venerdì 26 aprile 2019

Di chi è questo cuore e dell’insana smania di correre


La sonda spara ultrasuoni nel petto. Al primo contatto con la pelle la sua testa scivolosa mette i brividi, poi prevalgono le immagini. Sullo schermo una sagoma medusoide pulsa nell’oscurità. Si dilata e si contrae in mezzo a quel nero dove all’improvviso potrebbero comparire palombari. Oppure astronauti.
Ma non c’è nessuno nel petto, ci sono solo le cose contenute in ogni essere umano. La dottoressa aggiunge altro gel e continua a perlustrare piano, alla cieca, gli occhi sempre fissi sul monitor, indugiando un po’ sotto lo scalino delle costole. Si ferma, ingrandisce, scruta i due vani inferiori, appena visibili nel pulviscolo, divisi da una parete che si scuote al loro stesso ritmo, spazzata da una corrente incessante.
È tutta roba mia quella, non è la fossa delle Marianne, non è un pianeta sconosciuto.

Inizia da un ecocardiogramma in un centro di medicina dello sport, l’ultimo libro di Mauro Covacich, Di chi è questo cuore. Il cuore è il suo, del Covacich runner, fanatico della corsa, del nuoto, cultore del corpo e della prestazione fisica perfetta. Anche dopo i 50 anni. Anche se nella vita fai lo scrittore e non vivi di corsa. Ma il runner convinto finisce per organizzare la sua giornata intorno alla corsa e talvolta pensa che senza la corsa non potrebbe vivere.
Se la corsa è la tua passione, sai di cosa sto parlando e comprendi il trauma di Covacich davanti al mancato rinnovo del certificato per attività agonistica, motivato dalla frasetta della cardiologa: “Eh sì, per un po’ lei deve stare a riposo”.
Van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini
Di chi è questo cuore è un romanzo pieno di corpi, di ossessioni, di radio, della Roma del Villaggio Olimpico; è un continuo scrutare le persone che circondano l’autore, alla ricerca della loro duplicità: il modo in cui si presentano all’esterno e la fragilità interiore, le molteplici forme del dolore.
Non ci sono personaggi in questo romanzo autobiografico ma persone: quando Mauro Covacich dice io, intende lui medesimo, quando parla della sua compagna, Susanna, si riferisce a Susanna Tartaro, curatrice dello storico programma Fahrenheit, in onda su radio3. M’è sembrato un libro coraggioso: la sincerità nel mettere su carta brandelli di vita che io, ad esempio, se fossi stata la compagna di Covacich, dubito avrei permesso di fare. Ho ascoltato un’intervista in cui l’autore diceva di non essere più in grado di scrivere per regalare una bella storia ai suoi lettori. Nei romanzi cerca di placare la sua inquietudine, partire da una sensazione di disagio per sviscerarla attraverso la scrittura.
Riflettevo su questa inquietudine ieri mattina, mentre correvo sul sentiero sterrato che circonda il lago di Castel Gandolfo. Perché la mia irrequietezza era aumentata nel corso della lettura? Forse perché mi sono ritrovata in alcune elucubrazioni di Covacich; forse perché in alcune pagine racconta anche le mie fobie, il mio parlare da sola, il mio sentirmi costantemente fuori posto.
Pensavo a tutto ciò mentre aumentavo il ritmo della corsa, mi compiacevo del ritrovato passo sicuro, dell’appoggio controllato. Quasi quasi mi tessero di nuovo, solo per il piacere di una mezza maratona; niente di troppo impegnativo. Pensavo questo, un attimo prima di mettere male il piede su un sasso, di mulinare in aria le braccia, tentare di non perdere l’equilibrio e rovinare faccia a terra tra sassi e sterpaglia. Avere un buon passo è motivo di orgoglio quando ti pavoneggi con gli amici runners; lo è molto meno quando cerchi di alzarti e capisci che devi andare al pronto soccorso.
Il dolore fisico ha sostituito l’inquietudine della mattinata. Una cosa è certa: niente corsa nei prossimi giorni. Tocca dar ragione all’ottimo coniuge, in paziente attesa al pronto soccorso: lo sport fa male.

Copia presa in prestito dalla Biblioteca di Velletri

Mauro Covacich, Di chi è questo cuore, La nave di Teseo, Milano, gennaio 2019.
Il romanzo è tra i 12 candidati al Premio Strega 2019. Curiosamente quest’anno mi stanno capitando tra le mani vari titoli che concorrono allo Strega. Tutti diversi, tutti particolari, sebbene non memorabili (per quanto possa valere il giudizio della semplice lettrice). Ho ancora qualche mese di tempo per proclamare il mio vincitore.