sabato 21 marzo 2020

Tempus fugit


Il laghetto dove generalmente vado a correre nel weekend, si trova in un comune diverso dal mio (sebbene disti 5 minuti da casa); così, con l'aggravarsi dell'emergenza Covid-19, ad inizio mese, ho smesso di frequentarlo. 
Di solito, durante la settimana, per ragioni logistiche e lavorative, vado a correre nel quartiere in cui abito. Privo di spazi verdi, sprovvisto di zone pedonali e piuttosto trafficato, ma all’alba è gestibile.
Tra un’ordinanza e l’altra, una decina di giorni fa ho deciso di mettere da parte le scarpette. Avvertivo un certo disagio, anche se corro da anni, corro da sola, con tutte le condizioni meteo e alle prime luci dell’alba. Insomma, come per tutti i malati della corsa (siamo strambi, lo so), correre per me è un’attività solitaria, non una scampagnata. Ma in questi tempi anomali, onde evitare inutili discussioni e occhiatacce dei condomini che ti vedono rientrare mentre aprono le finestre, ho deciso che fino al 25 posso rinunciare all’attività motoria. 
I problemi sono altri, nessun dubbio. Però capisco anche che non debba esser facilissimo rinchiudere i bambini in casa per giorni o togliere alle persone anziane, già tanto sole, la briscola del pomeriggio, al circolo, o la passeggiata quotidiana al parchetto vicino casa.
Viene meno la tua libertà di movimento, ma sei bombardato da messaggi che t’impongono di trasformare il disagio in un’opportunità. Le iniziative sono lodevoli e senti che dovresti ringraziare tutti e approfittarne. La maggior parte delle case editrici si prodiga per spedirci a casa libri senza costi di spedizione, qualcuno regala ebook, è un dilagare di corsi on line, le biblioteche chiudono al pubblico ma ti scrivono di continuo per ricordarti che puoi prendere in prestito più ebook del solito, puoi leggere i quotidiani, puoi vedere film, ascoltare musica… Magari, però, fai un piccolo video e condividilo sui social. Non puoi andare a vedere una mostra? Allora fai una visita virtuale in un museo in cui non sei mai stato.
Sei una persona smart, dimostralo: organizzati e lavora da casa, senza spegnere mai il telefono.
Insomma, siamo chiusi nelle nostre case, apparentemente soli ma sempre più connessi.  
La sera arriva in un attimo, con il telefono che squilla e il monitor del pc che non ha il tempo per andare in stand-by. Poi, accendo la televisione, guardo le immagini che vediamo tutti, vacillo; penso ai medici, al personale sanitario, al dolore che accompagna le loro giornate.  Penso a una morte crudele che ti toglie anche la consolazione di una carezza, un bacio, il sorriso di chi hai amato e ti ha amato per una vita.  
Penso ai miei cari e so d'esser una persona fortunata. Almeno oggi. Domani chissà. 
Penso che tutti quegli input che dovrebbero distrarmi, la sera non servono a nulla. Per capire cosa sia il silenzio e la solitudine dovrei staccare la connessione per qualche giorno. 
Ma sono fragile e contraddittoria. Tant'è che sono qui, in rete, a scrivere queste righe, cercando una risposta alle mie paure.