venerdì 31 dicembre 2021

E nel 2022…

 

Ogni anno, la redazione del settimanale Internazionale mette su carta i buoni propositi per l’anno che verrà. Io mi diverto sempre a trovare i punti in comune tra i miei buoni propositi e quelli della redazione. Questa volta ce ne sono pochini:

Non essere frettolosa. Fare ordine nelle password. Fare più attenzione. Risparmiare i nervi e arrabbiarmi solo quando ne vale la pena. Approfondire.

Poi ci sono delle cose auspicabili ma che non classifico tra i buoni propositi, tipo:

Tornare a viaggiare lontano, lontano. 42,195 chilometri.

Di mio aggiungerei:

leggere o rileggere almeno un classico al mese, bere meno caffè, fare più stretching, usare il cellulare per telefonare e non per cazzeggiare, ricominciare a studiare il portoghese, riscoprire Roma. 

E poi c’è un classico: realizzare quelli dell’anno che ci stiamo lasciando alle spalle.

Buon 2022!

 


“Ciò che mi interessa è l’istante presente, bisogna trovare ogni giorno il modo di essere felici.” Jacques Henri Lartigue.

La mostra L’invenzione della felicità, dedicata al fotografo Jacques Henri Lartigue, resterà aperta fino al 9 gennaio 2022 presso l’hub culturale We Gil a Trastevere. 


lunedì 13 dicembre 2021

Più libri più liberi 2021

 


La prima volta che andai alla fiera Più libri più liberi la mia conoscenza dell’editoria italiana era piuttosto vaga. Ero più timida e sprovveduta di oggi e pensavo che le case editrici fossero molto più ricche e strutturate rispetto a quanto accada nella realtà.

Tornai a casa con un mare di carta: tanti cataloghi, qualche bella scoperta, libri firmati da autori di cui non avrei più sentito parlare e un grande entusiasmo. Il mio rapporto con la fiera della piccola e media editoria romana è cambiato con il passare del tempo. Anche grazie a questo blog e al crescente ruolo dei social sono stata coinvolta in diverse iniziative che mi hanno portato a vivere la fiera da dentro. Ma, paradossalmente, all’aumentare della mia presenza tra i corridoi del Palazzo dei Congressi prima e della Nuvola poi, diminuiva la soddisfazione a fiera finita. Troppa gente, troppe corse da una sala all’altra, troppi finti impegni. Era terminato l’entusiasmo della scoperta. Tant’è che nel 2019 ho disertato l'evento senza avvertire neppure quel pizzico di rimpianto che ti prende nel momento in cui il resto della tua bolla posta foto, sensazioni, stralci di giornate nella Nuvola.

Quest’anno, invece, spinta dal rinnovato entusiasmo per progetti di lettura che mi frullano nella testa, incurante del numero di libri che entra in casa occupando ogni spazio libero, ho preso un giorno di ferie per poter girellare tra gli stand. Volevo evitare la folla, le sale piene, le case editrici di cui conosco già i cataloghi (e che non sono più così piccole) e gli eventi di richiamo. Volevo curiosare tra le nuove realtà editoriali e vedere verso cosa si stia muovendo l’editoria italiana.

Avevo dimenticato quanto possano essere rumorose le orde di studenti di tutte le età ma, superato il gruppo scuola, è andato tutto nel migliore dei modi. Dalle mie chiacchiere in fiera, ho avuto la sensazione che le case editrici più giovani abbiano scelto come piano editoriale “pubblichiamo le storie che ci piacciono”, senza tralasciare un pizzico di follia. Questo per lo meno è quanto sostengono i tipi di Pessime idee, casa editrice romana nata lo scorso anno, che ha scelto come motto “Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia”. Questo affermava Erasmo da Rotterdam e da questo siamo partiti.

Non contenti del rischio assunto nel gestire una casa editrice, nel 2021 i tipi di Pessime idee hanno inaugurato anche una libreria. Qui potete spulciare il catalogo di quanto pubblicato finora.

Criterio simile ma più focalizzato sulla selezione l’ho trovato nello stand della nuovissima 21lettere. Sul sito della casa editrice si raccontano così:

Sei soli titoli all'anno. Come è possibile? In parte perché lavoriamo su long-seller. In parte non lo sappiamo, perché è una scommessa.

Se tanti sono i motivi per cui viene pubblicato, o meno, un libro, noi facciamo un passo indietro. Se anche per assurdo avessimo a disposizione i diritti di tutti i libri di tutti i cataloghi, da ognuno ritaglieremmo piccolissime porzioni, lasciando cadere il resto. 

