mercoledì 8 dicembre 2021

Rosemary’s baby, Ira Levin

 

Non smetto mai di scrivere e cancellare programmi di lettura. Faccio liste mensili, stagionali, annuali. Anni e anni di liste di libri da leggere in un arco temporale ben definito avrebbero dovuto insegnarmi che non le rispetto mai. Ma continuo imperterrita. Rosemary’s baby, per dire, non era mai comparso in nessuna delle mie liste. Poi, però, ho ascoltato Selvaggia Sostegni, lettrice voracissima, parlarne con toni così convincenti da avere l’urgenza di recuperare il romanzo. L’ho trovato disponibile tra gli ebook per il prestito digitale della mia biblioteca (MLOL) e zac!, l’ho letto in una domenica di pioggia.


Lo so, è un titolo celebre così come è arcinota la trasposizione cinematografica realizzata da Roman Polański, eppure, lo confesso, non ho mai visto neanche il film.

Ira Levin racconta la storia della giovane coppia Woodhouse: Guy, attore emergente alla ricerca della parte che lo renderà memorabile, conferendogli fama e ricchezza e lei, Rosemary, mogliettina innamorata, desiderosa di una famiglia numerosa (almeno tre figli che abbiano due anni di differenza l’uno dall’altro) e di una bella casa. Rosemary legge ancora Dickens (Certo che lo leggo. Nessuno smette di leggere Dickens) e Daphne Du Maurier, e aspira a un appartamento nel Bramford, cuore di Manhattan. L’occasione giusta arriva: la facciata del palazzo è ornata da gargoyle, l’appartamento è spazioso e con i soffitti alti, il soggiorno ha due ampie finestre, due bovindi con i vetri a losanghe e una panchetta incassata. E poi c’è il caminetto e una splendida libreria in legno di quercia.

«Nel complesso sembra fatto su misura per una giovane coppia come voi».

Troppo delizioso per lasciarsi scoraggiare dalle sinistre leggende associate al Bramford e a quelle sciocche storie che parlano di suicidi e stregoneria.

«Il palazzo ha un’alta percentuale di precedenti sgradevoli, perché esporsi di proposito a un pericolo? Andate al Dakota o all’Osborne, se proprio non potete fare a meno del lustro del Diciannovesimo secolo».

Ma le parole dell’amico Hutch non dissuadono affatto i coniugi Woodhouse. Stregoneria e satanismo nel Ventesimo secolo. Suvvia! Assurdo.


Il romanzo di Ira Levin, uscito nel 1967, originariamente pubblicato in Italia dalla Garzanti, è stato per lungo tempo fuori catalogo. È stato poi ripubblicato dai tipi della SUR nel 2015, sempre nella traduzione di Attilio Veraldi. È invecchiato bene? Per quanto mi riguarda, ho trovato qualche scena un po’ banale, sebbene un filo d’inquietudine abbia caratterizzato tutta la lettura del romanzo. Sarà stata la pioggia incessante di una domenica di fine novembre, sarà stata la giusta atmosfera, sarà che avevo voglia di un genere diverso, ad ogni modo, Rosemary’s baby ha catturato totalmente la mia attenzione. Era da qualche tempo che non mi capitava di leggere un libro tutto d’un fiato in un solo giorno. Ora dovrò guardare il film. 

 


Neanche a dirlo, il fatto che Rosemary legga Dickens e un romanzo di Daphne Du Maurier ha comportato la necessità di procurarmi un paio di titoli che, ahimè, non avevo ancora inserito nella lista delle prossime letture…

 

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