Col
mio borgo natio non ho fatto pace neppure a distanza di anni, figuriamoci
quanto potessi amarlo da adolescente. Contrade piccine e campi coltivati, spazi
verdi e aria pulita; idilliaco. Ma a quindici anni, gli sguardi e i giudizi del paesello
riescono ad essere così soffocanti da cancellare la poesia di qualsiasi
paesaggio bucolico.
Deve
essere questa la ragione per cui mi appassionai a Leopardi. Acquistai persino
una copia dei Canti, edizione Garzanti (credo che il libro sia ancora a
casa dei miei), e imparai a memoria molti versi.
Di
Giacomo avevo l’immagine che ne dava l’antologia usata a scuola: malinconico,
deforme, perennemente immerso negli studi leggiadri e le sudate carte perché
“unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi
ammazza: tutto il resto è noia”. Non ricordavo nulla delle sue convinzioni
religiose, dell’interesse per la chimica e per l’astronomia, né ricordavo fosse
poliglotta. Terminato il periodo liceale, abbiamo smesso di frequentarci. L’ho
incrociato recentemente nel film di Martone, “Il giovane favoloso”, ma,
sopraffatta dalla noia, l’ho lasciato a sbirciare Teresa Fattorini e me ne sono
andata a letto.
Eppure, alcuni di quei versi imparati a scuola, sono riaffiorati mentre camminavo con il coniuge per le viuzze di una Recanati deserta. Chissà perché la immaginavo come un borgo sviluppato intorno a casa Leopardi, neanche fosse il Palazzo municipale o la chiesa principale. Parentesi: il Palazzo Comunale si trova nel centro storico e affaccia, ovviamente, su Piazza Leopardi, con al centro la statua del Poeta.
Eppure, alcuni di quei versi imparati a scuola, sono riaffiorati mentre camminavo con il coniuge per le viuzze di una Recanati deserta. Chissà perché la immaginavo come un borgo sviluppato intorno a casa Leopardi, neanche fosse il Palazzo municipale o la chiesa principale. Parentesi: il Palazzo Comunale si trova nel centro storico e affaccia, ovviamente, su Piazza Leopardi, con al centro la statua del Poeta.
Avevamo
a disposizione una mezza giornata e l’abbiamo dedicata al classico itinerario
dei luoghi leopardiani. Non so se a colpirmi sia stata più l’incredibile biblioteca del conte Monaldo, il “signor padre”, o l’erudizione e
la devozione della guida dagli occhi neri e profondi, che declamava versi
appassionatamente, parlando di Giacomo e dell’intera famiglia come se vivessero
insieme.
Il
Rione di Montemorello è inscindibilmente legato alla famiglia Leopardi, che
abita tuttora nel Palazzo, al secondo piano. L’intero primo piano, invece, è
occupato dalla celebre biblioteca, frutto del collezionismo di Monaldo,
che riuscì a raccogliere ben 14.000 volumi (divenuti poi 20.000).
I
volumi sono stipati in quattro stanze, divisi per argomenti, secondo la
disposizione voluta dallo stesso Monaldo. Ci sono testi teologici, la Bibbia in
otto lingue (testo sul quale il Poeta apprese da autodidatta il greco e
l’ebraico). Ad attirare la nostra attenzione è la piccola libreria dei volumi
proibiti dalla Chiesa; Machiavelli, Boccaccio, Erasmo da Rotterdam… opere di filosofi,
scienziati, umanisti troppo eretici per ricevere l’approvazione della Chiesa.
Ma i figli di Monaldo poterono accedere anche alla lettura dei volumi proibiti,
grazie alla dispensa papale ottenuta dal signor padre.
La guida parla del Conte con sincero affetto, sottolineandone la passione per il collezionismo e il piacere della condivisione. Non a caso, aprì la sua biblioteca a Filiis amicis civibus, come recita la targa posta in una delle sale della biblioteca. Certo, a poco più di vent’anni, Monaldo era già così indebitato da dover firmare un concordato con la moglie, nominandola amministratrice dell’intero patrimonio familiare; ma non soffermiamoci su queste inezie. Al contrario della moglie, severa, arcigna e bigotta, il Conte fu un genitore premuroso e attento. Così, almeno, ci viene descritto dalla guida.
La guida parla del Conte con sincero affetto, sottolineandone la passione per il collezionismo e il piacere della condivisione. Non a caso, aprì la sua biblioteca a Filiis amicis civibus, come recita la targa posta in una delle sale della biblioteca. Certo, a poco più di vent’anni, Monaldo era già così indebitato da dover firmare un concordato con la moglie, nominandola amministratrice dell’intero patrimonio familiare; ma non soffermiamoci su queste inezie. Al contrario della moglie, severa, arcigna e bigotta, il Conte fu un genitore premuroso e attento. Così, almeno, ci viene descritto dalla guida.
Sul
sito di Casa Leopardi potrete trovare tutte le informazioni per soddisfare le
vostre curiosità o organizzare una visita. Da marzo sarà possibile accedere
anche al piano nobile e agli appartamenti, locali che non abbiamo potuto visitare.
Comunque, l’atmosfera della sola biblioteca e la bravura della guida valgono il
prezzo del biglietto.
La
nostra passeggiata si è interrotta prima di raggiungere il Colle dell’Infinito,
chiuso per lavori. Certo è che a Recanati la poesia è ancora nell’aria…