In questi giorni, le
prime pagine dei giornali spaziano da Dilaga il virus a
Mezza Italia in quarantena (passando per un Accogliamo tutti anche il
virus a Gli africani ci mettono in quarantena). E io, dopo mesi di
silenzio, mi son chiesta se fosse proprio oggi la giornata giusta per
spolverare il blog e ricominciare a chiacchierare di viaggi, libri e piccoli
eventi non apocalittici. Forse sì, perché sono già stanca d’inviare ordinanze in materia di contenimento a
destra e manca e rispondere a gente
terrorizzata per aver condotto fino all’altro ieri una vita normale.
Sono
stati mesi lunghi e sfibranti. La spossatezza di chi rumina ogni giorno gli
stessi pensieri, l’incapacità di prendere una decisione, perché ciò che stai
pensando di fare potrebbe apparire al resto del mondo una scelta irrazionale e
avventata. Tutto si confonde. La fatica di alzarsi, di andare al lavoro come
nulla fosse, di indossare la maschera giusta, lo sforzo nel dissimulare le
incrinature che rischiano di mandarti in frantumi; l’incapacità di spiegare.
D’altronde, come puoi spiegare quel malessere che hai dentro ma che non è nulla
di concreto? Una febbre, una ferita, una malattia del corpo sono evidenti; giustificano
assenze, riposo, medicinali. Di altri malesseri fai fatica a parlarne anche a
te stessa. Ti racconti che è solo stanchezza. Passerà.
In
fondo, i tuoi problemi ce li hanno tutti, non c’è nulla di cui lamentarsi. Continui a leggere, vai a correre, cerchi di
fare ciò che hai sempre fatto. Ma non vivi nulla; attraversi le giornate. Ogni
cosa è fuori fuoco: i libri, la cenetta con il coniuge, le conversazioni con
gli amici. Osservi tutto, ascolti tutti, ma non sei lì.
Poi
crolli.
«La
prossima settimana devo andare in un’azienda vicino ad Ancona. Chiedi qualche giorno di ferie e vieni con me. Ho già prenotato per due».
È
da tanto che non prendo come pretesto le trasferte di lavoro del coniuge per un
viaggetto fuori programma. Non sono convinta. Ma il coniuge è perentorio. Fa
tutto lui; a me non resta che preparare uno zainetto ed entrare in auto. Sarà libero solo la sera, ma ha scelto un hotel che mi permetta di muovermi in
centro senza vincoli.
Il
cielo è blu, l’aria pungente ma il sole è caldo. Cammino tutta la mattinata
senza una cartina né una meta da raggiungere.
Percorro il corso della cittadina
un paio di volte; m’infilo nei vicoletti, resto a fissare la facciata del
Teatro delle Muse e poi mi inerpico su Via Antonio Gramsci.
Ancona è tutta un saliscendi e, camminando senza fretta in una giornata qualsiasi di inizio febbraio, mi fermo in Piazza del Plebiscito, quella con l’imponente statua di Papa Clemente XII, e mi siedo sulla scalinata che conduce alla Chiesa di San Domenico (in cui, va detto, sono entrata per caso e per caso ho scoperto l’Annunciazione del 1662 del Guercino e la Crocifissione di Tiziano).
Il salotto della città, affollata e festosa: così viene descritta la cosiddetta Piazza del Papa nella maggior parte dei siti. A me, invece, ha fatto un effetto strano: accogliente nella sua forma rettangolare e allungata ma, al contempo, austera. Sarà la presenza del Palazzo del Governo, della Torre civica o, forse, sarà proprio lo sguardo severo di Papa Clemente XII, fatto sta che vista di giorno, con i tavoli dei pub e dei ristoranti vuoti, la piazza m’è parsa silenziosa ed enorme. Sono rimasta seduta su quei gradini per un tempo indefinito con i pensieri che si rincorrevano.
Poi,
ho ripreso a camminare. In salita. E, nell’antico Rione San Pietro, tra i
palazzi dalle facciate medievali, ho avuto di nuovo la percezione del cielo
azzurro, e del vento, e della bellezza. È caduto il velo, ed io ho ricominciato
a vedere le cose. Nessun miracolo; semplicemente i primi passi dopo un periodo
buio.
Ancona è tutta un saliscendi e, camminando senza fretta in una giornata qualsiasi di inizio febbraio, mi fermo in Piazza del Plebiscito, quella con l’imponente statua di Papa Clemente XII, e mi siedo sulla scalinata che conduce alla Chiesa di San Domenico (in cui, va detto, sono entrata per caso e per caso ho scoperto l’Annunciazione del 1662 del Guercino e la Crocifissione di Tiziano).
