martedì 30 maggio 2023

Il treno nei libri

 

Le train dans la neige, Claude Monet


La programmazione delle letture per il gdl della biblioteca mi manda spesso in crisi. I primi tempi mi sembrava tutto più semplice: eravamo poche persone, non ci conoscevamo, mi bastava verificare che il circuito bibliotecario disponesse di un numero adeguato di copie dei titoli che più avevo amato nel corso degli anni e il grosso del lavoro era fatto. Poi il gruppo si è allargato, le copie sono diminuite, ho iniziato a capire gusti e interessi delle partecipanti assidue e oggi, quando propongo un titolo, so già chi lo apprezzerà e chi lo boccerà senza possibilità di salvezza. Allora, per rendere gli incontri più stimolanti e meno prevedibili, ho previsto delle letture a tema. Scelgo un argomento, butto giù una bibliografia che includa sia titoli poco noti, più sperimentali sia romanzi rassicuranti e spesso la discussione prende direzioni inaspettate.

Il tema lo scelgo ascoltando i messaggi che mi invia il Caso. Questa volta a indicarmi la via sono stati la mostra Orient Express & Cie, una presentazione di Fabio Stassi, i lunghi vocali con la mia amica Nela San, i treni regionali. Di romanzi ambientati in treno o in cui i treni e i viaggi in treno svolgano una parte importante ce n’è un’infinità. Proporre una bibliografia è stato semplicissimo (qualora ve lo stiate chiedendo, ho prontamente cassato La ragazza del treno). La lista comprendeva, tra gli altri, Il treno per Istanbul, La Sonata a Kreutzer, Treni strettamente sorvegliati, Cuccette per signora, L’Italia in seconda classe, Tokyo Express… Io ne ho approfittato per leggere un romanzo di Graham Greene e uno di Fabio Stassi.

 


Il treno per Istanbul di Graham Greene, traduzione di Alessandro Carrera, Sellerio editore.

Di Graham Greene, scrittore, drammaturgo, sceneggiatore e agente segreto britannico, devo aver letto Il nostro agente all’Avana mille anni fa. Non ricordo assolutamente nulla della trama ma ho il ricordo di una lettura estiva piacevole. E poiché il sottotitolo di Stamboul Train è “Un divertimento”, mi aspettavo di leggere un romanzo spensierato, dal ritmo veloce e un po’ mistery, che mi portasse da Ostenda alla Turchia in compagnia di personaggi strampalati.

“Con Il treno per Istanbul, per la prima e ultima volta nella mia vita mi proposi deliberatamente di scrivere un libro che incontrasse i gusti del pubblico e da cui, fortuna aiutando, si potesse ricavare un film. Il demonio protegge i suoi e entrambi gli scopi venere raggiunti, benché all’epoca i diritti cinematografici apparissero un sogno improbabile; infatti, prima che potessi finire il libro, Marlene Dietrich era apparsa in Shangai Express, gli inglesi avevano realizzato Rome Express, e perfino i russi si erano fatti la loro pellicola ferroviaria: Turkish. Il mio film giunse buon ultimo e fu di gran lunga il peggiore […]” scrive lo stesso Greene nell’introduzione al romanzo nell’edizione del 1974.

Non ho visto il film che ne è stato tratto ma, a lettura ultimata, ho trovato Il treno per Istanbul meno spensierato di quanto mi aspettassi. Greene ci fa salire sull’Orient Express ad Ostenda insieme a una ballerina inglese dal viso insignificante e dal corpo esile, diretta a Costantinopoli per lavoro, a un misterioso insegnante inglese che si rivelerà essere tutt’altra persona, a un ricco commerciante ebreo, a un romanziere insulso; successivamente saliranno una giornalista dedita all’alcol con la sua bella dama di compagnia e un farabutto.

I ragazzi che vendevano i giornali gridavano e una fila fatta di uomini rigidi e composti, vestiti di panno nero, e di donne in velo nero aspettava lungo il marciapiede; senza mostrare interesse, come una folla di estranei decorosi a un funerale, guardavano i vagoni di prima classe passar loro davanti, Ostenda-Colonia-Vienna-Belgrado-Istanbul, e la carrozza diretta ad Atene. Poi, con le loro borse a rete e i loro figli, salirono sui vagoni di coda, diretti forse a Pepinster o a Verviers, un venticinque chilometri più avanti.

