martedì 30 giugno 2015

Amori non molto corrisposti, Barbara Pym

Gli uomini si sono accorti di me, in un certo senso, pensò Dulcie, ricordando Maurice e Aylwin e Neville Forbes, ma non era successo nulla. Per “accorgersi” la signorina Lord intendeva qualcosa di diverso, evidentemente.
“Lei legge troppo, è questo il suo problema,” disse la signorina Lord vedendo Dulcie sistemarsi a tavola con un libro. “A loro non piace”.
“No, credo di no,” rispose Dulcie, ma ora in tono distratto perché il mondo del libro cominciava a sembrarle quello vero. 


Ignoravo Barbara Pym e i suoi romanzi fino ad una puntata di Fahrenheit di qualche mese fa. Se ne parlava con leggerezza, perché è così che ci si sente dopo averla letta. Poi non ci ho più pensato fino al Salone di Torino quando, guardando la lista degli espositori, mi sono ricordata delle eleganti edizioni dei tipi di Astoria e sono andata a trovare queste donne geniali.

Esiste una categoria di autori, che gli inglesi magistralmente definiscono “neglected”, il cui destino è stato quello di essere dimenticati: pubblicati e subito scomparsi o addirittura mai apparsi nel nostro paese. I motivi possono essere vari, però si nota che è un destino toccato in sorte più alle donne che agli uomini. E ha toccato in particolare quella letteratura capace di guardare al mondo con una certa ironia e leggerezza.  Da molti anni la letteratura, infatti, sembra dover raccontare la realtà soprattutto nei suoi aspetti più cupi, più drammatici, con toni intensi e tristi. Ma chi l’ha detto che la letteratura deve solo restituirci il mondo nei suoi aspetti più tragici? E se fosse vero che la leggerezza e l’ironia riescono a darci ugualmente ragione del mondo in cui viviamo?
Ecco, astoria nasce da qui.

Motivazione più che sufficiente per decidere di acquistare un romanzo edito da Astoria. Eppoi ho un debole per le scrittrici inglesi fissate per libri, bevande calde e mariti che nella vita reale mai avrebbero scelto di sposare. E Barbara Pym ne è l’emblema.

Quando capì che il fidanzato non intendeva affatto sposarla, Dulcie Mainwaring patì una quieta infelicità per diversi mesi prima di riuscire a scuotersi. Il convegno, quando arrivò l’annuncio, sembrò proprio il genere di cosa raccomandata alle donne nella sua posizione: un’opportunità per incontrare gente nuova e per divertirsi osservando la vita degli altri, anche se solo per un fine settimana e in circostanze alquanto inusuali.

Dulcie nella vita fa la correttrice di bozze e redige indici, attività che non reputa affatto noiosa, anche se ha una laurea in letteratura inglese e una mente vivace. Ma non è un uomo: non può ambire a scrivere opere sue o a lavorare nella ricerca. Eppure “l’investigazione” è il suo forte. 

“Mi piace scoprire cose sulla vita della gente. Immagino che sia una sorta di compensazione per lo squallore della vita quotidiana”.

Barbara Pym fu osannata fino agli anni Sessanta e poi dimenticata perché, a detta dell’editore, i suoi romanzi non erano più alla moda e la legge del mercato era crudele anche nel secolo scorso. Rilanciata dal Times Literary Supplement nel 1977 come una delle autrici più sottovalutate, la Pym poco prima di morire ebbe il piacere di veder ristampati i suoi precedenti libri e ridiventare alla moda.
Qualcuno la considera la Jane Austen del Novecento. A me, la sua ironia e i brillanti dialoghi tra Dulcie e la signorina Lord hanno fatto pensare ad Elizabeth von Armin, un’altra donna che sapeva come prendere in giro la società del suo tempo a colpi d’inchiostro.

Barbara Pym, Amori non molto corrisposti
Traduzione di Bruna Mora, Astoria

Amori non molto corrisposti era già stato pubblicato in Italia da La Tartaruga con il titolo “Per guarire un cuore infranto”.   



Che peccato non ci si possa preparare una tazza di Ovomaltina, fu il suo ultimo pensiero cosciente. I problemi della vita sono spesso alleviati da bevande calde al latte.


martedì 23 giugno 2015

Il bambino segreto, Camilla Läckberg

Sembra che di fronte a certi titoli faccia la faccetta snob. Allora, per punirmi, l’amico runner mi presta Il bambino segreto di Camilla Läckberg, una che non ha troppi problemi con il numero di copie vendute né con il blocco dello scrittore, vista la quantità di libri che sforna. Da quanto leggo, tutti i gialli della Läckberg hanno come protagonisti l’ispettore Patrick Hedstrom e la scrittrice Erica Falck, e sono ambientati a Fjällbacka, luogo meraviglioso sulla costa svedese, in cui l’autrice ha la fortuna di vivere. 


