Non frequento
spontaneamente la distopia, genere che non mi appassiona e che comprendo poco.
I miei incontri occasionali con il romanzo distopico sono il risultato delle scelte
comandate dai gruppi di lettura che bazzico. E talvolta sono state fatali.
L’anno scorso mi capitò di
leggere un romanzo terribile per il bookclub della casa editrice Neri Pozza, Deserto americano di Claire Vaye
Watkins. Una noia mortale. Decisi che la mia esperienza con il bookclub della
casa editrice poteva considerarsi concluso.
Poi venne 1984, quel genio di George Orwell. Il
bipensiero mi ossessionò per un pezzo, ma se sospesi la partecipazione al
gruppo di lettura della biblioteca di Rocca Priora non fu a causa del Grande
fratello bensì della mia cronica mancanza di tempo.
Quindi è arrivato il
gruppo degli esuli nella folla. Quando hanno proposto Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, ho accettato con entusiasmo perché non
avevo mai letto nulla della scrittrice canadese. Ignoravo di dover affrontare
una distopia.
Ho iniziato a leggere il
libro pochi giorni prima dell’incontro; ho pensato che non ce l’avrei mai
fatta, che non c’era alcuna valida ragione per entrare nella repubblica di
Galaad, ai confini del Canada, in un’epoca indefinita in cui la libertà di è stata soppiantata dalla libertà da. Prima c’era una società che
moriva per troppa libertà di scelta, ora c’è una società che muore per non
poter più scegliere. L’ancella racconta, ed io non riesco a chiudere il libro.
Non si sa quale sia stata
la causa scatenante ma l’infertilità si è abbattuta nel territorio che prima
del regime gaaladiano era lo Stato del Maine. L’uso
indiscriminato di metodi contraccettivi e costumi dissoluti non possono che
aver condotto alla catastrofe. Donne indipendenti che dispongono
liberamente della propria vita, donne che dispongono dei propri corpi; scelgono
il loro partner, decidono se portare avanti una gravidanza o interromperla. Troppa libertà, soprattutto da parte delle donne; bisogna porre un limite. Vanno adottati metodi drastici, anche se temporanei. È un attimo. Si inizia
con il bloccare le carte di credito, poi si uccide il Presidente; l’esercito dichiara
lo stato d’emergenza, viene abolita “temporaneamente” la costituzione, si
sospendono le pubblicazioni per ragioni di sicurezza.
Il Paese è in mano
all’esercito, eppure la gente non se ne cura troppo. La sera le persone restano
in casa a guardare la televisione, aspettando che si torni alla normalità. La
parola d’ordine è procreare: unico scopo del corpo femminile, un involucro, un
grembo con due gambe. Se in passato ha dimostrato di essere fertile, quel corpo
diventerà un’ancella; indosserà un vestito rosso, abbasserà lo sguardo, perderà
il proprio nome e assumerà il patronimico del Comandante (puntualmente sterile
con moglie incapace di concepire) a cui garantirà la discendenza.
L’ancella non è destinata a
fare la madre: dopo il parto allatterà qualche mese, quindi lascerà il neonato
ai genitori effettivi (il Comandante e la moglie) per essere attribuita ad un
nuovo Comandante.
Una situazione troppo
irreale per poter giustificare 398 dure pagine di romanzo. Ogni ricordo
dell’ancella Difred è una pugnalata. Ogni volta che racconta la sua vita
passata, quella in cui aveva un altro nome, un lavoro, una figlia, un compagno,
dei libri, una crema per il viso, quella in cui si faceva l’amore o si faceva
sesso e non si era di nessuno… ogni pezzetto di libertà in meno mi fa alzare
gli occhi dal libro, guardarmi intorno e dire “non è vero”. Eppure non sono
riuscita a staccarmene e l’ho terminato prima del previsto.
È un libro che non
regalerei, che non consiglierei, che forse presenta qualche lacuna ma che tiene
alta la tensione fino all’ultima pagina. Dipinge uno scenario irreale perché il
mondo non verrà mai colpito da una catastrofe nucleare, gli Stati Uniti, patria
della Libertà, non diventeranno mai uno Stato totalitario; è irreale perché le
libertà conquistate dalle donne sono un diritto acquisito che mai potremo
perdere; irreale perché chi instaura un regime che condanna i costumi immorali
non permetterà mai che ci siano dei bordelli, figuriamoci poi la possibilità di
frequentarli!
È un romanzo devastante
perché tutto ciò non potrà mai accadere. Forse.
Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella (The Handmaid’s Tale),
trad. C. Pennati, Ponte alle
Grazie, nuova edizione del 2017.
Qui un assaggio della
serie TV. Nel podcast, l’ancella Difred, voce narrante e protagonista del
romanzo, dice il suo vero nome. Informazione mai fornita espressamente nel
romanzo.