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Roma, Appia Antica |
Aprile è stato un mese di corsa. In senso letterale. Ho ripreso ad
allenarmi con maggior costanza, a controllare le previsioni meteo, a incastrare
le varie attività in modo da sconfiggere argomenti pretestuosi del tipo “sono
troppo stanca, si è fatto tardi, è prevista pioggia…” Insomma, tutte quelle
storie che ci raccontiamo quando ci lasciamo sopraffare dalla pigrizia.
Aprile è stato anche libri, passeggiate cittadine, mostre, progetti per
viaggi futuri.
Sono tornata al classicone e l’ho fatto in compagnia del gruppo di lettura
della biblioteca. Non proponevo un classico da un’infinità di tempo e ho
pensato fosse giunto il momento di affrontare Villette, di Charlotte Brontë. Ultimo romanzo dell’autrice, tra i
più autobiografici, non brilla per vivacità né per coinvolgimento, e la
possibilità che il gruppo potesse disertare l’incontro del mese non era poi
così remota.
Prendendo in prestito le parole di Antonella Anedda nell’introduzione
della versione di Villette pubblicata
da Fazi, Lucy Snowe, la protagonista del romanzo, “è un’anima vecchia […], ha
accumulato una distanza che le consente di analizzare il proprio destino fin da
quando, adolescente, dovendo definire gli anni dell’infanzia, usa le parole:
freddo, pericolo, lotta.”
Lucy è tutta ragione e il suo atteggiamento razionale, lontano dalle
fantasticherie e dalle frivolezze delle altre figure femminili che popolano il
romanzo, può spiazzare il lettore. Infatti, le reazioni del gruppo di lettura
sono state molto eterogenee: dal sintetico “una palla, non succede niente” a un
“è la quarta volta che lo leggo e mi sono sorpresa a riflettere su temi che
nelle letture precedenti mi erano sfuggiti”.
Villette,
classica opera vittoriana, è
un romanzo stratificato, a tratti filosofico, che affronta argomenti disparati,
perfetto per accendere un dibattito all’interno di un gruppo di lettura. A
colpire sono le lunghe elucubrazioni mentali della protagonista, il ruolo della
religione nella società dell’epoca, le riflessioni sulle differenze tra
protestantesimo e cattolicesimo, l’accento che l’autrice pone sulla presunta superiorità
del popolo inglese rispetto a quello francese (e, ancora di più, la differenza
tra le donne inglesi rispetto alle francesi), il ruolo della natura, la
presenza di elementi gotici, l’importanza del matrimonio nella società del
tempo in contrasto con una protagonista molto moderna che, orgogliosamente,
rivendica invece l’importanza del lavoro come strumento d’indipendenza. Un
romanzo che ho apprezzato molto e che merita anche una rilettura di
approfondimento ma, come ho avuto modo di sperimentare, non consigliabile a lettori e lettrici
che vogliano farsi trascinare dalla trama.
Aprile è stato anche il mese degli scioperi di qualsiasi mezzo pubblico possa circolare, degli infiniti problemi tecnici sulle linee ferroviarie, dei costanti ritardi; tanti e tali da far perdere la pazienza al più rassegnato dei pendolari. Stazioni ben lontane dall’atmosfera magica e letteraria racchiusa nelle foto della mostra ORIENT-EXPRESS & Cie. Itinerario di un mito moderno.
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Roma, Villa Medici |
La mostra, aperta fino al 21 maggio, è ospitata dall’Accademia di
Francia a Roma, con sede a Villa Medici. Un luogo magnifico che merita una
visita anche solo per percorrere i viali dell’immenso giardino, lontano dai
rumori pur trovandosi nel cuore della Capitale, e ammirare il panorama
mozzafiato sulla città. Cielo grigio incluso.
Le foto, le locandine, i progetti e i manifesti pubblicitari esposti nelle sale dell'Accademia di Francia provengono dagli archivi dell’antica Compagnie internationale des wagons-lits. Una mostra interessante perché raffigura tutte le sfaccettature di un mito, l’Orient-Express, e del meno noto Rome-Express. Alle foto pubblicitarie, che rappresentano lo sfarzo e il lusso dei vagoni, si affiancano quelle dei locali in cui venivano costruiti i vagoni, le immagini di lavoratori e lavoratrici indaffarati, nonché una foto piccina piccina che ritrae un esiguo numero di braccia incrociate e volti seri, in sciopero, che posano davanti all’obiettivo.
Non mancano, tuttavia, le foto di volti noti che ci osservano dal finestrino.
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Georges Simenon |
Infine, per chiudere degnamente il mese di aprile, ci siamo concessi il
consueto pellegrinaggio annuale lungo l’Appia Antica. Anche questo è un
classicone: almeno una volta l’anno va fatto!
Aprile non è il mese più crudele, dunque! Delle cose che hai fatto ti invidio un po' la visita alla mostra sull' Orient Express. Sono ancora in tempo, chiude il 21 ma le mie condizioni fisiche non me lo permettono, sob! Un caro saluto! ( sempre bello passare da te )
RispondiEliminaA volte aprile riesce ad essere incredibilmente dolce!
EliminaNon so se sfiziosa sia l’aggettivo più appropriato per una mostra, ma questa qui lo è. Più stimolante di mostre superpubblicizzate che ho visitato negli ultimi tempi, a volte ingiustificatamente costose e così piene di gente da chiedersi se ne valesse davvero la pena.
Che bello sapere che passi ancora da me!