Non smetto mai di scrivere e
cancellare programmi di lettura. Faccio liste mensili, stagionali, annuali.
Anni e anni di liste di libri da leggere in un arco temporale ben definito avrebbero
dovuto insegnarmi che non le rispetto mai. Ma continuo imperterrita. Rosemary’s
baby, per dire, non era mai comparso in nessuna delle mie liste. Poi, però,
ho ascoltato Selvaggia Sostegni, lettrice voracissima, parlarne con toni così
convincenti da avere l’urgenza di recuperare il romanzo. L’ho trovato
disponibile tra gli ebook per il prestito digitale della mia biblioteca (MLOL)
e zac!, l’ho letto in una domenica di pioggia.
Lo so, è un titolo celebre così
come è arcinota la trasposizione cinematografica realizzata da Roman Polański,
eppure, lo confesso, non ho mai visto neanche il film.
Ira Levin racconta la storia della giovane
coppia Woodhouse: Guy, attore emergente alla ricerca della parte che lo renderà
memorabile, conferendogli fama e ricchezza e lei, Rosemary, mogliettina
innamorata, desiderosa di una famiglia numerosa (almeno tre figli che abbiano
due anni di differenza l’uno dall’altro) e di una bella casa. Rosemary legge ancora
Dickens (Certo che lo leggo. Nessuno smette di leggere Dickens) e Daphne
Du Maurier, e aspira a un appartamento nel Bramford, cuore di Manhattan. L’occasione
giusta arriva: la facciata del palazzo è ornata da gargoyle, l’appartamento è
spazioso e con i soffitti alti, il soggiorno ha due ampie finestre, due bovindi
con i vetri a losanghe e una panchetta incassata. E poi c’è il caminetto e una
splendida libreria in legno di quercia.
«Nel complesso sembra fatto su
misura per una giovane coppia come voi».
Troppo delizioso per lasciarsi
scoraggiare dalle sinistre leggende associate al Bramford e a quelle sciocche
storie che parlano di suicidi e stregoneria.
«Il palazzo ha un’alta percentuale di precedenti sgradevoli,
perché esporsi di proposito a un pericolo? Andate al Dakota o all’Osborne, se
proprio non potete fare a meno del lustro del Diciannovesimo secolo».
Ma le parole dell’amico Hutch non dissuadono affatto i coniugi Woodhouse. Stregoneria e satanismo nel Ventesimo secolo. Suvvia! Assurdo.
Il romanzo di Ira Levin, uscito nel
1967, originariamente pubblicato in Italia dalla Garzanti, è stato per lungo
tempo fuori catalogo. È stato poi ripubblicato dai tipi della SUR nel 2015, sempre
nella traduzione di Attilio Veraldi. È invecchiato bene? Per quanto mi
riguarda, ho trovato qualche scena un po’ banale, sebbene un filo
d’inquietudine abbia caratterizzato tutta la lettura del romanzo. Sarà stata la
pioggia incessante di una domenica di fine novembre, sarà stata la giusta
atmosfera, sarà che avevo voglia di un genere diverso, ad ogni modo, Rosemary’s
baby ha catturato totalmente la mia attenzione. Era da qualche tempo che
non mi capitava di leggere un libro tutto d’un fiato in un solo giorno. Ora
dovrò guardare il film.
Neanche a dirlo, il fatto che
Rosemary legga Dickens e un romanzo di Daphne Du Maurier ha comportato la
necessità di procurarmi un paio di titoli che, ahimè, non avevo ancora inserito
nella lista delle prossime letture…
Mi fido e se lo trovo nella mia mlol lo prendo :)
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