Pochi selezionatissimi titoli su cui investire tanto, ciascuno. Non confinati a un genere prestabilito. Se è bello lo pubblichiamo, questo è ciò che siamo. Il criterio principe. Certo, se è bello per noi. La casa editrice avrà un suo carattere definito, in base alla traccia che lascerà, ma senza confini di sorta. 

Spostandomi dalla narrativa alla saggistica, mi sono lasciata incuriosire da Aras edizioni. In particolare, mi ha colpito la collana Le crinoline che raccoglie saggi su figure femminili rimaste lungamente ai margini della storia o note per essere state “le compagne di…”, più che per la propria personalità.

E poi ho soddisfatto altre curiosità, tipo spulciare con attenzione i volumi esposti nello stand della casa editrice filosofica Tlon. Ci sono temi che io finora ho esplorato pochissimo, temi che includono il femminismo ma anche quella cosa di grande attualità che viene sintetizzata nell’espressione “questioni di genere”. Se ne parla molto e se ne trovano un’infinità di pubblicazioni nei cataloghi di molte case editrici.

Insomma, per sintetizzare la mia fiera e il relativo bottino potrei dire: giovani case editrici, una finestra sull’universo femminile e sulle tematiche di genere, un pezzetto di Cile, un po’ di Roma e qualche regalo.

Questi sono i titoli che sapevo avrei portato a casa:


e questi sono i titoli accidentalmente caduti nella mia borsa, tra uno stand e l’altro:


Credo sia stato anche l’ultimo bottino del 2021, un anno in cui non ho lesinato nell’acquistare libri. Dopo un parco 2020 sono tornata, infatti, alla modalità faccio-un-salto-in-libreria. E ad uscire senza libri da una libreria, si commette peccato. Insomma, con quest’ultima pila, di provviste per l’inverno (ma anche per la primavera/estate) ne ho a sufficienza.

 

mercoledì 8 dicembre 2021

Rosemary’s baby, Ira Levin

 

Non smetto mai di scrivere e cancellare programmi di lettura. Faccio liste mensili, stagionali, annuali. Anni e anni di liste di libri da leggere in un arco temporale ben definito avrebbero dovuto insegnarmi che non le rispetto mai. Ma continuo imperterrita. Rosemary’s baby, per dire, non era mai comparso in nessuna delle mie liste. Poi, però, ho ascoltato Selvaggia Sostegni, lettrice voracissima, parlarne con toni così convincenti da avere l’urgenza di recuperare il romanzo. L’ho trovato disponibile tra gli ebook per il prestito digitale della mia biblioteca (MLOL) e zac!, l’ho letto in una domenica di pioggia.


Lo so, è un titolo celebre così come è arcinota la trasposizione cinematografica realizzata da Roman Polański, eppure, lo confesso, non ho mai visto neanche il film.

Ira Levin racconta la storia della giovane coppia Woodhouse: Guy, attore emergente alla ricerca della parte che lo renderà memorabile, conferendogli fama e ricchezza e lei, Rosemary, mogliettina innamorata, desiderosa di una famiglia numerosa (almeno tre figli che abbiano due anni di differenza l’uno dall’altro) e di una bella casa. Rosemary legge ancora Dickens (Certo che lo leggo. Nessuno smette di leggere Dickens) e Daphne Du Maurier, e aspira a un appartamento nel Bramford, cuore di Manhattan. L’occasione giusta arriva: la facciata del palazzo è ornata da gargoyle, l’appartamento è spazioso e con i soffitti alti, il soggiorno ha due ampie finestre, due bovindi con i vetri a losanghe e una panchetta incassata. E poi c’è il caminetto e una splendida libreria in legno di quercia.

«Nel complesso sembra fatto su misura per una giovane coppia come voi».

Troppo delizioso per lasciarsi scoraggiare dalle sinistre leggende associate al Bramford e a quelle sciocche storie che parlano di suicidi e stregoneria.

«Il palazzo ha un’alta percentuale di precedenti sgradevoli, perché esporsi di proposito a un pericolo? Andate al Dakota o all’Osborne, se proprio non potete fare a meno del lustro del Diciannovesimo secolo».

Ma le parole dell’amico Hutch non dissuadono affatto i coniugi Woodhouse. Stregoneria e satanismo nel Ventesimo secolo. Suvvia! Assurdo.


Il romanzo di Ira Levin, uscito nel 1967, originariamente pubblicato in Italia dalla Garzanti, è stato per lungo tempo fuori catalogo. È stato poi ripubblicato dai tipi della SUR nel 2015, sempre nella traduzione di Attilio Veraldi. È invecchiato bene? Per quanto mi riguarda, ho trovato qualche scena un po’ banale, sebbene un filo d’inquietudine abbia caratterizzato tutta la lettura del romanzo. Sarà stata la pioggia incessante di una domenica di fine novembre, sarà stata la giusta atmosfera, sarà che avevo voglia di un genere diverso, ad ogni modo, Rosemary’s baby ha catturato totalmente la mia attenzione. Era da qualche tempo che non mi capitava di leggere un libro tutto d’un fiato in un solo giorno. Ora dovrò guardare il film. 

