domenica 21 agosto 2022

Valsavaranche, Parco Nazionale del Gran Paradiso

 


Partiamo da Asti mentre il cielo diventa sempre più scuro. Dopo qualche chilometro inizia a piovere. Eh, quella settimana lì è previsto maltempo. Improvvisamente, l’eco delle profezie di mamma e suocera riempie l’abitacolo dell’auto più brutta della storia del noleggio. Ad esser sincera, la profezia si ripete annualmente. Che si parta per la montagna o per altre mete, che sia luglio, agosto o settembre, “quella settimana lì” è previsto sempre maltempo. Il coniuge mi guarda e sorride. Vorrà dire che potrai finalmente dedicare un’intera settimana alla lettura e io potrò finalmente trascorrere sette giorni senza fare un tubo. Pazienza per il trekking. 

Spoiler: le previsioni erano errate.



Eravamo stati in Valle d’Aosta esattamente dieci anni fa. Il nostro primo trekking itinerante, quello che ricordo con più affetto per la magia dei luoghi e l’allegria delle persone con cui avevamo camminato.

Ti va di tornare in Valle d’Aosta? Il coniuge, per tutta risposta, dopo un paio di giorni mi invia una lista di luoghi in cui dormire e un elenco di sentieri da esplorare. Lui è orientato per la Valgrisenche, più selvaggia e meno frequentata; io sono ispirata dalla vicina Valsavaranche, altrettanto selvaggia ma con più sentieri che si snodano nell’area protetta del Parco Nazionale del Gran Paradiso e, stando alle promesse della rete, con più possibilità di incontrare animaletti selvatici vari. Il coniuge inizia a studiare i sentieri della Valsavaranche.



Sono tornata dal Parco Nazionale del Gran Paradiso più innamorata di dieci anni fa. Cose sparse, tra le altre, che ho portato a casa:

L’assenza del silenzio. I suoni della montagna mi ammaliano: è tutto uno svolazzare di uccelli che si richiamano l’un l’altro allegramente, la voce imponente del vento, i fischi delle marmotte, il rumore dell’acqua, il ruzzolare delle pietre mosse da famigliole di stambecchi e camosci.



La testardaggine nel dire ce la posso fare! quando a pochi passi dalla cima (che non è una cima ma un passo) mi sembra di non riuscire più a staccarmi dal sasso a cui sono rimasta abbracciata stretta stretta negli ultimi 10 minuti. Ce la faccio, sposto i timori, riesco a staccarmi e a guardare davanti a me senza vacillare. Raggiunta la meta scopriremo che c’era un percorso molto più agevole, ma ormai…



L’umiltà di ammettere che no, non ce la posso fare!. Sono stanca, la meta è troppo lontana, fa troppo caldo e abbiamo camminato troppo. Non è una questione di vertigini, di paura o mancanza di fiducia. È stanchezza. Se andassi avanti, non mi godrei più il cammino. Il sentiero si è rivelato più duro del previsto e non ho la giusta preparazione. Bisogna ammetterlo, fermarsi, riposare e poi tornare indietro, ammirando quella natura che la fatica aveva offuscato.



Il riverbero del sole che fa sbrilluccicare l’ultimo tratto della pietraia che conduce al Col Loson. Non so perché ma io mi sento dentro un film western. Poi, compaiono gli stambecchi.



E domani dove andate? Arianne, l’albergatrice, ce lo chiede tutte le sere. A volte approva, a volte suggerisce un sentiero alternativo e meno battuto, a volte si stringe nelle spalle e biascica un mmm, nientedichè. Nientedichè è un concetto molto relativo. Capisco che se sei abituata a vedere quotidianamente il massiccio del Gran Paradiso, se hai la maestosità del Monte Bianco a due passi da casa e la bellezza del Piccolo san Bernardo dietro l’angolo… un sentiero quasi piatto tra corsi d’acqua, mucchette e laghetti possa sembrare un nientedichè. Ma se le tue giornate sono popolate di tangenziali, metropolitane, condomini e volti arcigni, se non sei abituata alla bellezza, quel percorso nientedichè assume tutto un altro fascino.