A qualche anno dalla morte di sua madre, Erica Falck scopre ben custoditi in soffitta alcuni diari, scritti dalla mamma durante la seconda guerra mondiale, e una curiosa medaglia avvolta in un camicino da neonato macchiato di sangue. Contemporaneamente, nel bel paesetto svedese, viene ucciso un anziano stimato da tutti, studioso di storia ed esperto del nazismo. Il giallo si intreccia con una lunga serie di vicende familiari: congedi presi da papà che si destreggiano con pappine e pannolini, adolescenti in crisi all’interno di famiglie allargate, donne incinte a iosa, coppie omosessuali in dolce attesa, abbastanza dumle e polkagrisar da far prender peso anche al lettore smilzo. Non mi dispiace il mix tra quotidianità e indagini ma eliminare qualche crisi coniugale e qualche limonata (non la bevanda ma l’atto del limonare) avrebbe reso il libro meno dispersivo.

Il bambino segreto si fa leggere, nonostante ci si spazzoli via la polvere da gonne e pantaloni una decina di volte e ci si lisci l’abito con altrettanta frequenza. Intorno a pagina 400, anche una giallista poco esperta come la sottoscritta scova l’assassino. Nessun finale a sorpresa.


Troppo acida? No, via, un’altra possibilità a Camilla non si nega mica! Pare che Il segreto degli angeli, presentato all’ultimo Salone del libro di Torino (ho perso l’incontro, pazienza!), sia più avvincente dei precedenti. Anche se Il segreto degli angeli subito dopo il bambino segreto... Magari optare per un titolo senza segreti, no???  

Titolo originale: Tyskungen, Camilla Läckberg
Traduttore: Laura Cangemi
Editore: Marsilio, 2013 


martedì 16 giugno 2015

Storia della pioggia, Niall Williams

Forse perché venivo da Jane Austen, forse perché ero già stanca di mio, fatto sta che al secondo Swain e al terzo Macqualcosa seguito dall’incontro con Il salmone in Irlanda mi scappa un Oh Cielo Mr. Williams! Ma dove vuoi Andar a Parare?
Torno indietro e ricomincio. Annaspo di nuovo ma non demordo. Intorno a pagina 88 inizia l’innamoramento. Mr. Williams sei un Genio!

Lettrice pendolante
Sto cercando un paio di motivazioni per convincervi a leggerlo. Potrei dire che Storia della pioggia è un’ode ai libri, alla grande Letteratura e al potere salvifico delle storie. Che è un romanzo magico, pericoloso per le vostre tasche e per la vostra già strabordante libreria. 
È un libro pieno di vita anche se parla di morte. 
È un libro potente perché non è facile far sorridere quando si racconta una storia triste. Tu sei lì che sghignazzi e quasiquasi ti senti in colpa perché intuisci come andrà a finire, lo sai che rischi la lacrimuccia finale perché ti sei troppo affezionata alla Voce narrante, Ruth Swain, quella bruttina; leggendo non dovresti sentirti leggera perché questa famiglia è troppo geniale per meritare cotanta sfiga, eppure non riesci a smettere di sorridere.
Volendo potrei anche dire che è la fantasiosa saga di una stirpe assillata dal raggiungimento del Livello Impossibile. Ma la Perfezione non è di questo mondo: la si cerca nei Salmi, nel salto con l’asta, nella Pesca, nella terra inadatta alla coltivazione delle patate, nella Poesia. Ma il Livello Impossibile resta tale. Anche quando s’incontra una donna straordinaria e si dà vita ad una figlia affetta dalla Sindrome della Saputella, quella con i voti buoni e con gli occhiali, e al Gemello dai capelli d’oro e il sorriso accattivante, un sorriso che ti conquista e ti spinge a volergli bene anche se non sai il perché. Perfino allora, mentre stai sfiorando la Felicità, percepisci che qualcosa ti farà retrocedere.
Potrei dire tante cose di questo romanzo ma non gli renderei giustizia. Sembrerebbe una fantasiosa storia melanconica che fa da cornice ad un libro che parla di libri. Invece è un romanzo geniale, scritto con una lingua poetica che ti trascina in un mondo immaginario, estraniandoti dalla quotidianità. E lo so, ho usato troppe volte la parola genio in questo post, ma mi sembrava di non poterne fare a meno.

