venerdì 12 agosto 2016

Turbamenti

Allora che faccio? Cambio lavoro, casa, città, vita, oppure mi limito a ritoccare la quotidianità, cambiando solo casa e città e smussando gli aspetti negativi del lavoro attuale?
Tra un augurio di buone vacanze e una pratica in ufficio, macino pro e contro, combattuta tra il desiderio di dare un taglio a tutto e abbracciare l’ignoto, e l’ansia di scegliere l’ignoto per non voler tentare di cambiare una realtà che non siamo stati in grado di gestire.
Apro il libro di Terzani e l’indovino non mi dice nulla.
Inizio a leggere Mrs. Bridge, che tanto mi aveva incuriosito, e lo mollo a metà. Solo il fido Simenon riesce a distrarmi.

Immagine del grafico Claudio Troisi

Dopodomani si parte per la montagna. Il silenzio, la distanza, i sentieri sapranno indirizzare le nostre scelte. Uscita dal tunnel dell’indecisione, forse riuscirò a terminare il mio Dubus. E farò il pieno di energia e buoni propositi per settembre.

Buon Ferragosto a tutti.

lunedì 8 agosto 2016

Liebster Blog Award



Fa caldo, le ferie si avvicinano e la testa è altrove da un pezzo, perciò oggi, ringraziando i blogger amici che hanno nominato librinvaligia per il Liebster blog award, si gioca!
Da blogger ribelle, gioco a modo mio. Se volete leggere le regole per bene, passate per la Biblioteca di Babele che mi ha nominata ufficialmente (e che ringrazio) e, già che ci siete, prendete qualche spunto per le letture del mese di agosto.    

Che libro regaleresti ad una persona per te molto importante?
Sfatiamo una volta per tutte il mito in base al quale “un bel libro è sempre un regalo perfetto”. Gneee!! Sbagliato. Regalare un libro è difficilissimo e talvolta inutile. Tre quarti delle persone che conosco leggono a malapena un libro l’anno. Che faccio?, gliene regalo uno solo perché amo leggere? Meglio una maglietta o un massaggio in una spa. Ne saranno felici.
Alla mia amica bibliotecaria regalerei una bella raccolta delle inchieste del commissario Maigret, così la smette di osannare Camilleri. Al coniuge continuerei a regalare saggi e romanzi storici. Non esiste un libro che vada bene sempre e per tutti.  
Qual è l’autore che ti ha emozionato di più incontrare?
Annie Ernaux. Pacata, riflessiva, incantevole.
Qual è il prossimo autore che vorresti venisse nella tua città?
Già individuare la mia città sarebbe un passo avanti. Mi piacerebbe poter fare quattro chiacchiere con Tolstoj, ma temo non sia possibile.
E quello che avresti voluto come amico?
Non credo che gli scrittori siano dei miti, anzi. Sarebbe stato interessante avere una corrispondenza epistolare con Elizabeth von Arnim.
Perché leggi?
Per la stessa ragione per cui vado a correre, vado in montagna, prendo il volo per una città sconosciuta ogni volta che ne ho l’opportunità. Forse non serve a nulla, ma non saprei vivere senza.
Quali sono per te il libro più sopravvalutato e il più sottovalutato della storia?
Passo.
Che ne pensi in poche parole della diatriba cartaceo vs. digitale?
Futile. Personalmente resto un’affezionata della carta, ma il punto non è il supporto che si utilizza. Ben venga qualsiasi strumento purché l’editoria resti un mestiere serio e correttori di bozze, editor, traduttori, grafici e la restante parte della filiera vengano pagati come si deve.     
I libri che leggi li compri tutti o usufruisci di qualche biblioteca?
Sempre benedette siano le biblioteche! Ho la mania del possesso, quindi tendo ad acquistare i miei libri. Da qualche tempo compro prevalentemente libri usati. Il prestito bibliotecario è perfetto per la narrativa contemporanea e di evasione. Per capirci, la saga dell’amica geniale della Ferrante l’ho presa in biblioteca. 
Dimmi una storia di cui ti sono piaciuti sia il libro che la trasposizione cinematografica.
Revolutionary Road, dal romanzo di Richard Yates che, tra l’altro, sto per rileggere con il mio gruppo di lettura in biblioteca. E poi il meraviglioso 84, Charring Cross Road (dal libro di Helene Hanff).
Qual è il libro che desideri avere e aspetti che qualcuno ti regali?
I libri che desidero me li regalo da me. Mi son appena regalata Purgatorio di Tomás Eloy Martínez e I tempi non sono mai così cattivi di Andre Dubus.
Il prossimo libro che leggerai è…?
Bella domanda. Tra pochi giorni andrò in ferie. Forse è il momento giusto per Vita e destino di Vasilij Grossman. Vediamo.

A questo punto dovrei nominare undici blogger a cui fare undici domande. Però, sapete, la blogsfera è come la palestra ad aprile: affollata, boom di iscrizioni per la prova costume. Si potrebbero trascorrere intere giornate svolazzando da un blog all’altro e ammucchiando libri che poi non si avrà più il tempo di leggere.
La maggior parte dei blog amici (nel senso letterale: con il passare degli anni sono nati veri e propri rapporti di amicizia) li trovate elencati qui accanto. Cercando informazioni su libri che mi incuriosiscono, mi imbatto in tanti blog bellissimi, non necessariamente amici, e spesso li menziono direttamente nei miei post.  

