giovedì 16 ottobre 2014

Noi, David Nicholls

Non ho letto Un giorno, il best-seller di David Nicholls. Quindi non mi aspettavo niente: non cercavo “la storia molto David Nicholls”, né la conferma di quanto sia bravo questo novello Hornby.
Noi” rientra tra i compiti per casa assegnati dalla Neri Pozza BookClub e, avendo appena terminato una cosuccia abbastanza classicheggiante, tipo Mai devi domandarmi, non mi è dispiaciuto immergermi in un libro pop. 
“Sembra Hornby”, ho pensato dopo le prime pagine. Linguaggio informale, lo scrittore che parla in prima persona e cerca la complicità del lettore (“vorrei potervi dire”… “mi piacerebbe potervi dire…”); dall'innamoramento iniziale al divorzio: la trasformazione di un amore narrata con umorismo. Abbastanza Hornby, ma non brillante quanto il miglior Hornby.
La storia è raccontata dal punto di vista di lui, Douglas: biochimico, precisino, spazzolino elettrico tutta la vita; uno di quelli che dopo la laurea hanno già predisposto il cronoprogramma dei giorni a venire, fino alla pensione. Lei, Connie, è l’artista: estro, sregolatezza e creatività. Meravigliosamente bella, un archivio di fidanzati irresistibilmente violenti, fino allo stupefacente colpo di testa per un mostro, Douglas appunto (“Mi ero sempre domandata che aspetto avessero i fenomeni che non leggono. E mi sono messa con una di loro. Mostro!”).
L’altro è Albie, il figlio diciassettenne, quello che sembra uno sgherro di Caravaggio: 
“È fico, dicono, la gente è attratta da lui, e anche da questo punto di vista è figlio di sua madre. Secondo il suo tutor al college non è nato per studiare, ma possiede una notevole intelligenza emotiva”.

La narrazione scorre piacevolmente: fa sorridere, fa pensare ai piccoli compromessi a cui bisogna sottostare “per amore”; fa riflettere sull’evolvere (involvere??) delle relazioni, buttando lì considerazioni scontate sulla vita di coppia, considerazioni che poi tanto banali non sono:
“Naturalmente, in quasi un quarto di secolo, abbiamo esaurito ogni possibile domanda sul nostro passato remoto e ci rimangono solo cose tipo «Com’è andata in ufficio?» o «Quando torni?» o «Hai buttato la spazzatura?». Le nostre biografie sono così intrecciate che in pratica siamo presenti entrambi in ogni pagina. Conosciamo le risposte, perché eravamo lì, e la curiosità va scemando, sostituita, semmai, dalla nostalgia”.     
Al povero Douglas succede di tutto. Forse troppo. All’arrivo delle meduse avrei voluto dire a Nicholls di smetterla con il tragicomico (Cos’è? Il festival della sfiga?).  
Noi, come tanta narrativa contemporanea, non è una lettura imprescindibile; non è la storia che vi resterà nella testa una volta chiuso il libro; però vi intratterrà piacevolmente per qualche ora (400 pagine, diciamo più di qualche ora). È anche la fine di un amore, ma non lascia l’amaro in bocca.  

Noi - David Nicholls, traduzione di Massimo Ortelio, Neri Pozza, collana Bloom.




martedì 7 ottobre 2014

Dell’immortalità del romanzo

[…] i romanzi  veri hanno il prodigio di restituirci l’amore alla vita e la sensazione concreta di quello che dalla vita vogliamo. I romanzi veri hanno il potere di spazzare via da noi la viltà, il torpore e la sottomissione alle idee collettive, ai contagi e agli incubi che respiriamo nell’aria. I romanzi veri hanno il potere di portarci di colpo nel cuore del vero.
[…]
Nel futuro non ci saranno più romanzi di sorta, ma dovranno passare secoli, per la lentezza con cui si estingue la specie. Per qualche tempo, i romanzi non saranno che grida rotte e singhiozzi, poi calerà il silenzio. La gente sarà gonfia di romanzi non scritti e storie sotterranee e segrete circoleranno nelle profondità della terra. Per appagare la propria sete segreta, la gente inventerà dei surrogati di romanzi, avendo gli uomini una fantasia geniale nel trovare dei surrogati alle cose di cui soffrono la privazione. Poi un giorno il romanzo, come la fenice, rinascerà dalla sue stesse ceneri. Perché esso è fra le cose del mondo che sono insieme inutili e necessarie, totalmente inutili perché prive d’ogni visibile ragione d’essere  e d’ogni scopo, eppure necessarie alla vita come il pane e l’acqua, ed è fra quelle cose del mondo che sono spesso minacciate di morte e sono tuttavia immortali.


Cent’anni di solitudine in Mai devi domandarmi - Natalia Ginzburg, Einaudi