Siria.

È un reportage durissimo, sotto i bombardamenti con barili esplosivi e bombe a grappolo, la documentazione di come una rivolta pacifica contro un dittatore si sia trasformata in una rivolta armata contro l’esercito e contro lo Stato, mentre gli islamisti sono entrati nel paese e hanno radicalizzato il conflitto. Quali e quante sono le guerre che si stanno combattendo in Siria, mentre i civili ricevono la loro dose quotidiana di bombe?

Samar Yazbek si occupa da sempre di diritti umani e della condizione femminile in Siria; ha fondato l’associazione Women Now for Development, un’associazione che assiste le donne siriane istituendo scuole e centri di formazione e durante i suoi “passaggi” siriani incontra e chiacchiera con tante donne per avviare progetti comunitari.

Più tardi, quella sera, con Mohammed e Montaha riuscii a raggiungere la casa di una donna che voleva aprire un salone di bellezza e parrucchiere. Mi sembrava un’idea bizzarra: chi poteva preoccuparsi del proprio aspetto in momenti come quelli?

Diala Brisly


Passaggi in Siria (edito da Sellerio e tradotto da Andrea Grechi) ha il potere di condurci in uno scenario di guerra complesso, mostrandoci come ci si ingegni per aprire attività commerciali, sposarsi, studiare, bere un caffè con le amiche, mentre intorno a te tutto va in frantumi. Una pugnalata dopo l’altra. Esco dall’epilogo del reportage, un epilogo ancora più amaro delle esperienze narrate, stordita e con una sensazione di nausea. Che senso ha tutto questo?

“Non sta accadendo nulla di nuovo nella storia dell’umanità”, scrive l’autrice. Già. Ma perché? Come possiamo permettere che tutto ciò continui ad accadere?      

Passaggi in Siria non è solo un reportage; spiega quanto sia stata strumentalizzata la religione nelle guerre siriane, cerca di far comprendere la differenza tra i miliziani dell’Isis e i ribelli del Free Army e non risparmia critiche contro il ruolo e le posizioni della comunità internazionale.

Coinvolgente e doloroso.

 

*Diala Brisly (su Instagram @dialabrisly) è un’artista di origini siriane. L'artista spiega l’illustrazione con il tweet:

This is my reading place where I wanted to start reading Harry Potter but it’s bombed. I will never forget. #Aleppo #Harry_Potter    


giovedì 11 marzo 2021

In Siria

 

Damasco, maggio 1967 (AP Photo)

Periodicamente mi fermo davanti alla mia libreria. Sposto qualche libro; faccio spazio ai nuovi arrivati, rispolvero vecchie conoscenze, penso “Ma quante belle storie attendono d’esser lette tra questi scaffali!”. Mi entusiasmo; scribacchio percorsi di lettura aventi un filo conduttore definito e poi li stravolgo, spinta dalla folgorazione del momento. Avevo un progetto ben preciso a gennaio, prima di ascoltare frammenti di notizie provenienti dalla Siria. Un raid aereo, un bombardamento, uno dei tanti servizi che ci attraversano distrattamente mentre ceniamo. Mi passi l’acqua per favore? Stavi dicendo di quel cliente... Ma da quand’è che combattono in Siria? E poi, perché combattono? Eppure avevo preso qualcosa sulla Siria…

La scorsa estate, colta dal raptus “voci dal mondo”, avevo preso in ebook anche due opere di autrici siriane. Un raptus, perché non sapevo esattamente cosa avessi tra le mani: credevo d’aver acquistato due romanzi.

Sbagliato.

La Siria promessa, Hala Kodmani

Hala Kodmani è una giornalista di origine siriana che vive e lavora in Francia da anni; è responsabile della sezione “Siria” di Libération e si occupa prevalentemente di giornalismo d’inchiesta. Proviene da una famiglia della buona borghesia damascena, colta, poliglotta, molto attiva politicamente: il nonno paterno, Jeddo, noto avvocato, aveva imparato il turco ai tempi dell’impero ottomano, prima dell’avvento del mandato francese in Siria. 

