venerdì 28 aprile 2017

Non di sole rose è lastricata la strada del maggio dei libri


Uh che bello!, anche quest’anno torna Il maggio dei libri. Come non sapete cos’è? Sul sito istituzionale troverete tantissime informazioni a partire dal perché i libri sboccerebbero a maggio: Perché se in questo mese la natura si risveglia, lo stesso capita alla voglia di leggere. Il Maggio dei Libri è la campagna nazionale nata nel 2011 con l’obiettivo di sottolineare il valore sociale della lettura nella crescita personale, culturale e civile. Inizia a progettare un’occasione di promozione della lettura che si svolga tra il 23 aprile e il 31 maggio. 
A questo punto potete dare uno sguardo alla cartina e ai numeri degli eventi sparsi per l’Italia. Ad oggi, sono stati inseriti 45 eventi nel Lazio a fronte dei 139 della Lombardia, 103 dell’Emilia, 113 del Veneto. Magari dipenderà solo dal fatto che noi del Centro Italia siamo più lenti del produttivo Nord, o forse dal fatto che siamo più solitari: perché mai dovremmo condividere con altri l’innamoramento con il libro del giorno?  O magari siamo più liberali: leggere ci fa star bene, qualcuno dice che crei addirittura dipendenza, ma non sarà mica così per tutti? Perché dover coinvolgere chi di leggere non ne ha punta voglia?
La scarsa vivacità delle regioni del Centro-Sud potrebbe poi dipendere da una quasi trascurabile motivazione: la difficoltà nell’organizzare gli incontri. Ma va!, direte voi, con tutti gli enti e i partner che patrocinano/promuovono il progetto, che difficoltà mai dovrebbero esserci? Partiamo dal presupposto che, solo per il fatto di leggermi, siete persone poco attendibili: state sprecando il vostro tempo con una che parla spesso di libri. Fosse per voi, biblioteche e librerie sarebbero affollate e nessuno mai si sarebbe preso la briga di organizzare un intero mese di promozione della lettura. Come ho ripetuto più volte su questo blog, ho spesso avuto la sfortuna di abitare in luoghi privi di librerie e biblioteche. Magari la biblioteca c’era ma era così inaccessibile da renderla inesistente. Orari assurdi, strutture precarie, volumi vecchissimi. L’edificio in cui era ospitata la biblioteca del mio paesello natio era in un posto così lontano dal centro e i volumi erano posizionati ad un’altezza tale da scoraggiare la lettura più che incentivarla.
Saranno stati questi traumi d’infanzia ad avermi fatto incaponire sula gestione delle biblioteche nei piccoli centri e nelle tante periferie delle nostre città. Nel paesino in cui ho vissuto fino allo scorso anno, la biblioteca non era troppo diversa da quella della mia infanzia. Tempo fa, dissi alla bibliotecaria che sarebbe stato piacevole organizzare un gruppo di lettura per adulti. Bello, sì, ma la biblioteca resta aperta (quando c’è l’apertura pomeridiana) massimo fino alle 18.00. Il sabato, no, sai, è aperta solo una volta al mese, ci son sempre meno soldi, non so, potrei provare ma non so cosa dirti. E poi forse non verrebbe nessuno. Anche quando proposi un gruppo di lettura agli amici bibliotecari di Ciampino mi dissero ok, proviamoci, vediamo se viene qualcuno. A sorpresa, senza grande impegno nel promuovere il gruppo, dopo un anno siamo ancora lì, sempre più numerosi, sempre con maggior entusiasmo. Ci siamo ancora soprattutto grazie alla disponibilità di un bibliotecario che, una volta al mese, tiene aperta la biblioteca fuori dal normale orario di apertura al pubblico (leggi gratuitamente), altrimenti nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile.
Per la fine di maggio stiamo organizzando un momento di condivisione della lettura in un’altra piccola realtà, la biblioteca di Rocca Priora, minuscolo comune nei Castelli romani. Qualsiasi stramberia metteremo su, avverrà grazie all’altra mia amica bibliotecaria, una che ha deciso di sacrificare il suo sabato pomeriggio per aprire la biblioteca (roba da matti, una biblioteca aperta il sabato!, sovversivi come pochi).
Tutto questo per dire che chi nei libri ha trovato un rifugio, ha scoperto nuovi mondi, ha riso, ha pianto, ha colmato lacune o si è sentito sempre più ignorante, accoglierà con gioia Il maggio dei libri. Ma non potrà fare a meno di chiedersi perché quelle stese istituzioni che mettono il loro loghetto nella pagina ufficiale dell’iniziativa, che spendono soldi in pubblicità progresso, non facciano un investimento di lungo periodo, non facciano una scelta politica ben definita volta a promuovere la lettura tutto l’anno. L’iniziativa dei singoli è una bella cosa ma è un’iniziativa privata. Io, invece, mi ostino a sognare un Paese che investa in strutture e servizi pubblici (stanziando fondi nella finanziaria non con interventi spot); un Paese in cui si possa andare in biblioteca a leggere il giornale e a prendere in prestito un libro anche di domenica; non perché il bibliotecario ci sta facendo un favore ma perché viene regolarmente retribuito. E pur non vivendo a Bologna o a Rovereto, vorrei poter avere anch’io una biblioteca aperta fino alle 22.00. Sogno bibliotecari che ci sappiano suggerire cosa leggere, che organizzino eventi, che siano persone felici di svolgere il lavoro che fanno, non persone frustrate perché sottovalutate e sottopagate.
Evidentemente tutti questi libri mi hanno fatto venire strane idee. È un rischio che si corre.

