Le
mie scelte di lettura sono spesso irrazionali, soprattutto quando riguardano
pubblicazioni recenti. Mi lascio ispirare dai blogger che seguo assiduamente,
dai consigli che mi lasciate nei commenti, da persone che a diverso titolo parlano
di libri. Una di queste è Simonetta Bitasi, una lettrice che stimo tantissimo
per il fatto di aver trasformato una passione come la lettura in un lavoro. Non
è la sola, ma a me il suo piglio piace particolarmente. Quando sono in cerca
d’ispirazione, lascio scorrere davanti agli occhi la pagina del suo sito con i
titoli appena letti. "Lascio scorrere" in senso letterale. Non mi soffermo a
leggere le sue osservazioni; guardo titoli, copertine e seleziono un libro a
scatola chiusa. Solo quando ho terminato il libro, vado a sbirciare le
considerazioni della Bitasi.
Su
Lettore ambulante, la Bitasi riporta in sintesi i romanzi che le sono piaciuti;
sono quasi sempre opere arrivate da poco in libreria, molto eterogenee: si
passa da romanzi impegnativi a letture lievi; spesso, ma non sempre, editori
meno noti; di frequente, titoli che non trovano spazio nelle vetrine delle
librerie.
Non
tutte le mie scelte a sensazione sono vincenti. Anzi. In alcuni casi, un
romanzo tanto apprezzato dalla lettrice ambulante, per me ha costituito tempo che
avrei potuto impiegare meglio. Altre volte, invece, resto incantata.
Viste
le premesse, questa copertina e questo titolo non potevano lasciarmi
indifferente.
Fouad Laroui ha una biografia che è già un romanzo. Nato alla fine degli anni
Cinquanta a Oujda (parte nordorientale del Marocco, ai confini con l’Algeria),
dopo aver frequentato il liceo a Casablanca, si trasferisce in Francia, dove si laurea
in ingegneria. Torna a lavorare in Marocco per poi continuare gli studi nel
Regno Unito. Ottiene un dottorato in Scienze economiche ad Amsterdam e, mentre
insegna materie economiche e scientifiche, inizia a dedicarsi alla scrittura e
alla critica letteraria. Quando si dice essere eclettici.
Le
note biografiche non sono casuali perché nella figura dell’ingegner Adam
Sijilmassi, straordinario protagonista del romanzo, si trovano sprazzi di vita
e forse della filosofia dello stesso Foud Laroui.
Le
tribolazioni dell’ultimo Sijilmassi (pubblicato da Del Vecchio Editore nella magnifica
traduzione di Cristina Vezzaro)
inizia in volo, sul mare delle Andamane. L’ingegner Sijilmassi, di ritorno
dall’ennesimo viaggio di affari, all’improvviso si fa quella domandina che io,
ma forse anche qualcuno di voi, tendo a ripetermi più volte al mese: Che ci
faccio qui?
Non che
volasse con le sue ali, come un uccello: era in realtà rincantucciato nel
sedile 9A di un aereo di linea dipinto dei colori della Lufthansa. Si era
appena fatto quella domanda (“Che ci faccio qui?”) e ne esaminava ora annessi e
connessi.
Adam,
proviene da una famiglia umile, originaria di Azemmour. È il primo della sua
stirpe ad aver studiato presso un liceo francese, ad essersi laureato e ad aver
iniziato una brillante carriera professionale. Vive a Casablanca ma, pur essendo
di origini marocchine e parlando l’arabo, è imbevuto di cultura occidentale. Tutti i suoi
riferimenti filosofici e letterari provengono dal mondo francese. La velocità e
la superficialità della sua vita è quanto di più distante possa esserci dalla
vita di suo padre, che non ha mai neppure posseduto un’automobile.
Lui,
Adam, era il primo della stirpe a raggiungere velocità assurde – e per fare
cosa, vani numi? Vendere del bitume, comprare acido solforico, pensare alla
commissione dell’agente indiano. Miseria! E lo chiamano progresso – “marcia
avanti, avanzata”; ma a quale velocità? Bisogna proprio che sia quella del
Boeing? […]
Si vide
seduto sul suo sedile, piccolo presuntuoso, in giacca e cravatta, che andava vrooooom
nell’universo infinito. Era ridicolo. Mancava di dignità per essere il nipote
dell’hajj Maati. Sinceramente, non aveva alcun senso.
Decise,
hic et nunc, che non avrebbe mai più preso l’aereo.
Accadeva
da qualche parte al di sopra delle Andamane, un lunedì, all’alba di un
millennio.
E fu
l’inizio della fine per l’ingegner Sijilmassi.
Il
povero Sijilmassi vorrebbe solo rallentare; ha bisogno di cercare la vita vera,
di capire se il suo malessere provenga da un mondo che va troppo in fretta o
dal far parte di un mondo marocchino postcoloniale che vorrebbe respingere l’Occidente
e la velocità. Fermarsi non è una scelta così innocua come potrebbe sembrare.
Le
tribolazioni dell’ultimo Sijilmassi è ricco
di citazioni filosofiche e letterarie; è triste e divertente, fa incrociare culture,
lingue e mondi diversi. Non ho letto il testo in lingua originale (e non ne
sarei capace), ma la traduzione italiana di Cristina Vezzaro è raffinata ed
elegante. Credo restituisca la musicalità e i tanti giochi di parole del testo
francese.
Mi è piaciuto moltissimo. E… ingegner Sijilmassi, l’ho letto senza fretta.
Mai
stata in Marocco (sigh!). Questa foto di Azemmour proviene dal blog myamazighen.wordpress.com