Il padre dell’autrice, Nazem Kodmani, diplomatico, ba’thista e nazionalista arabo, ha vissuto con amarezza il succedersi caotico dei governi e il crollo del panarabismo, originariamente aperto a correnti e discussioni diverse. La presidenza di Hafez al-Assad e il regime imposto costituiscono un colpo troppo duro da digerire. Nazem Kodmani vede nella Francia la migliore delle scelte possibili, “il privilegio di vivere in un paese civile”. Nel suo esilio forzato, dopo aver vissuto in diverse città, è a Parigi che si trasferisce definitivamente con la famiglia.  

Il testo ripercorre un secolo di storia siriana, dalla generazione del nonno dell’autrice (quindi, dagli ultimi anni dell’Impero Ottomano) fino all’esplosione delle cosiddette primavere arabe (la narrazione termina nel 2012), senza trascurare cosa significhi essere arabi nella Francia di Sarkozy. La storia si sviluppa a mo’ di romanzo epistolare, attraverso uno scambio di e-mail tra la scrittrice e suo padre, deceduto, che le risponde dall’Aldilà. 

Pubblicato in Francia nel 2014, è arrivato da noi solo lo scorso anno, edito da Francesco Brioschi Editore, nella traduzione di Elisabetta Bartuli (che scrive anche una bella postfazione, molto utile per inquadrare l’opera e la storia di Hala Kodmani). Romanzo non è la definizione corretta per indicare La Siria promessa poiché, per citare l’autrice, “non c’è niente di immaginario in questa racconto d’immaginazione”. L’unico elemento di fiction è l’idea di poter dialogare con un padre che non c’è più. I dati storici, mescolati con il vissuto privato della famiglia Kodmani, sono tutti veritieri.

È stata una lettura faticosa perché se si ha poca dimestichezza, come nel mio caso, con la storia e la geopolitica di quell’area, alcuni episodi si perdono tra una e-mail e l’altra. Lo stile è distaccato, quasi cronachistico, il livello di attenzione cala e subentra qualche sbadiglio. Si avverte l’emozione, un misto di rivalsa-rabbia-speranza-paura, solo nelle pagine in cui la Kodmani racconta idealmente al padre i giorni che sta vivendo: la rivoluzione dei gelsomini in Tunisia, le prime manifestazioni in Yemen e Algeria, per arrivare alle proteste contro Assad in Siria. La rivolta della Siria del 2011 risveglia tra gli esuli un legame con il paese e con gli altri siriani che non sospettavano di avere. La situazione in Siria degenererà presto, e la narrazione si interrompe.  

Quindi, se volete capire perché gli USA bombardano la Siria, questo non è il libro giusto. Qui si cerca di portare l’attenzione sul paese, sui cittadini, sulla costruzione di un’identità e su un popolo che nel 2011 ha alzato la testa contro il regime di Bashar al-Assad.

La Siria promessa è un libro che ho apprezzato a lettura conclusa, perché mi ha fatto soffermare sulle motivazioni delle “primavere arabe”, su quanto sia variegato e complesso il mondo arabo, sulla difficoltà nello scindere la guerra civile con i successivi conflitti che in Siria si protraggono da anni. Non è un libro che regalerei, ma è stato il mio punto di partenza per appuntare riflessioni, vicende da approfondire, domande.

Leggendo La Siria promessa, mi sono imbattuta un paio di volte nel nome di Samar Yazbek.

Una scrittrice che ho scoperto recentemente traducendo un suo testo per una rivista francese si è da poco rifugiata qui [Parigi] assieme alla figlia. Ha dovuto fuggire non soltanto dai servizi di sicurezza che perseguitano tutti gli oppositori, ma anche dalla sua stessa famiglia che considera il suo impego un tradimento. Perché, in effetti, è alawita. Ti affascinerebbe, questa bella quarantenne bionda che tra un tiro e l’altro di sigaretta parla degli orrori della tirannia degli Assad e delle prodezze degli insorti senza mai riprendere fiato.

Perché la sollevazione prosegua bisogna smuovere la sollevazione dei siriani di qui. Lei ci indica priorità e bisogni, e vuole impegnarsi assieme a noi per portare la sua testimonianza e sensibilizzare l’opinione pubblica.

(22 luglio 2011, e-mail di Hala Kodmani idealmente destinata a suo padre).

E siccome avevo già un ebook di Samar Yazbek…