Se
Il tunnel di Ernesto Sabato ha turbato il mio sonno, non è andata meglio con Una stella incoronata di buio, di Benedetta Tobagi. Anche in questo caso
conoscevo vagamente la trama, non mi sfuggiva l’entità e l’identità delle
vittime e sapevo che non sarebbe stata una lettura facile. Solo che questa non
è fiction, il virus del silenzio può essere più fastidioso di altri
organismi e la tendenza a dimenticare indebolisce la nostra capacità di
osservare la società in cui viviamo.
Piazza
Fontana, l’Italicus, Brescia, la stazione di Bologna, vittime, feriti,
attentati… Le stragi. Un elenco di luoghi, immagini sfocate che ogni anno
vengono rievocate ma che nella mia mente tendono a confondersi e rientrano
tutte nel generico file “strategia della tensione”. Forse perché quegli anni
non li ho vissuti, li ho studiati poco e male, non ne ho mai sentito parlare
dai miei genitori, non ne ho percepito la rilevanza storico politica: ho
colpevolmente sorvolato su un pezzo di storia.
Non
so cosa sia scattato, ma ad un certo punto mi sono trovata a riflettere
sull’Italia degli anni Settanta. Ho realizzato che se qualcuno mi avesse
chiesto cosa fosse accaduto di eclatante a Brescia nel ’74, non avrei saputo
rispondere. Non avrei saputo spiegare il perché di una bomba proprio a Brescia e
l’avrei liquidata come una strage impunita. Ignorando, tra l’altro, la sentenza
del 2015 che ha condannato Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte per strage,
condanne confermate in Cassazione nel 2017. Se ne sarà parlato. Sicuramente. E
io l’avrò anche ascoltato, ma in maniera distratta, come distrattamente si
ascoltano le storie vecchie e confuse, i processi che durano anni, le
assoluzioni, i rinvii.
Della
strage di Piazza della Loggia non avrei saputo dir nulla perché, quando penso
alle stragi, ho (avevo) in mente solo due foto: il cratere scavato dalla bomba
nella Banca Nazionale dell’Agricoltura e l’orologio della stazione di Bologna.
E nessuna delle due immagini si riferisce a Brescia.
Ora,
invece, difficilmente riuscirò a dimenticare il pianto in bianco e nero di
Arnaldo Trebeschi, accovacciato accanto al corpo mutilato di suo fratello,
Alberto, 37 anni, insegnante di fisica. È stato coperto da uno striscione della
FIOMM, divenuto sudario. L’onda d’urto dell’esplosione ha sbalzato il corpo a
diversi metri dal luogo in cui stava chiacchierando. Lì, da qualche parte in
piazza, nei pressi di una fontanella, non troppo distante da una colonna con un
cestino dei rifiuti c’è anche il corpo della Clem, 31 anni, insegnante, moglie
di Alberto.
Difficilmente
dimenticherò lo sguardo di Manlio Milani, 36 anni, operaio. Anche lui è
inginocchiato; sorregge la testa di sua moglie, Livia, 32 anni, insegnante.
Manlio fissa l’obiettivo, ha la sensazione che la moglie respiri ancora. Morirà
prima di raggiungere il pronto soccorso.
Doveva
essere una manifestazione contro il terrorismo antifascista, una manifestazione
di studenti, operai, insegnanti. Non temete possa succedere qualcosa? Chiede la
madre di Livia ai ragazzi che sono passati a salutarla la sera prima. Figurarsi!,
nella loro piazza, casa comune, non potrebbe mai accadere nulla di male.
La
bomba, collocata in un cestino dei rifiuti, esplode alle 10.12, pochi minuti
dopo l’inizio del comizio. Ucciderà 8 persone e ne ferirà altre 102.
Il
sindacato stava registrando il comizio e qui è possibile riascoltare quei minuti;
l’esplosione interrompe la voce di Castrezzati. La prima volta che l'ho ascoltata, ho pianto a
dirotto. Ho riascoltato l’audio mentre buttavo giù queste righe e mi sono
controllata a stento.
Non
sarò obiettiva nel suggerire la lettura di questo libro: a me Benedetta Tobagi
piace molto. Ammiro la sua ossessione per gli archivi e per la ricerca storica,
l’ossessione per la ricerca della verità, il desiderio di chiarezza, la passione
che si percepisce nella sua scrittura.
Una
stella incoronata di buio è stato pubblicato
per la prima volta nel 2013, dopo nove anni di lavoro. La strage, allora, era
ancora impunita. Si conosceva la trama, lo scopo, la matrice ideologica di stampo
neofascista, riconducibile al gruppo di Ordine nuovo, ma mancavano i nomi di
chi materialmente aveva piazzato la bomba. La Tobagi lavora intorno al buco
dell’impunità, prende per mano il lettore e lo conduce nell’Italia di quegli
anni; cerca di ricostruire il contesto internazionale, la guerra fredda, la
militanza politica di destra e di sinistra, i golpe organizzati e sfumati, le
bombe (perché ne esplosero diverse in quel periodo), le responsabilità
politiche. Dedica un intero capitolo al tema dei depistaggi, il metodico occultamento
dei documenti che, se fossero emersi all’epoca dei fatti, avrebbero permesso di
mettere sotto inchiesta da subito le persone realmente coinvolte.
Benedetta
Tobagi scrive un saggio in forma narrativa, perché in queste pagine ci sono
tante storie e molta poesia, a partire dal titolo. Tra le storie disintegrate
dalla bomba, c’è la vita di Livia, l’insegnante che amava la poesia e il cinema
e che si divideva tra l’insegnamento e il volontariato presso l’AIED di Brescia;
ci sono frammenti delle giornate della Clem, caparbia, rivoluzionaria, tra le
fondatrici del sindacato scuola CGIL ma che non prese mai la tessera del
partito comunista.
Brescia
in quegli anni era tutto un fermento, un microcosmo dell’Italia di allora. Anni
difficili, in cui, però, c’erano degli ideali; in molti guardavano alla cultura
come ad uno strumento di emancipazione, c’era il desiderio di svecchiare un
sistema.
La
Tobagi scrive: «a Brescia non è avvenuto la più grande delle stragi, né la più
nota. Ma è diversa dalle altre, per tanti motivi… “Strage col più alto tasso di
politicità” è stato detto; perché la bomba colpì una manifestazione antifascista».
La
bomba colpì un ideale, un modo d’intendere la vita, un tessuto fatto d’impegno
e di appartenenze solidali. Luci che brillano incoronate dal buio dell’impunità,
che ha impiegato più di 40 anni per vedere una sentenza definitiva. Un
giudizio tardivo che, quanto meno, ha dato un senso agli sforzi dell’Associazione
dei Caduti di Piazza della Loggia e del suo presidente, Manlio Milani, che instancabilmente
ha lottato anni per arrivare alla verità.
Io
ho letto la nuova edizione dell’opera, pubblicata nel 2019, quindi integrata
con gli ultimi eventi giudiziari e con le sentenze definitive. Non è stata una lettura semplice perché ignoravo la storia di molti personaggi citati dall'autrice; ho dovuto fare qualche sosta per incastrare tutti i pezzi e per colmare qualche lacuna che ostacolava la comprensione degli eventi. Ma Una stella incoronata di buio non è un romanzo d'intrattenimento ed io sono consapevole dei miei limiti.
Qui si può
leggere una sintesi delle vicende giudiziarie.
Qui, invece, è possibile consultare il sito della Casa della Memoria.