giovedì 9 aprile 2020

Il letto di Frida, Slavenka Drakulić


Prima che la pandemia esplodesse, avevo in testa una serie di progetti. Cose piccole, tipo andar a trovare un’amica che non vedo da tempo, fare un’incursione tra le poche librerie dell’usato che conosco (e magari scoprirne un’altra), tornare a cena al ristornate greco, andare a vedere la mostra di Frida Kahlo, Il caos dentro, al SET – Spazio Eventi Tirso di Roma (originariamente prevista fino al 29 marzo).
Non che sia un’appassionata della Kahlo anche perché, in generale, le mie conoscenze artistiche sono piuttosto limitate. Però, mi capita sempre più di frequente di perdermi nelle immagini, nelle foto, negli schizzi, tra oli e tempera. Di tecnica pittorica non capisco nulla, ma mi soffermo davanti ad una tela, do la mia interpretazione e poi ascolto l’audioguida che talvolta tralascia proprio l’opera che più mi ha affascinato. Poi ci sono personaggi mitici, come Frida, un’icona che ha ammaliato scrittori, giornalisti, politici, uomini, donne; e io ne so pochissimo. Così, m’è venuta voglia di dare una sbirciata a quell’universo e farmene un’idea. Però è arrivata la quarantena, il distanziamento sociale, le chiusure e, a ripensarci adesso, sembrano lontanissimi i giorni in cui programmavo una visita allo Spazio Eventi Tirso di Roma (luogo, tra l’altro, a me sconosciuto. Quindi la curiosità era doppia). 
Comunque, nell’epoca prepandemica, avevo iniziato a leggere Il letto di Frida della croata Slavenka Drakulić, (tradotto da Elvira Mujcic, edito da Elliot nel 2014). Non so se sia il romanzo più interessante tra i tanti che pongono al centro della narrazione vita e psiche di Frida. Io l’ho scelto perché ero rimasta molto colpita dalla scrittura gelida e impietosa della Drakulić, di cui avevo già letto L’accusata (edito da Keller), ed avevo avuto modo di testare la sua capacità nel descrivere le ossessioni e il dolore. 

Il letto di Frida inizia così e già in questa prima pagina c’è l’essenza della storia. Le cicatrici, gli aborti, l’irrequietezza, il vuoto sotto il lenzuolo che non è solo il vuoto lasciato dalla gamba amputata ma quel vuoto interiore provocato dai continui tradimenti del Maestro (il noto pittore messicano Diego Rivera, marito di Frida), dalla pugnalata inferta da sua sorella, Cristina Kahlo (amante del Maestro), dalle nottate insonni, dagli antidolorifici che non fanno effetto.
Da quel letto Frida si lascia andare ad un flusso di ricordi, ripercorre le sue paure, la tenacia con cui si aggrappa alla pittura, la passione per il comunismo, che non fu mai vera passione, le amanti, gli amanti, la relazione con Lev Trockij. Anche questa volta, la penna di Slavenka Drakulić s’intrufola tra i pensieri intimi della protagonista e, pur scrivendo in prima persona, conserva una sorta di distacco pure quando racconta i momenti più infelici. Strano a dirsi ma è quel distacco a rendere più dolorosa la storia. La sua pittura fa pensare ad un carattere impetuoso, impulsivo, una donna che, come sostiene la Drakulić, fa cose che altri non facevano.
“L’incidente al quale era sopravvissuta le aveva donato il coraggio di coloro che non hanno nulla da perdere”.
Eppure, la Frida che troviamo descritta in questo romanzo sembra sempre molto lucida nei suoi ragionamenti, fredda, razionale. Le tante contraddizioni di un’artista dalle mille sfaccettature.
 
Las dos Frida, Museo de Arte Moderno, Città del Messico
Intanto, la mostra è stata prorogata fino al 13 aprile, ma…         
  

6 commenti:

  1. La prima volta che vidi un suo dipinto dal vero fu nel 2007 a Palazzo Reale a Milano. Il manifesto di quella mostra "L'arte delle donne" raffigurava proprio l'unico suo quadro esposto: Autorretrato con Traje en Torcipelo (autoritratto con vestito di velluto - 1926). Quando lo dipinse aveva solo 19 anni; qualcuno scomodò similitudini alle opere del Rinascimento italiano per via dell'abito rosso, altri Modigliani per il suo collo allungato. Frida si smarcherà presto da tutte quelle etichette, le opere successive si contraddistingueranno per la sua forte personalità, le sue radici, il dolore e le passioni che l'hanno resa famosa nel mondo. E la biografia, la metterò nei libri da leggere, ovviamente.

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    1. Niente, io con Frida non sono fortunata. Non è la prima volta che programmo di andare a vedere una mostra a lei dedicata e poi i miei programmi vanno in fumo… Ci riproverò, perché è vero che le tante visite virtuali che facciamo in questo periodo sono interessanti, ma le emozioni che si vivono dal vivo sono insostituibili.

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  2. Avevo letto Viva la vida di Pino Caucci su Frida e non mi era piaciuto per niente.
    Ho visto un suo quadro i un museo di Buenos Aires in un pomeriggio bellissimo :) ne ho un ricordo bellissimo!

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    1. Grazie per il riscontro, Fede. Avrei preso in prestito il libro di Cacucci (m'incuriosiva leggere un altro punto di vista sulla biografia di Frida, visto che se ne è scritto tanto), ma a questo punto mi orienterò su un testo diverso.
      Non sono mai stata a Buenos Aires e se c'è una cosa di cui sento la mancanza al momento (oltre alla corsa e alle lunghe camminate) è l'idea stessa di progettare viaggi e andar a vedere mostre. Qualcuno penserà sia una sciocchezza ma, alla fine, assodato che la salute e gli affetti son fondamentali, per sopravvivere abbiamo bisogno di progettare, studiare, capire e riempire occhi e cuore di bellezza.

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  3. Grazie per questa bella descrizione! stuzzica la voglia di aggiungere un altro libro, ai tanti in elenco, nel corso di questa quarantena.

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    1. Grazie a te per esser passata in questo luogo di pensieri disconnessi.
      Da accumulatrice seriale di libri, guardando decine di tomi che di certo non smaltirò negli ultimi (speriamo) giorni di quarantena, mi sono detta che andrò avanti con le liste, senza però acquistare sconsideratamente quando tornerò in libreria. E questi sono i buoni propositi tra un dpcm e l'altro. Certo che, quando rimetterò piede in una libreria, sarebbe un delitto non acquistar nulla...

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