Il salotto della città, affollata e festosa: così viene descritta la cosiddetta Piazza del Papa nella maggior parte dei siti. A me, invece, ha fatto un effetto strano: accogliente nella sua forma rettangolare e allungata ma, al contempo, austera. Sarà la presenza del Palazzo del Governo, della Torre civica o, forse, sarà proprio lo sguardo severo di Papa Clemente XII, fatto sta che vista di giorno, con i tavoli dei pub e dei ristoranti vuoti, la piazza m’è parsa silenziosa ed enorme. Sono rimasta seduta su quei gradini per un tempo indefinito con i pensieri che si rincorrevano.
Piazza del Plebiscito, nota come Piazza del Papa |
Delle
giornate anconetane (o, se preferite, anconitane) mi è rimasta addosso la
tranquillità che non ti aspetti di trovare in una cittadina portuale. La
maestosità del Duomo di San Ciriaco che guarda il porto dall’alto,
imperturbabile ai rumori provenienti dallo stabilimento di Fincantieri.
Ancona
deve il suo nome alla caratteristica forma del promontorio che fa pensare ad un
gomito piegato (Ankón in greco significa gomito); forma che si può
ammirare dalla sommità del colle dei Cappuccini e dal Parco del Cardeto.
Ci sono arrivata non per il panorama ma per capire cosa fosse quella sorta di
torretta che vedevo in lontananza. Poi, scoperto il faro ottocentesco,
fatto erigere da Pio IX per dirigere la rotta delle navi, in funzione fino alla
costruzione del nuovo faro (operativo dal 1965), sono rimasta a gironzolare nel
Parco del Cardeto e a guardare Ancona dall’alto.
Duomo di San Ciriaco |
Parco del Cardeto - Faro Ottocentesco |
Francesco Podesti - Il giuramento degli Anconetani |
A
posteriori, cercando informazioni su Ancona e sulle sue bellezze, ho trovato
diversi articoli sul Duomo. Io, però, sono rimasta incantata dalla chiesa
romanica di Santa Maria della Piazza, antica cattedrale cittadina, che nel corso
dei secoli ha subito danneggiamenti, ricostruzioni, riconversioni, bombardamenti,
restauri e che stupisce per la bellezza della facciata e la sobrietà degli
interni. Vuota. La chiesa venne costruita intorno al XII secolo sui resti di una chiesa paleocristiana di cui oggi si conservano ancora i meravigliosi frammenti dell’originaria pavimentazione a mosaico
policromo (IV e VI secolo).
In
quelle due giornate d'inizio febbraio, ho camminato moltissimo, mi sono fermata a
chiacchierare con i pescatori sul molo, ho stretto amicizia con Willy il
gabbiano, sono entrata in libreria, mi sono seduta per leggiucchiare qualche
pagina anche se non ho acquistato nulla.
La
prima sera, davanti a uno stoccafisso all’anconetana e altre delizie, ho
raccontato la città al coniuge. La sera successiva gli ho detto che Ancona potrebbe
piacergli e che la prossima volta ci vado con lui. Ha sorriso. E prima di tornare
a casa mi ha fatto un altro regalo…
Willy |
mi spiace capire che la tua latitanza dal blog ha coinciso con un periodo buio... spero che Ancona sia solo una delle cose che ti faranno stare meglio!
RispondiEliminaPs. ad Ancona ci sono stata più di 10 anni fa durante una vacanza in tenda con le amiche: la cosa che più mi ricordo è quella statua così gigantesca del Papa!
Grazie cara Fede,
Eliminapenso di aver toccato il fondo alla fine del 2019. Ora sono in netta risalita.
Sarà una coincidenza ma le Marche hanno un effetto positivo sul mio umore. È una regione che conosco pochissimo ma anche la volta scorsa son tornata a casa rasserenata. In quel caso, eravamo passati ad Ascoli Piceno (non so se ci sei stata), cittadina in cui vorrei tornare perché quel poco che ho visto m’era sembrato piuttosto interessante.
Interessante questa Ancona! Io l'avrei anche abbastanza vicino e non l'ho mai vista, dovrò prenderla in considerazione.
RispondiEliminaBene ha fatto il coniuge a decidere di farti "vivere" queste giornate anconetane e di abbandonare quelle "da attraversare-e-basta".
Il coniuge negli ultimi mesi è stato un valido supporto (i meriti vanno riconosciuti).
EliminaA me hanno colpito i dettagli, le facciate dei palazzi, quegli angoli in cui arrivi per caso. Ancona non è una bellezza sfacciata. Poi, come sempre, avrà inciso lo stato d’animo, il cielo azzurro, il vento. L’alchimia giusta.
Considerando che in treno per te non è neppure così distante, potresti ipotizzare una breve vacanza (e mettere da parte certi malumori…)
Ben tornata 🙂
RispondiEliminaBen trovata! In fondo, l'avevi detto tu, no, che il 2019 era stato un anno tirchio è che non era poi tanto male lasciarselo alle spalle?!
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