Storia della pioggia è uno di quei romanzi che ti fanno esser orgogliosa di far parte del Neri Pozza book club. E quest’anno non mi è capitato spesso…  

Niall Williams, Storia della pioggia (traduzione di Massimo Ortelio)

Neri Pozza, collana Bloom.

lunedì 8 giugno 2015

Jane Austen e i libri in testa

Tutta colpa di quella stramba combriccola coi libri in testa. Era da un po’ che volevo partecipare ad una serata organizzata da loro ma andare ad ascoltare 4/5 tizi che parlano di un classico che tu non hai letto non è divertente. Così pensavo. Poi è arrivato l’appuntamento con Jane Austen. Jane è stata la mia eroina per anni, superata solo da Jo March e nella combriccola di cui sopra c’è un super esperto della Austen.


Potevo saltare l’appuntamento su Emma?! No, of course. Già, ma di cosa parla Emma? La mia vecchia edizione della Garzanti (traduzione di Mario Praz) è sufficientemente spiegazzata da suggerire che il libro sia stato letto. Ricordo perfino il momento in cui l’acquistai. Primo anno del liceo, cartolibreria del paesotto natio; ero indecisa tra Il Circolo Picwick (che poi, orrore!, non ho più letto) e questo romanzo della Austen. Mi persuase l’espressione della cartolibraia. Ricordo solo che mi piacque. 
Sicché, qualche giorno prima dell’incontro, ho iniziato a sfogliare il romanzo fiduciosa, convinta che la storia mi sarebbe tornata alla mente in un attimo. Invece niente, buio totale. Avevo dimenticato trama e stile. Perché, allora, ho sempre sostenuto di amare la Austen se la sua tanto decantata leggerezza e ironia con il passare del tempo si erano dissolte nel nulla? Anche di Jane Eyre, Orgoglio e pregiudizio, Mansfield Park oggi saprei dire qualcosa? Che mi sia fatta confondere dai numerosi club austiniani che impazzano nel web?
La rilettura inizialmente è stata lenta e a tratti noiosa. Nell’ultimo mese avevo letto solo scrittori contemporanei; divorzi, tradimenti, figli sbattuti a destra e manca…un mondo che corre veloce. Tornare alle carrozze, alle signorine con veli e merletti, alle canoniche e alle risorse che una fanciulla deve possedere mi ha stranito. Come potevo aver amato una che ciarlava tutto il tempo di visite da una tenuta all’altra, balli, passeggiate… S’è mai visto nella vita reale un gentiluomo che osserva compiaciuto l’incarnato di una donna? La sua pelle vellutata, gli occhi nocciola, la curva della sua gola! Occhi nocciola! Suvvia, per mio marito la distinzione tra viola e rosa è ancora un mistero imperscrutabile! L’avete mai sentito voi un uomo che indica una roba di un certo colore e nel descriverlo becca il colore giusto?
Pagina dopo pagina mi sono immersa nella letteratura inglese del primo Ottocento e ho ricominciato a sorridere. Ho riso molto dei dialoghi strampalati di Miss Bates, delle fobie di Mr. Woodhouse, più ipocondriaco di un Verdone nostrano, avrei preso a schiaffi un paio di volte la bella ed arrogante Emma, lei e la sua mania di combinare i matrimoni più improbabili. Avrei strangolato l’insopportabile Mrs. Elton, una vita dedita al pettegolezzo, e mi sono innamorata a metà libro del fascinoso Mr. Knitghtley, uomo concreto e attento osservatore, lontano dai salotti e dalle futili chiacchiere. Dialoghi salottieri esilaranti, non troppo diversi da lunghi sproloqui che si leggono su facebook. E poi, siamo tanto sicuri che le vacue chiacchiere delle serate danzanti e delle tavole imbandite fossero così diverse dai moderni rituali dell’apericena e dagli sguardi invidiosetti che si lanciano in discoteca?  
Mi sono presentata all’appuntamento con Jane scoprendomi molto più ignorante di quanto immaginassi. Ho avuto la conferma del fatto che i libri vanno riletti perché la memoria vacilla, perché noi cambiamo e cambia il nostro modo di approcciare il testo. Quello che una ventina d’anni fa era un romanzo per fanciulle romantiche oggi è un’arguta critica alla società del tempo.
Di Emma e di Jane Austen vi saprà dire tutto Giuseppe Ierolli. Per ora non v’è traccia del calendario della prossima stagione dei Libri in testa, ma date uno sguardo al sito e partecipate a qualche incontro. Potreste scoprire che parlare di libri, anche di quelli di cui avete dimenticato tutto, può essere divertente.

P.S. Grazie ai miei attenti lettori che mi hanno ricordato che l'autrice di Jane Eyre è Charlotte Bronte (da non confondere con la più brava Emily) e non la Austen. L'avevo detto io che necessitavo di un bel ripasso!