mercoledì 20 maggio 2009

Altri viaggi

Allora Almitra di nuovo parlò e disse: Che cos'è il Matrimonio, maestro?
E lui rispose dicendo:
Voi siete nati insieme e insieme starete per sempre.
Sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
E insieme nella silenziosa memoria di Dio.
Ma vi sia spazio nella vostra unione,
E tra voi danzino i venti dei cieli.
Amatevi l'un l'altro, ma non fatene una prigione d'amore:
Piuttosto vi sia un moto di mare tra le sponde delle vostre anime.
Riempitevi l'un l'altro le coppe, ma non bevete da un'unica coppa.

Datevi sostentamento reciproco, ma non mangiate dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e siate allegri, ma ognuno di voi sia solo,
Come sole sono le corde del liuto, benché vibrino di musica uguale. 
Donatevi il cuore, ma l'uno non sia di rifugio all'altro,
Poiché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori.
E siate uniti, ma non troppo vicini:
Le colonne del tempio si ergono distanti,
E la quercia e il cipresso non crescono l'una all'ombra dell'altro.

Kalihl Gibran – Sul matrimonio (da “Il profeta”)

E la sposa arrivò, vestita di prati verdi e cieli azzurri. Un po’ frastornata, udì suo padre dire: «Ora è tua» e lasciò la mano della sua bambina tra le mani dello sposo. Lo sposo, con gli occhi raggianti ed un sorriso felice, la sfiorò con un bacio leggero.
Poi parlò il Primo Cittadino, le mani degli sposi si strinsero ancora di più e nell’aria echeggiarono due «Sì», pronunciati senza esitazione alcuna.
Allora lo sposo guardò dolcemente la sposa e con voce tremante promise amore e fedeltà eterna, così come l’aveva amata e rispettata sin dal primo giorno in cui si erano incontrati. La sposa, con gli occhi velati dalle lacrime e un nodo che le stringeva la gola, prese in prestito le parole di un poeta, per suggellare l’inizio di quel nuovo viaggio insieme.
Poi ci furono gli applausi, le congratulazioni, il vociare degli amici, riso bianco e confettini dappertutto. E, in mezzo a tanto frastuono, lo sguardo intenso della nonna della sposa. Il bel volto solcato dagli anni, poche parole a spazzar via le incertezze dei nostri tempi. «Andrà bene. Questo matrimonio andrà bene. Io lo so». E la sposa, certa delle certezze della nonna, non poté far altro che stringerla forte a sé e donarle il suo mazzetto di rose bianche.

mercoledì 6 maggio 2009

Le parole della felicità

Domani mi sposo.
Un anno fa, tra i miei progetti futuri, avrei inserito di tutto, anche la possibilità di ripartire come volontaria, magari per il Malawi. Ma il matrimonio, mai. Un anno fa, però, il mio futuro marito era solo il mio migliore amico; nel mio dizionario non c’era spazio per le parole “amore, convivenza, progettualità” e l’avverbio “mai” aveva un altro significato. Poi, senza neppure rendercene conto, quel rapporto d’amicizia  si è evoluto. Così, in modo naturale. È stato naturale iniziare a vivere insieme, stropicciarsi gli occhi al mattino e perdersi l’uno nel sorriso dell’altro.
«Ma tu mi sposeresti?», ed io che non riuscivo a togliermi quell’espressione ebete ed a pensare a risposta diversa dal «Sì». Più l’osservavo, più mi chiedevo come fosse possibile esser stati amici per così tanto tempo senza realizzare quanto fossimo indispensabili l’uno all’altro. 
Domani mi sposo e a Mauro verrà un coccolone quando leggerà questo post. Lui che è persona estremamente riservata; lui che rispetta i miei spazi e i miei tempi; lui che torna a casa, mi abbraccia e sussurra: «Spettacolo il tuo ultimo post!». Mai si aspetterebbe di diventare oggetto di ciò che scrivo pubblicamente. 
Domani mi sposo e mi dicono che sono luminosa come mai sono stata in passato. Io non riesco a vedermi. So solo che una morsa m’attanaglia lo stomaco da giorni, che ho una voglia irrefrenabile di correre, chiacchierare, ridere per ogni banalità.
Domani mi sposo  e non le capisco proprio quelle persone che mi chiedono il “perché”. Perché sposarsi quando tutti si lasciano, perché sposarsi quando si può benissimo continuare a convivere, perché sposarsi se si è scelto il rito civile. Non le capisco e un po’ provo tristezza per chi mi guarda sbigottito. La libertà di compiere serenamente le proprie scelte personali dovrebbe essere insindacabile: la decisione del rito civile nasce da profonde riflessioni e non dal fatto che “va be’, così almeno avrete meno problemi in caso di divorzio”.  Anche la scelta di volersi costituire famiglia, assumere delle responsabilità nei confronti dell’altro sembra essere un’idea singolare. Perché volersi vincolare per sempre quando c’è la mera convivenza? Forse semplicemente perché, una volta tanto nella vita, si è convinti della scelta che si sta facendo, al punto tale da volerci credere in quest’unione e da pensare che, in un mondo in cui tutto è precario, qualcosa di stabile possa ancora esserci.
 
Domani mi sposo e, per quanto mi stia sforzando, non riesco a trovare le parole che spieghino cosa sia la felicità.