Questa volta ho temuto che i miei prodi seguaci abbandonassero
la nave. Non una ribellione come quella dei marinai dell’Alfonso de
Albuquerque, sia chiaro, neanche la bandiera bianca del Dão, cacciatorpediniere
che mai sarebbe stato in grado di gestire una rivolta. Però mentre mi incamminavo
con Ricardo Reis verso l’albergo
Bragança, quello che affaccia sul Tago, per intenderci, ho pensato che avrei
dovuto scegliere un altro libro di Saramago per il gruppo di
lettura. In fondo, quando lo lessi la prima volta non mi innamorai dello
scrittore portoghese ma di Lisbona e
del tipo che mi aveva suggerito il libro. Ma a vent’anni l’amore va e viene.
Quello per Lisbona è rimasto, ovvio; però il dubbio è legittimo: forse avrei
dovuto optare per il celebre Cecità o
per il folgorante incipit delle Intermittenze della morte.
Intanto a Lisbona piove incessantemente, il parapioggia non para
un bel niente, Ricardo è tornato da Rio de Janeiro dopo 16 lunghi anni, con
dentro il sonno dell’anima. Forse ricomincerà ad esercitare la professione di
medico a Lisbona, forse vuole solo guardarsi intorno per capire che direzione
prenderà l’Europa del 1936, forse si limiterà ad una visita al cimitero dos
Prazeros, dove riposa il poeta Fernando Pessoa, colto da morte inattesa. Lo
dicono anche i giornali, è venuto a mancare lo straordinario poeta di Mensagem; nella poesia non era solo lui,
Fernando Pessoa, lui era anche Álvaro de Campos e Alberto Caeiro e Ricardo Reis.
La stampa continua a commettere errori, il dottor Ricardo Reis è lì che si
aggira nel Bairro Alto, tutto sembra fuorché morto. Silenzioso, questo sì.
Pensa, pensa, osserva la sua città, gente con scialli, fazzoletti e cenci
rammendati che si dirigono verso la sede del giornale O Século, dove distribuiscono le elemosine. Legge i giornali,
cammina e ragiona sull’essere e sull’esistere, su ciò che è e ciò che viene
raccontato.
È sul giornale, l’ho letto io, Non è di lei, dottore, che io
dubito, quello che dice mio fratello è che non sempre si deve credere a ciò che
scrivono i giornali, Non posso certo andare in Spagna a vedere cosa succede,
devo credere che quello che mi dicono sia vero, un giornale non può mentire,
sarebbe il più gran peccato del mondo, Lei è una persona istruita, io sono
quasi un’analfabeta, ma una cosa l’ho imparata, ed è che le verità sono tante e
sono le une contro le altre, finché non lotteranno non si saprà dov’è la
menzogna.
È strano il dottor Reis, i pensieri si mescolano, i discorsi si
intrecciano, alle virgole seguono lettere maiuscole, i punti scompaiono; se ti
distrai un attimo, perdi il filo del ragionamento; l’io diventa noi, tu, lei,
Lisbona. Ed è stato in un momento di distrazione che ho pensato ai miei poveri
amici lettori.
Qualcuno, per questa mia scelta azzardata, forse non tornerà alle
pagine di Saramago. Ed è un peccato. Qualcun altro, invece, se n’è invaghito,
come accadde a me anni fa. Forse partirà per Lisbona, si fermerà sull’Alto de
Santa Catarina, guarderà Adamastor pietrificato, con un urlo in gola, e fisserà
il mare che finisce dove la terra comincia.
José Saramago, L'anno della morte di Ricardo Reis,
trad. Rita Desiati, Feltrinelli Editore
José Saramago, L'anno della morte di Ricardo Reis,
trad. Rita Desiati, Feltrinelli Editore
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