Greene, che nel 1932, anno di pubblicazione del romanzo, non aveva mai preso un treno per Istanbul e che si era spinto solo fino a Colonia, riesce a trasportarci nell’atmosfera del periodo, facendoci sostare in luoghi che credevo frutto di fantasia, come Subotica. Ho poi scoperto che Subotica è una ridente cittadina serba al confine con l’Ungheria e distante una decina di chilometri dalla Romania. 

Subotica (Fonte Touring Club)

Il treno per Istanbul non è un divertimento perché Greene non si limita a condurci nelle storie individuali di personaggi cinici e disillusi ma riesce anche a riprodurre il clima di incertezza e tensione dell’Europa tra le due guerre; quell’atmosfera in cui un gesto sbadato, una parola di troppo, un naso troppo adunco possono scatenare una rissa, far sorgere un sospetto, evocare l’incubo dei pogrom e il pericolo dei rossi che creano disordini in città come Belgrado.

Un romanzo interessante che mi ha portato a scoprire la composizione di Pacific 231 dello svizzero Arthur Honnegger, un altro appassionato di treni.

 


Notturno francese di Fabio Stassi, Sellerio editore.

Il mese scorso sono andata con una coppia di amici ad ascoltare la presentazione dell’ultimo libro di Stassi in una bella libreria nel quartiere Trieste a Roma. Io voglio bene a Fabio Stassi, credo di averlo ribadito più volte, per quell’atteggiamento impacciato, quel sorriso timido e la capacità di raccontare aneddoti e libri altrui. Anche quando il protagonista dell’incontro dovrebbe essere lui e un suo libro, non fa che parlare dei libri degli altri. Quel pomeriggio, per dire, mentre su Roma si scatenava il diluvio, lui ha tirato fuori dallo zainetto una copia della Colonna infame del Manzoni e un volume di John Berger e Jean Mohr appena pubblicato dai tipi del Saggiatore, che ho prontamente acquistato prima di uscire dalla libreria.

Insomma, Stassi lo amo più per i libri che mi consiglia che per i suoi. Tant’è che non avevo in programma di leggere Notturno francese. Però è successo che pochi giorni fa abbia riletto Sostiene Pereira e Notturno indiano.

Antonio Tabucchi + treni = Fabio Stassi.

È bello quest’ultimo libretto di Stassi in cui ritroviamo il biblioterapeuta Vince Corso (ma può essere letto autonomamente dai volumi precedenti aventi lo stesso protagonista), troviamo Tabucchi ma anche tantissimi riferimenti letterari: da Han Kang a Simenon, l’immancabile Soriano, la Marsiglia di Izzo, Il castello di If, Il cimitero marino di Paul Valéry.

Nella stazione di Roma Termini, Vince Corso sale su un treno sbagliato e un momento di distrazione si trasforma in un viaggio di ricerca che lo porterà a restare su quel treno sbagliato e a prenderne altri nelle ore successive. Un assurdo viaggio alla ricerca di un padre di cui Vince Corso non sa nulla, neppure il nome, e a cui da 5 anni spedisce cartoline all’unico indirizzo in cui potrebbero conoscerlo: l’hotel Le Negresco sulla Promenade des Anglais in Costa Azzurra.




Notturno francese si legge in poco più di un’ora e lascia addosso la consueta malinconia che caratterizza la scorrevole scrittura di Stassi. Lascia anche una lista di libri da leggere o rileggere e musica da ascoltare. Sicché, non posso che continuare a volergli bene.

 

mercoledì 10 maggio 2023

Aprile: un classicone, l’Orient Express e l’Appia Antica

 

Roma, Appia Antica

Aprile è stato un mese di corsa. In senso letterale. Ho ripreso ad allenarmi con maggior costanza, a controllare le previsioni meteo, a incastrare le varie attività in modo da sconfiggere argomenti pretestuosi del tipo “sono troppo stanca, si è fatto tardi, è prevista pioggia…” Insomma, tutte quelle storie che ci raccontiamo quando ci lasciamo sopraffare dalla pigrizia.