Il colore delle montagne. Torno alla me bambinetta che fruga tra i pastelli Giotto alla ricerca del colore più adatto per le montagne. Le mie erano sempre viola, nonostante mi si dicesse di usare il verde. Avevo ragione io: quelle laggiù sono viola.


Il coniuge che cammina sulle acque.


La pausa pranzo dentro lo sfondo di un desktop.



Le chilate di fontina dappertutto. A colazione, nelle zuppe, nei panini, con l’uovo (orrore!), nelle insalate… Direi di rimandare il checkup del colesterolo.



Il piacere di percorrere sentieri poco battuti; ci sono stati giorni in cui abbiamo incontrato più stambecchi che camminatori.



La follia del ciclismo ad alta quota. Sono una sportiva, conosco la fatica degli allenamenti e guardo ammirata chi si allena per affrontare il Tor de géants, una tra le più impegnative gare di corsa in montagna del mondo; abbraccia l’Alta via n.1 e la n.2 della Valle d’Aosta: 330 km di sviluppo orizzontale, 24.000 metri di dislivello verticale. Ne stiamo percorrendo qualche tratto, ma noi camminiamo e ce la prendiamo comoda. Incontriamo qualcuno che se la fa di corsa. Che bravi.

Invece non riesco proprio a capire le motivazioni che spingono gli appassionati di mountain bike a incollarsi la bici sulle spalle, perché con tutti questi sassi, come puoi pensare di stare sopra la MTB, e percorrere queste vie. Eppure, ne incontriamo diversi tra i sentieri più impervi e sassosi; bici sulle spalle e sforzo immane. Forse il piacere di pedalare sulle creste ricompensa la fatica di arrivarci.    



Il lago Nero, la pace del lago Djouan, la meraviglia davanti al lago Rossett, aggiungerei anche la passeggiata dell’ultimo giorno al lago d’Arpy e le acque limpide di tutti gli altri laghetti alpini che hanno reso più belle le nostre giornate.

Lago d'Arpy


La giornata dei rifugi e la distanza indefinita che separa il rifugio Chabod dal rifugio Vittorio Emanuele II. Sarà il caldo, sarà la fame ma sembra non si arrivi mai a destinazione.



Le marmotte.


Il Gran Paradiso. Magnifico.

 

I tetti di Eaux Rousses dalla nostra finestra

Le nostre scelte

Abbiamo soggiornato in un piccolo albergo a conduzione familiare nel villaggio di Eaux Rousses, l’Hostellerie du Paradis. Arianne e l’energico papà Alberto ci hanno accolti, nutrito benbene, consigliato ottimi vini e indicato i sentieri più suggestivi della zona. Ci tornerei volentieri.    


lunedì 15 agosto 2022

Viaggio tra le righe di Fenoglio, i calici di vino e il cioccolato dell'Alfieri

«Se porti la macchina fotografica, scrivo un post». L’ha portata. *  


Non so se gli ultimi giorni di un luglio torrido, di un’estate che sembra iniziata mesi fa, sia il periodo migliore per visitare le Langhe; ma erano anni che mi riproponevo di vedere la cittadina di Fenoglio, anni in cui ascoltavo Fabietto, sbrilluccichio negli occhi, mentre ripeteva «un numero spropositato di librerie per un borgo così piccolo! Mette di buonumore».  

Alba ci accoglie con una leggera brezza (siete fortunati: dovete ringraziare la pioggia della notte scorsa), con un ottimo vino e l’atmosfera rilassata di un piccolo centro, popolato di turisti stranieri e svuotato dei residenti. 