 


Neanche a dirlo, il fatto che Rosemary legga Dickens e un romanzo di Daphne Du Maurier ha comportato la necessità di procurarmi un paio di titoli che, ahimè, non avevo ancora inserito nella lista delle prossime letture…

 

domenica 5 dicembre 2021

Le cattive, Camila Sosa Villada

Prima di conoscere le trans del Parco, la mia storia si riduce all’esperienza dell’infanzia e a quel travestitismo istintuale a cui mi sono esposta quando ero ancora una bambina. Fino al momento in cui incrocio la loro strada non so nulla al riguardo, non conosco altre donne trans, non conosco nessuno come me, mi sento l’unica al mondo. E lo sono, nel mondo in cui mi muovo durante il giorno: l’Università, le aule di Scienze della Comunicazione e poi quelle dell’Accademia d’Arte Drammatica. Il mio intero mondo sono gli uomini e le donne che conosco all’Università, e i clienti la notte.

Camila è stata Cristian per tutta l’infanzia, un ragazzino timido che guarda la madre mentre si trucca e indossa i suoi vestiti di nascosto. Un ragazzino a cui prima è stato spiegato che un uomo perbene deve pregare tutte le sere, mettere su famiglia e trovarsi un lavoro, e a cui successivamente è stato ripetuto che, prima o poi, finirà buttato in un fosso, con l’AIDS, la sifilide e chissà quali altri schifezze. A te, conciato così, non ti vorrà mai bene nessuno.

Cristian, che ormai è Camila, scopre l’amore e la tenerezza di una famiglia solo tra le trans del Parco Sarmiento. Il polmone verde nel cuore di Cordova da zoo e divertimenti durante il giorno si trasforma in freddo e selvaggio quando cala la notte. Tra gli alberi le trans si muovono in branco, guidate dalla saggezza della Zia Encarna, la capobranco, centosettantotto anni e un corpo da mamma italiana. Le vite s’intrecciano, le protagoniste diventano sempre più irreali e fantastiche, un po’ si ride, un po’ si soffre, un po’ ci si sente a disagio. Il disagio che si prova sapendo che si ha tra le mani un romanzo ma che lì dentro scorre anche la vita vera di tante persone.  



Le cattive
, romanzo dell’argentina Camila Sosa Villada (edito in Italia dalla SUR, nella traduzione di Giulia Zavagna) è crudele e poetico. La prosa è asciutta, priva di sentimentalismi, a tratti ironica. Ma non è un romanzo facile, almeno per me non lo è stato. Si fa leggere velocemente, però ho dovuto attendere qualche giorno prima di poterlo apprezzare. È il classico romanzo che non avrei acquistato ora, se non fosse stato scelto da un gruppo di lettura. Il gdl della libreria Biblion di Granarolo l’ha proposto per l’incontro on line di dicembre, avrebbe partecipato anche la traduttrice Giulia Zavagna, e la tentazione è stata troppo forte per poter resistere.

L’incontro è stato stimolante e ricco di spunti di riflessione, grazie alla generosità della traduttrice che ha raccontato il dietro le quinte del romanzo. Las malas le venne consigliato dalla scrittrice uruguayana Vera Giaconi (di cui la casa editrice SUR ha pubblicato Persone care, sempre tradotto dalla Zavagna).

Lo lessi e lo lasciai sedimentare qualche settimana prima di parlarne in redazione. Acquistammo i diritti per tempo; poi sono arrivati i premi e le traduzioni in altre lingue.

Copertina realizzata da Lorena Spurio

La Zavagna ha illustrato le scelte editoriali alla base della pubblicazione, evidenziando che la SUR, al contrario di quanto accaduto in altri Paesi, non ha fatto leva sulle vicende personali di Camila Sosa Villada per presentare e pubblicizzare il romanzo: doveva emergere l’urgenza dell’autrice di raccontare una storia, senza personalizzarla. Onestamente, da lettrice non sono stata in grado di scindere il vissuto dell’autrice dal romanzo, scritto in prima persona e avente una protagonista di nome Camila.

A differenza delle altre partecipanti all’incontro, non mi sono innamorata della storia subito, non l’ho divorata in un giorno e non ho colto tutte le metafore ben argomentate da lettrici particolarmente attente. Ma ho apprezzato il romanzo e sono stata colpita dalla TED Conference di Camila Sosa Villada, avvenuta prima della stesura del romanzo. Una testimonianza di grande impatto emotivo.