sabato 24 maggio 2008

Roma, culla della civiltà

“Ma il vento in faccia mi riportò all’unica realtà e il ricorrente ricordo di Roma mi levò il respiro, una tazza di cappuccino a un piccolo tavolo di piazza Navona con una ragazza dai capelli corvini accanto, che mangiavamo anguria e ridevamo, e lei sputava i semi ai piccioni”.
Vi presento John Fante e il suo ironico a “Ovest Di Roma”. Leggo la frase in apnea, non tanto per la bellezza delle parole quanto per l’odore poco gradevole proveniente dall’ascella del mio vicino. Vorrei allontanarmene ma lo zaino del tedesco che mi è accanto rende ardua l’impresa. Ma poi, mi chiedo, perché mai i turisti devono uscire alle 7.30 di un cupo venerdì di maggio e schiacciarti nella metro B? Non sono in vacanza loro? Bene, e allora perché non uscire verso le 9.30, belli, freschi, riposati senza far rosicare chi a quell’ora va in ufficio e preferirebbe di gran lunga andar a vedere la mostra di Renoir al Vittoriano, ad esempio.

Per un attimo queste riflessioni sparse mi distolgono dal mio libro; sollevo lo sguardo e incrocio gli occhi che sbadigliano di un distinto signore in completo grigio topo, Sole 24 ore in una mano, borsa con Notebook nell’altra. Tenta di leggere almeno l’editoriale del quotidiano, ma i soliti: ”Scende alla prossima? No? Ma allora perché diavolo sta lì impalato? Si tolga, no?” glielo impediscono. Troppo distinto il signore per poter rispondere “Come diavolo faccio a spostarmi se siamo più pigiati di una sottiletta in un toast?!”
No, stai calma! Torna al tuo libro, perditi tra le righe di questo romanzo e non guardarti intorno che ti vien il sangue amaro prima del tempo. Torno con gli occhi alla pagina. “Roma, la città eterna, culla della civiltà”, incalza John Fante. “Ah cojone, nun vedi che devo scenne’!”

Sì, già, Roma, culla della civiltà…

giovedì 22 maggio 2008

Supereroi

Questa è la storia di Fabrizio, ma è anche la storia di Marco, Martina, Francesco…
Di Fabrizio conosco il nome, il sorriso, la tenacia, l’energia vitale che gli si legge negli occhi e che muove velocemente la sua carrozzina tra le colline del mio paesello. Sì, Fabrizio non ha gambe su cui poter fare affidamento, ma si allena tutti i giorni, su strada, in palestra, al campo; pratica sci di fondo e tennistavolo. Correndo, è stato così che le nostre strade si sono incrociate. Io sulle mie gambe, lui a forza di spinte con le braccia. Ci sono volute settimane di “ciao”, “buongiorno”, “buon proseguimento”, “buon Natale”, “buona Pasqua” prima di iniziare a chiacchierare tranquillamente perché, diciamocela tutta, la disabilità crea disagio. A noi, i cosiddetti normodotati, non a chi con l’handicap ha imparato a convivere. E, infatti, è stato Fabrizio il primo a rivolgermi parola.

«Dai che per essere una ragazza non te la cavi male!». Una frase semplice, buttata là, e abbiamo cominciato a correre insieme.

Abbiamo iniziato a parlare dello sport, di quanto aiuti ad affrontare i momenti negativi, di quanto la corsa riesca a far correre anche i nostri pensieri e a rimettere in ordine le idee.

Ha iniziato a piovere e, all’aumentare dell’intensità, si amplificava il profumo dei fiori di ginestra e dell’erba tagliata il giorno prima.

«Dai, corriamo ancora un po’ che gli acquazzoni primaverili sono passeggeri». Ma Zeus in questo periodo deve esser più nervoso del solito. Ha parcheggiato nei dintorni e non sembra voler abbandonare i nostri cieli. Sicché l’acquazzone primaverile si è trasformato in pioggia incessante; i guanti scivolano sulle ruote della carrozzina e con un sorriso abbiamo sospeso il nostro allenamento.
Ho pensato ai tanti Fabrizio che con dedizione, fatica e passione vedono lo sport come occasione di crescita, come stimolo per rimettersi in gioco, per stringere nuove amicizie, per divertirsi. Ho pensato a noi due che correvamo in una grigia domenica di maggio, mentre l’Italia s’interrogava su quali fossero le sorti dell’ultima giornata di campionato – “Vincerà l’Inter; in fondo lo merita con quello che ha sofferto” – e sulla formidabile formazione che Mr. Donadoni  convocherà per l’Euro 2008. Spendiamo fiumi di parole per commentare l’infortunio del povero Totti (con tutta la simpatia che nutro per lui e per la magggica Roma); ci tocca sorbirci noiosi servizi su quanti etti sia dimagrito Cassano nel corso degli ultimi 3 mesi; articoli fiume sul doping e il ciclismo. Per non parlare, poi, delle vicissitudini sentimentali di qualche calciatore strapagato con la velina di turno: notizie ‘sì importanti da meritare sempre uno spazio sulla prima pagina delle principali testate giornalistiche italiane.
Ma allora chi è che ha capito cosa sia lo sport e perché praticarlo? Fabrizio o l’attaccante trendy dal contratto milionario?

Perché non ridare dignità allo sport, alla filosofia e alla disciplina a esso associato? Perché non guardarsi intorno e cercare chi sono e dove sono i veri supereroi?

domenica 18 maggio 2008

Viaggiare, cercare, postare

Succede che in una giornata di quasi estate ti guardi intorno smarrita e scopri che non sai più dove stai andando. Succede che vorresti partire, cercare, cercarti. Ma ti chiedi se è altrove che devi guardare o se, forse, lo smarrimento non sia lì, dentro di te. E allora, se partire diventa fuggire, l’idea del viaggio perde valore. Non ho mai ben capito se quelli che dicono di partire alla ricerca di sé, si siano poi trovati. Boh…
Questo blog si sarebbe dovuto chiamare “personalità confusa”, perché è questo ciò che sono, ma ho visto che ce n’era già uno. Meglio librinvaligia, che racchiude l’idea della libertà, della scoperta, della ricerca. Perché, in fondo, leggere, scrivere, viaggiare è un po’ la stessa cosa. È guardare la realtà con altri occhi, è cambiare prospettiva, è desiderio di conoscere e di raccontarsi. Perché farlo pubblicamente su un blog? Forse perché siamo animali sociali e in un mondo che va sempre più veloce sentiamo l’esigenza di fermarci a riflettere, magari mettendole nero su bianco le nostre riflessioni, ‘ché scrivere aiuta a riorganizzare le idee. Perché mettere in rete le nostre seghe mentali? Forse per scoprire che non siamo i soli a farcene. In fondo, dietro un blog c’è l’idea di raccontarsi, di dare suggerimenti, di riceverne, di manifestare la propria indignazione, di condividere. E poi c’è la libertà. La libertà di star ad ascoltare o chiudere la pagina, d’incontrarsi e di scontrarsi, di lasciare un commento o di non perdere il proprio tempo dietro percorsi mentali contorti.
E poi dicono che la tecnologia ostacoli i rapporti umani….