E da voi cosa succede? Cosa sboccia nelle vostre biblioteche?

domenica 23 aprile 2017

L’anno della morte di Ricardo Reis, José Saramago

Questa volta ho temuto che i miei prodi seguaci abbandonassero la nave. Non una ribellione come quella dei marinai dell’Alfonso de Albuquerque, sia chiaro, neanche la bandiera bianca del Dão, cacciatorpediniere che mai sarebbe stato in grado di gestire una rivolta. Però mentre mi incamminavo con Ricardo Reis verso l’albergo Bragança, quello che affaccia sul Tago, per intenderci, ho pensato che avrei dovuto scegliere un altro libro di Saramago per il gruppo di lettura. In fondo, quando lo lessi la prima volta non mi innamorai dello scrittore portoghese ma di Lisbona e del tipo che mi aveva suggerito il libro. Ma a vent’anni l’amore va e viene. Quello per Lisbona è rimasto, ovvio; però il dubbio è legittimo: forse avrei dovuto optare per il celebre Cecità o per il folgorante incipit delle Intermittenze della morte.
Intanto a Lisbona piove incessantemente, il parapioggia non para un bel niente, Ricardo è tornato da Rio de Janeiro dopo 16 lunghi anni, con dentro il sonno dell’anima. Forse ricomincerà ad esercitare la professione di medico a Lisbona, forse vuole solo guardarsi intorno per capire che direzione prenderà l’Europa del 1936, forse si limiterà ad una visita al cimitero dos Prazeros, dove riposa il poeta Fernando Pessoa, colto da morte inattesa. Lo dicono anche i giornali, è venuto a mancare lo straordinario poeta di Mensagem; nella poesia non era solo lui, Fernando Pessoa, lui era anche Álvaro de Campos e Alberto Caeiro e Ricardo Reis. La stampa continua a commettere errori, il dottor Ricardo Reis è lì che si aggira nel Bairro Alto, tutto sembra fuorché morto. Silenzioso, questo sì. Pensa, pensa, osserva la sua città, gente con scialli, fazzoletti e cenci rammendati che si dirigono verso la sede del giornale O Século, dove distribuiscono le elemosine. Legge i giornali, cammina e ragiona sull’essere e sull’esistere, su ciò che è e ciò che viene raccontato.

È sul giornale, l’ho letto io, Non è di lei, dottore, che io dubito, quello che dice mio fratello è che non sempre si deve credere a ciò che scrivono i giornali, Non posso certo andare in Spagna a vedere cosa succede, devo credere che quello che mi dicono sia vero, un giornale non può mentire, sarebbe il più gran peccato del mondo, Lei è una persona istruita, io sono quasi un’analfabeta, ma una cosa l’ho imparata, ed è che le verità sono tante e sono le une contro le altre, finché non lotteranno non si saprà dov’è la menzogna.