È il centenario della nascita fenogliana e il centro storico è disseminato di sprazzi della sua vita, stralci tratti dalle sue opere e riprodotti su istallazioni poste qua e là. Si incrociano le righe di Fenoglio vicino al liceo classico Govone, vicino al palazzo comunale, in Piazza Rossetti, accanto alla casa natale di Fenoglio, oggi centro studi (pensavo fosse visitabile ma mi hanno detto che apre solo su prenotazione e su richiesta di scuole e ricercatori).  
Alba festeggia il suo scrittore con una serie di eventi, iniziati il 1° marzo scorso e che termineranno nel 2023. Nessun evento previsto nei giorni della nostra visita. Sicché, per attenuare la delusione, ho iniziato il tour alla scoperta delle tanto decantate librerie albesi. 


libreria Milton, Alba 

Mi sono invaghita della libreria Milton, un’allegra confusione di pile di libri, nuovi, usati, rari, d’occasione. Le belle librerie vanno sostenute così, anche se il bagaglio è già abbastanza pesante e avrei potuto rimandare l’acquisto, ho portato a casa:  



Ci spostiamo verso La Morra, piccolo borgo silenzioso, la cui piazza offre una vista magnifica sui vigneti sottostanti. Bevete poco, aveva ammonito il babbo telefonicamente. Impossibile.  

Perdersi tra i vigneti - La Morra

Sono trascorsi un paio di giorni da quella pioggia che avremmo dovuto ringraziare. E di Neive, un borgo silenzioso e apparentemente disabitato, ci resta incollata addosso solo un’afa micidiale.  

la solitudine di Neive


Perché vuoi fermarti ad Asti?, aveva chiesto il coniuge mentre programmavamo il nostro viaggio estivo. Perché il Piemonte è una regione che conosco poco. Potrei dire che conosco il salone del libro più che Torino. E Alessandria, cittadina in cui anni fa ci venne proposto di trasferirci per lavoro. Declinammo l’offerta, eppure quel weekend ad Alessandria ci sembrò meno brutto di quanto avessimo immaginato. La provincia italiana può riservare piacevoli sorprese e, se non la esplori, non le scoprirai mai. Così, ci siamo fermati una notte ad Asti. 


Cripta di Sant'Anastasio - Asti


A settembre ci sarà il Palio e il centro è già tutto uno sventolio di bandiere. Ma per una come me che, una vita fa, ha studiato e vissuto a Siena, non c’è paragone. Ad ogni modo, la cittadina è ospitale, ha una magnifica cattedrale del XIII secolo in stile gotico e vale la pena visitare la cripta di Sant’Anastasio e il Palazzo Alfieri. Già, avevamo rimosso che Asti fosse la città natale dell’Alfieri (non dovrei dirlo ma avevo rimosso lo stesso Alfieri). L’edificio non è granché ma il museo permette di esplorare la personalità irrequieta di uno scrittore che viaggiò molto, si innamorò perdutamente di donne affascinanti, divorò cioccolato, scrisse, tradusse, argomentò e polemizzò moltissimo.   
Per ammirare Asti dall’alto, si possono salire i 199 scalini della Torre Troyana. Arrivati in cima, però, non potrete fare fotografie memorabili, né tentare gesti estremi perché il reticolato protettivo non lo permetterà.  


Facciamo incetta di grissini e siamo pronti per la montagna. 




 
Info pratiche

Abbiamo raggiunto Torino in treno e poi noleggiato un’auto per ottimizzare i tempi di spostamento.  
Dopo le ultime dimenticabili esperienze, ho deciso che il pernottamento va studiato meglio, perché non ha senso rovinare un viaggio per le notti insonni, l’odore pestilenziale della stanza da letto e i bagni che invitano a non fare la doccia.  
Ad Alba abbiamo optato per un appartamento: la Tonda Gentile. Molto consigliato anche per soggiorni più lunghi. Proprietaria estremamente gentile.  
Ad Asti, invece, abbiamo dormito in una dimora elegante, dal sapore di altri tempi: La tintoria suites.

 
* Grazie coniuge per aver gentilmente concesso anche quest’anno l’utilizzo delle tue foto.