mercoledì 27 aprile 2022

I prodigi della città di N., Robert Perišić

 


Tetti rossastri sbiaditi e un ammasso di palazzi quadrati sull’altopiano sotto la montagna che sbucava dalla nebbia, come una mano enorme che cerca aiuto. Un ponte di ferro cigolante, il fango sul marciapiede stretto, un uomo piegato per il peso della busta del centro commerciale in mano. Un’altalena vuota in un parchetto spelacchiato e accanto un uomo con il cane che li guardava come fossero qualcosa di nuovo. Evidentemente conosceva tutte le auto della città, pensò Oleg.

Poi ecco la piazzetta attraversata dalla strada e una bandiera dell’edificio a due piani del comune, mentre tre ragazzi davanti a un bar rannicchiati dal freddo nelle loro giacche corte, con le mani in tasca, stavano escogitando qualcosa.

 

La piccola città di N. la puoi disintegrare con una passeggiata. Piccola e surreale; immersa nella natura, lontana da tutto eppure chiusa. Una cittadina prodigiosa, persa da qualche parte in quella che un tempo neanche troppo remoto si chiamava Jugoslavia, in un punto imprecisato tra la Croazia e la Bosnia-Erzegovina. La città di N. aveva vissuto un grande momento grazie alla fabbrica in cui si costruivano le turbine 83-N. Ma quelli erano altri tempi. Si credeva ancora al mito della fabbrica, del sindacato, del consiglio dei lavoratori, degli scioperi. Sobotka, l’ingegnere, con il suo memorabile sciopero era riuscito a far aumentare gli stipendi a tutti gli operai. Ma poi erano successe troppe cose.

«Noi avevamo mercato prima che il mercato ci fosse… Cioè durante il socialismo. Poi, quando è arrivato il mercato, noi mercato non ne avevamo più. Come faccio a spiegarlo?»

Già, come può il povero Sobtka cercare di spiegare l’incongruità del progetto di Oleg e Nikola? Cosa può dire a questi due tipi strambi, arrivati dal nulla, che vogliono investire il loro capitale in una fabbrica chiusa da tempo, producendo le stesse turbine di un tempo? Sembra facciano sul serio, vogliono riaprire la fabbrica e affidarne la gestione ai lavoratori locali. Ma può fidarsi?

I prodigi della città di N. dell’autore croato Robert Perišić (nella brillante traduzione italiana di Elvira Mujčić) è un romanzo poliedrico, ambientato nell’area balcanica intorno al 2010, in cui, con una serie di flashback, si intrecciano gli anni del socialismo, la guerra e le sue conseguenze, la ricostruzione, le storture del capitalismo. È un romanzo corale: si incontrano tanti personaggi strampalati a cui sono già saltate delle valvole di sicurezza, tutti perdenti, tutti ancora alla ricerca di un posto nel mondo. Un romanzo in cui si ride e si piange, ironico ma commovente.   

Perišić racconta di essersi ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto in una remota cittadina siberiana. Un paio di imprenditori stranieri avevano ridato vita ad una fabbrica, chiusa da tempo e unica fonte di reddito del paesino, con il solo scopo di produrre un determinato quantitativo di materiale per poi bloccare la produzione e chiudere tutto. Un progetto nato con una scadenza predefinita, senza prendere in considerazione l’impatto psicologico sugli abitanti del luogo. I flussi finanziari se ne infischiano della fabbrica in quanto tale, di chi ci lavora, della comunità che è rinata intorno a quell’illusione.

I prodigi della città di N. è stato molto apprezzato in Francia e negli Stati Uniti. È arrivato in Italia lo scorso anno, grazie ai tipi di Bee, Bottega Errante edizioni, con sede a Udine, specializzati nella letteratura dell’Europa centro orientale, con particolare attenzione alla letteratura contemporanea e classica dell’area balcanica. Geograficamente così vicina ma, per quanto mi riguarda, tutta da esplorare.

 

Tempi moderni

Ritorno dopo tre mesi e nella mia testa ho scritto e cancellato questo post almeno una dozzina di volte. Non so motivare queste lunghe pause. Credo sia un mix di pigrizia e indolenza. Termini un libro, anche molto bello, ma non ti va di scriverne subito. Rimandi. Ne inizi un altro, anche questo estremamente coinvolgente, e non ti va di lasciarlo. Poi scriverò due righe per entrambi i romanzi. E va avanti così. 

Ma da quando ho smesso di prendere nota delle mie letture, ho la sensazione di vederle svanire più velocemente. Un romanzo si sovrappone all’altro e la mente mescola le narrazioni. Così, eccomi di nuovo qui.