È strano il dottor Reis, i pensieri si mescolano, i discorsi si intrecciano, alle virgole seguono lettere maiuscole, i punti scompaiono; se ti distrai un attimo, perdi il filo del ragionamento; l’io diventa noi, tu, lei, Lisbona. Ed è stato in un momento di distrazione che ho pensato ai miei poveri amici lettori.
Qualcuno, per questa mia scelta azzardata, forse non tornerà alle pagine di Saramago. Ed è un peccato. Qualcun altro, invece, se n’è invaghito, come accadde a me anni fa. Forse partirà per Lisbona, si fermerà sull’Alto de Santa Catarina, guarderà Adamastor pietrificato, con un urlo in gola, e fisserà il mare che finisce dove la terra comincia. 

José Saramago, L'anno della morte di Ricardo Reis
trad. Rita Desiati, Feltrinelli Editore



venerdì 14 aprile 2017

Gilgi, una di noi. Irmgard Keun

Gilgi, cara,
come diamine t’è venuto in mente di sparire da un giorno all’altro da Colonia? Una ragazza come te, metodica, disciplinata, flessioni tutte le mattine, doccia fredda, una tazza di caffè, un panino con un velo di burro e via al lavoro. Una come te, una di noi, così, su due piedi, prendere un treno per Berlino! Perché Gilgi? Andartene, posso capirlo, ma non in questo modo.

Qualche giorno fa, ero sul lungo Reno a rimuginare sulle sventure dell’ultimo periodo e a ripetermi che ho bisogno di gente allegra, tutto questo pessimismo non mi porterà da nessuna parte; devo incontrare Gilgi, parlare con lei mi aiuterà. Alzo lo sguardo e intravedo tua mamma, stanca come tutte le volte che arrivano i cari parenti. Quell’oca di tua cugina è insieme alla figlia dei Becker, quella fidanzata con una Mercedes-Benz, e pontifica sulla grandezza del duomo di Colonia. Sempre più acuta la ragazza. 
Per farla breve, chiedo tue notizie alla signora Kron. Impacciata, sguardo basso: «Ah signorina, mia figlia non vive più con noi. Come, non lo sapeva? Tutti i nostri sacrifici, tutto il nostro amore. Temo abbia fatto qualcosa di sconveniente. Non riesco a capacitarmene. Se la incontra, le dice di passare a salutarci? Convincerò mio marito a non fare la voce grossa.»
In ufficio dicono che non troveranno più una stenotipista brava come te; il capo ha commesso un errore, è sempre più pallido e pieno di pensieri. Dobbiamo risparmiare, dobbiamo risparmiare. E taglia uno stipendio dopo l’altro. Ma nessuno sa dove tu sia finita.
Non mi resta che bussare alla porta di Pit. Ho ascoltato la solita solfa sul socialismo e su come tutto dovrà cambiare; poi la storia del paragrafo 218 conto l’aborto che dovrebbe esser stato abrogato già da un pezzo e poi…zac! L’ho messo all’angolo. Non è stato facile estorcere il tuo nuovo indirizzo, non c’è stato verso di scucirgli neppure una parola sul perché della tua fuga. È colpa di un uomo? Qualcuno ha stravolto la sistematica organizzazione della tua vita? Improbabile. Però ho capito che stai bene. «Quella maledetta ragazzina ha una volontà di ferro, riuscirà a cavarsela sempre». Se lo dice Pit…
Gilgi, l’aria di Colonia mi sta ingrigendo; davvero, non sopporto più quest’ordine, questa tensione. Ho conosciuto un tipo strambo, uno spiantato senza un marco in tasca, un disorganizzato, uno di quei personaggi con cui tu non usciresti mai. Però è allegro, divertente; Martin ha girato mezzo mondo, è stato perfino in Congo. Gilgi, m’è venuta una smania di fare le valigie e andar via. Voglio guardarmi intorno anch’io; mi fermo qualche giorno a Berlino prima di andare in Francia. Mi ospiti? Ho tante cose da raccontarti.

Aspetto tue.

Trad. Annalisa Pezzola, L’orma editore, 2016

Qui trovate una recensione vera.
Qui il punto di vista degli amici russi.