Se vi va di giocare, tenutari o meno di blog, rispondete qui sotto a qualche domanda in stile librinvaligia:
C’è un libro che ti ha fatto scoprire una città o un paese? Quale?
Quale libro metteresti in valigia per un viaggio in Portogallo?
Quale libro metteresti nello zaino per un trekking sulle Ande?
Quale libro metteresti nello zaino prima di prendere la Transiberiana?
Allenatissimo per la maratona di NY, quale libro metteresti nella sacca insieme alle scarpette?
Dopo tanto sudare, quale libro metteresti in valigia per un solitario weekend in una baita in alta quota?
E se proprio la montagna non fa per te, con quale autore trascorreresti una settimana alle Cinque Terre

venerdì 5 agosto 2016

Tutti gli intellettuali giovani e tristi, Keith Gessen



La mia copia e la mia birra 
A Tutti gli intellettuali giovani e tristi sono arrivata per caso e con un certo ritardo.
Qualche mese fa su la Lettura trovo un’intervista di Enrico Rotelli a tal Keith Gessen. Mai sentito nominare prima, ma il giornalista ne parla con toni lusinghieri e le risposte dello scrittore non sono affatto banali.
Keith Gessen nasce a Mosca nel 1975 da una famiglia di origine ebraica, madre critica letteraria e babbo scienziato; a sei anni si trasferisce negli Stati Uniti, laurea ad Harvard, master in Belle Arti a Syracuse. Tanta scrittura su riviste letterarie e non, fino ad arrivare nel 2004 alla fondazione di n+1, una rivista senza scopo di lucro (messa su con altri intellettuali giovani e tristi), che mescola letteratura, politica, saggio e fiction.
Gessen è un attivista politico, arrestato (per un giorno) durante le proteste di Occupy Wall Street, è un democratico che ha sperato nella vittoria di Bernie Sanders, sostiene che Dostoevskij abbia influenzato la letteratura americana e dichiara (l’intervista è di marzo scorso) che I giorni dell’abbandono di Elena Ferrante (chiunque essa sia) sia stato il più amato tra i libri letti di recente.
Capite bene che una biografia del genere, unitamente ad un romanzo dal titolo così intrigante, ti portano in libreria per leggerne almeno l’incipit.

A New York, loro risparmiavano.

Risparmiavano sul succo d’arancia, sul pane in cassetta, sul caffè. Sui film, le riviste, l’ingresso ai musei (il venerdì sera). Sui biglietti del treno, della metro, sull’appartamento fuori mano nel Queens. Era una sorta di principio, a cui non si derogava. Mark e Sasha quell’anno vivevano sulla linea 7 della metro e quando uscivano, su nel Queens, Mark seguiva Sasha come un bimbo mentre lei studiava e confrontava i prezzi dei due alimentari coreani in modo da risparmiare sulla frutta, la verdura e qualche piccola specialità orientale. Risparmiavano anche sui vestiti.

Era il 1998 ed erano innamorati.

Si erano lasciati alle spalle il college, la Mosca dove Sasha aveva trascorso l’infanzia e la periferia residenziale americana dove l’aveva trascorsa Mark; eppure erano riusciti in qualche modo a sfuggire a tutto questo con la giovinezza ancora intatta. Vivere a New York con pochi soldi era un po’ umiliante, ma essere giovani… essere giovani era divino. Se uno avesse avuto più soldi di quelli che avevano loro quell’anno, sarebbe semplicemente invecchiato prima. E così, con il sorriso in faccia, loro risparmiavano.

Dall’incipit all’acquisto il passo è breve. Così mi faccio fregare da un altro sedicente scrittore geniale e raffinato della narrativa americana contemporanea. Non fraintendetemi: il libro non è malvagiomalvagio, ma se dopo le prime pagine interrompi la lettura ogni dieci minuti per guardare il cellulare, mi sa che la storia non ti sta coinvolgendo granché.  
Il romanzo si sviluppa intorno a tre giovani intellettuali: Mark, che avete incontrato poche righe fa, impegnato a scrivere la sua tesi di dottorato sui menscevichi russi, arrabbiato, senza un soldo e innamorato della bella russa Sasha; Sam, ebreo, vuole scrivere il grande romanzo sionista, è innamorato dell’israeliana Talia, ma prima di tutto deve controllare la sua posta elettronica e far in modo che la sua Googlata si rimpolpi (è passato da 300 e rotte pagine di accessibilità al pubblico a scarsi 22 risultati. Il suo nome sta scomparendo da Google: capite il dramma di Sam?, qualcuno potrebbe anche suicidarsi per questo).
Per concludere, c’è Keith, alter ego dell’autore sin dal nome. Studia ad Harvard, è circondato da personaggi improbabili e si dispera per la sconfitta dei democratici nel 2000 (do you remember George W. Bush vs. Al Gore?).
Sono tutti poveri in canna, fanno lavori precari, bevono birra, si innamorano, leggono molto (prevalentemente russi), parlano di politica, di riscaldamento globale, della questione palestinese e delle guerre americane per diffondere la democrazia. Qualche volta ho sorriso, altre volte ho sbadigliato, spesso son tornata indietro perché avevo perso un passaggio. C’è tanta ideologia, tanti riferimenti ad eventi storico-politici realmente accaduti, tanta, troppa carne al fuoco. E alla fine ti ritrovi tra le mani solo l’inconsistenza di una scrittura raffinata e il malinconico ricordo di quando anche tu avevi 23 anni e pensavi di poter cambiare il mondo.
 
Harvard - Lamont Library
Io l’ho messo in valigia per una trasferta di lavoro in terra campana ma vi direi che, se non siete degli attenti osservatori della narrativa americana contemporanea, non è così necessario infilarlo in borsa.
Pare che Keith Gessen stia scrivendo il suo secondo romanzo. A me è bastato il primo.

Keith Gessen, Tutti gli intellettuali giovani e tristi (All the Sad Young Literary Man),
Traduzione di Martina Testa, Einaudi, 2009.