lunedì 11 marzo 2019

Gli anni e i Mostri


Ho impiegato anni per far pace col giorno del mio compleanno. Il trauma delle foto coi parenti mentre cercavo di spegnere candeline che si riaccendevano di continuo ha segnato la mia infanzia. Mia mamma organizzava quelle festicciole con tale dedizione che mai avrei potuto deludere il suo volto sorridente mentre ordinava torta, dolcetti, panini… neanche a sette anni, quando la sincerità dei bambini dovrebbe esser lecita. 
Dai diciannove anni in poi, mi son guardata bene dal festeggiare l’evento, rispondendo con noncuranza a chi mi faceva gli auguri un “uh, grazie, ma è un giorno come gli altri”. Poi è arrivata l’età della saggezza e ho finalmente capito che diamine se non dovevo festeggiare! Quale pretesto migliore del proprio compleanno per regalarsi del tempo?
Quest’anno, per dire, mi sono regalata un intero weekend, visitando due piccoli borghi dell’Alto Lazio che mi riproponevo di vedere da una vita.
Foto gentilmente concesse dal Coniuge

Vi sarà capito di sentir parlare di Civita di Bagnoregio, la città che muore. È ciò che dicono quando inquadrano il borgo della Tuscia dall’alto, tutt’intorno le ferite della Valle dei Calanchi e il ponte che collega la rupe alla terraferma. A noi è sembrato che Civita di Bagnoregio scoppiasse di salute.


Cielo azzurro, un discreto numero di visitatori, che magari si lamentava di dover pagare 5 euro per camminare tra le case di un borgo medievale, però poi scattava foto a qualsiasi gatto incrociato tra le viuzze. 
Pare ci abitino una decina di persone, incluso il maestro Tornatore, che rimase folgorato dal paesetto, una ventina di anni fa. Dubito che all’epoca si facesse pagare un biglietto ai turisti per percorrere il ponte in calcestruzzo, inaugurato nel 1965 (dopo esser stato gravemente lesionato dalle scosse sismiche e dai tedeschi in ritirata, durante la Seconda guerra mondiale), e per varcare la Porta Santa Maria. 


Ho fantasticato sulla possibilità di abitare in una di quelle stanzette che affacciano su Piazza Vescovado, in una qualsiasi settimana di novembre; il vento gelido che fa sbattere le finestre, le voci dei ristoratori che si lagnano per essersi accollati carne, tozzetti e chilate di lombrichelli, per poi non veder arrivare neppure un cristiano.


Civita di Bagnoregio è un borgo suggestivo e ben tenuto; sabato non c’era troppa confusione ed è stato sufficiente un bicchiere di grechetto in quel luogo fuori dal tempo per rendere il mio compleanno un po’ più magico.
 
"Tu ch'entri qua pon mente parte a parte et dimmi poi se tante maraviglie sien fatte per inganno o pur per arte".
Domenica. Cielo uggioso e umidiccio sulla strada per Bomarzo
Ero io pronta a farmi stupire dai Mostri di Bomarzo e a capire se tali opere furono realizzate per inganno oppure arte?
  


Coniuge, guarda!, la tartaruga! Oh, coniuge, scatta una foto all’elefante che stritola un legionario romano, così posso inviarla all’investigatrice alla ricerca dell’elefante smarrito (sguardo perplesso del coniuge).


È stato tutto un “ma che maraviglia!” fino all’incontro con la Casa Pendente

Panico. Eccolo il Mostro. 
Io. Io in certe giornate in cui mi aggrappo tenacemente al suolo, ma la terra scivola via. 
Io che perdo i punti di riferimento e ciò che dovrebbe esser in piano diventa improvvisamente in salita. Io che arranco temendo di perdere l’equilibrio. 
Era questa la paura che volevi mostrare al povero visitatore, caro Vicino Orsini? Anche tu non sapevi come spiegare quello smarrimento che accomuna un principe del Cinquecento a una plebea del XXI secolo? 
Provavi anche tu quella smania d’ir pel mondo errando per veder meraviglie, elefanti, orsi, orchi et draghi?      
Mi sa che neanche tu riuscivi a frenare l’immaginazione; bastava una goccia di pioggia e anche i tuoi pensieri prendevano il volo.


Orco. "Ogni pensiero vola"
Un lauto pasto (non fatevi ingannare dall’esterno del locale e fermatevi dai ragazzi che gestiscono Tutto ‘nartro magnà) ha messo a tacere i mostri svegliati dal Bosco Sacro.
È domenica, dimentica le Paure, meglio concentrarsi sulla Meraviglia; guarda che bello il centro storico di Bomarzo, nonostante il cielo grigio e il vento che congela le orecchie.

Bomarzo, centro storico
Un bel weekend a pochi chilometri da casa. 
La buona notizia è che abbiamo ancora tutta la Tuscia da scoprire.