Aprile è stato anche libri, passeggiate cittadine, mostre, progetti per viaggi futuri.



Sono tornata al classicone e l’ho fatto in compagnia del gruppo di lettura della biblioteca. Non proponevo un classico da un’infinità di tempo e ho pensato fosse giunto il momento di affrontare Villette, di Charlotte Brontë. Ultimo romanzo dell’autrice, tra i più autobiografici, non brilla per vivacità né per coinvolgimento, e la possibilità che il gruppo potesse disertare l’incontro del mese non era poi così remota.

Prendendo in prestito le parole di Antonella Anedda nell’introduzione della versione di Villette pubblicata da Fazi, Lucy Snowe, la protagonista del romanzo, “è un’anima vecchia […], ha accumulato una distanza che le consente di analizzare il proprio destino fin da quando, adolescente, dovendo definire gli anni dell’infanzia, usa le parole: freddo, pericolo, lotta.”

Lucy è tutta ragione e il suo atteggiamento razionale, lontano dalle fantasticherie e dalle frivolezze delle altre figure femminili che popolano il romanzo, può spiazzare il lettore. Infatti, le reazioni del gruppo di lettura sono state molto eterogenee: dal sintetico “una palla, non succede niente” a un “è la quarta volta che lo leggo e mi sono sorpresa a riflettere su temi che nelle letture precedenti mi erano sfuggiti”.

Villette, classica opera vittoriana, è un romanzo stratificato, a tratti filosofico, che affronta argomenti disparati, perfetto per accendere un dibattito all’interno di un gruppo di lettura. A colpire sono le lunghe elucubrazioni mentali della protagonista, il ruolo della religione nella società dell’epoca, le riflessioni sulle differenze tra protestantesimo e cattolicesimo, l’accento che l’autrice pone sulla presunta superiorità del popolo inglese rispetto a quello francese (e, ancora di più, la differenza tra le donne inglesi rispetto alle francesi), il ruolo della natura, la presenza di elementi gotici, l’importanza del matrimonio nella società del tempo in contrasto con una protagonista molto moderna che, orgogliosamente, rivendica invece l’importanza del lavoro come strumento d’indipendenza. Un romanzo che ho apprezzato molto e che merita anche una rilettura di approfondimento ma, come ho avuto modo di sperimentare, non consigliabile a lettori e lettrici che vogliano farsi trascinare dalla trama.

 


Aprile è stato anche il mese degli scioperi di qualsiasi mezzo pubblico possa circolare, degli infiniti problemi tecnici sulle linee ferroviarie, dei costanti ritardi; tanti e tali da far perdere la pazienza al più rassegnato dei pendolari. Stazioni ben lontane dall’atmosfera magica e letteraria racchiusa nelle foto della mostra ORIENT-EXPRESS & Cie. Itinerario di un mito moderno.


Roma, Villa Medici  

La mostra, aperta fino al 21 maggio, è ospitata dall’Accademia di Francia a Roma, con sede a Villa Medici. Un luogo magnifico che merita una visita anche solo per percorrere i viali dell’immenso giardino, lontano dai rumori pur trovandosi nel cuore della Capitale, e ammirare il panorama mozzafiato sulla città. Cielo grigio incluso.



Le foto, le locandine, i progetti e i manifesti pubblicitari esposti nelle sale dell'Accademia di Francia provengono dagli archivi dell’antica Compagnie internationale des wagons-lits. Una mostra interessante perché raffigura tutte le sfaccettature di un mito, l’Orient-Express, e del meno noto Rome-Express. Alle foto pubblicitarie, che rappresentano lo sfarzo e il lusso dei vagoni, si affiancano quelle dei locali in cui venivano costruiti i vagoni, le immagini di lavoratori e lavoratrici indaffarati, nonché una foto piccina piccina che ritrae un esiguo numero di braccia incrociate e volti seri, in sciopero, che posano davanti all’obiettivo.

Non mancano, tuttavia, le foto di volti noti che ci osservano dal finestrino. 

Georges Simenon

Infine, per chiudere degnamente il mese di aprile, ci siamo concessi il consueto pellegrinaggio annuale lungo l’Appia Antica. Anche questo è un classicone: almeno una volta l’anno va fatto!