Si stropiccia gli occhi, scende dal treno con la testa pesante e
il mal d’ossa di chi è febbricitante: «Che città accogliente!»
Lui la guarda esterrefatto: «Ma se siamo appena arrivati!» Lei
tira dritto con il sorriso di chi sa che Trieste le piacerà. Ha solo bisogno di
un’aspirina e di una lunga dormita per togliersi quel torpore di dosso.
Camminano svogliatamente lungo Riva Tre Novembre. Lei avrebbe
voluto prendere una via interna per raggiungere Piazza Unità d’Italia ma lui si
è ostinato a voler costeggiare il mare. Lei non ha ancora guardato la pianta
della città, non se l’aspetta una piazza così aperta, affacciata sul mare.
Quando se la ritrova sulla sinistra mormora un Ohmmioddio! Arriva davanti alla Fontana dei Quattro continenti (all’epoca l’Oceania era ancora più remota di
oggi), torna indietro e guarda il palazzo del Municipio da lontano. Ci
ritornerà di sera, con i faretti azzurri accesi che fanno ondeggiare la piazza fino
al mare. Lui sostiene che Piazza San Marco sia imbattibile, lei pensa che
Piazza dell’Unità dia un senso di libertà insolito per una piazza cittadina. Avrebbero
dovuto continuare a chiamarla Piazza Grande.
Sull’autobus n. 6 che dal centro li porta al Castello di Miramare ascolta i consigli che una donnina dà ad un altro visitatore. «Può
scendere tra un paio di fermate e camminare lungo la pineta per una decina di
minuti. Si ritroverà direttamente davanti al castello». La signora accanto
dissente: «Dia retta a me. Le conviene arrivare a Grignano, che poi è il
capolinea. Prende la scaletta che attraversa il parco del castello e si ritrova
in cima in un attimo. Semmai, al ritorno, può fare un tratto di pineta». Una
delle due signore scende, ponendo fine alla gara tra quale sia il miglior
suggerimento da seguire per raggiungere il castello. Intanto la coppia ha
deciso che scenderà a Grignano, dove berrà un caffè prima di entrare
nell’Ottocento.
La guida glissa sulla
sfortuna dei castellani: lui che va incontro alle pallottole messicane senza
aver quasi fatto a tempo a godesi le dorature e i divani di casa; lei che resta
vedova e diventa pazza di noia e dolore (soprattutto noia). Non dice la guida
della follia di Carlotta, né tantomeno della voce corrente secondo la quale
spacciare Carlotta per pazza fosse di fatto un modo escogitato dalla corte per
nascondere il più diplomaticamente possibile le sue simpatie comuniste.
Si siedono al Caffè San Marco, tra libri e pezzi di
conversazione sospesi nell’aria. Qualcuno ha il Mac aperto, qualcuno sfoglia
quotidiani che alle 18 raccontano notizie già scadute. È un’alternanza di spritz
e tutte le varianti del caffè: nero, cappuccino, al vetro, lungo. Lei guarda il
vecchio bancone di legno scuro, gli specchi che la circondano, i lampadari che
sanno d’inizio Novecento. Lui ha finalmente il volto disteso. Sorride sorseggiando
il caffè e si capisce che la scrivania dell’ufficio è ormai un ricordo
distante. Poi iniziano a girare tra i libri.
Si siedono su una panchina in Piazza Venezia, vicino al Museo Revoltella. Lei avrebbe voluto visitarlo ma a Pasqua è chiuso. Hanno fatto una bella passeggiata, salutando le ombre di Joyce, Svevo e Saba. Hanno deciso che chiuderanno la giornata con una cena a base di pesce e vinello bianco. Ora però vogliono continuare ad ascoltare un triestino che racconta la sua Trieste. Lei legge a voce alta, lui le poggia la testa sulla spalla e socchiude gli occhi.
A Trieste si fa il bagno
in centro città e, comunque, in qualsiasi punto del lungomare ti trovi, puoi accostare,
scendere, spogliarti in strada, fare dieci passi e toccare l’acqua. Questa frequentazione
familiare e più che assidua spiega l’uso dell’espressione triestina «andar al
bagno» per intendere «andare al mare» (e non «andare alla toilette»), come se
Barcola fosse la vasca di casa, quella che si raggiunge scalzi o tutt’al più in
ciabatte.
C’è un cielo grigio, quello di chi fa ritorno a casa; un
vento leggero, qualche barchetta in lontananza. Inizia a piovigginare; qualcuno
sul Molo Audace apre l’ombrello. Loro si limitano a tirar su il cappuccio. Lei
quasi quasi avrebbe voluto incontrare la bora, così, per capire cos’era.
Difficilmente
sentirete qualcuno lamentarsi. C’è semmai, nel senso comune dei triestini,
tutta una retorica sulla salubrità della bora. L’idea che dia tono e fortifichi
non solo il fisico ma anche il carattere. L’idea che sia la voce e il respiro
possente della città.
In treno lei pensa che un giorno dovrà farsi coraggio e
spingersi fino alla Risiera di San Sabba, e con quel po’ di coraggio che le
sarà rimasto, toccare anche Basovizza, perché uno non può guardare solo le cose
belle dimenticando le nefandezze di non troppo tempo fa. Pensa anche che vuole
girare per il Carso e arrampicarsi nel silenzio delle Alpi friulane.
Mentre il
treno si allontana veloce, lei pensa che questa terra sia un po’ magica.
La viaggiatrice è stata accompagnata dal bel #viaggialibro di Mauro Covacich, Trieste sottosopra, editori Laterza, collana Contromano.
La mia città!!!!!
RispondiEliminaLa guida è molto bella...brava ad aver fatto questa scelta "alternativa"... :))
E peccato che il tempo fosse un po' loffio...
Nooo! Non ricordavo tu fossi di Trieste! Che donna fortunata cara Gioia!Una città meravigliosa in cui tornerò sicuramente. E la prossima volta spero ci si possa incontrare di persona. il libricino di Covacich è perfetto per chi vuole assoporare la città; mi sa che le classiche guide, ormai, sono belle che andate.
EliminaSai che vergognosamente l'ho scoperta solo la scorsa primavera quando ci sono stata per il matrimonio di una ex collega? Splendida!
RispondiEliminaMi par di capire che siamo tutti rimasti folgorati da questa città. Bella vero? Hai avuto la possibilità di visitare anche i dintorni?
Eliminano sono andata al pranzo di nozze :D
EliminaAnche tu in visita in treno? io ci andai con l'amica C., non riuscimmo a vedere tutti i caffè storici perché uno sciopero dei treni ci costrinse ad anticipare il rientro.
RispondiEliminaTrieste è bellissima, vero? Io in quella piazza ho pensato a quella di Lisbona sul Tejo e per una volta ho detto, tradendo la mia Lusitanitudine, che quella di Trieste è più bella!
Cara Nela, in Italia cerco di viaggiare quasi solo in treno/bus. Oddio, in alcune regioni è quasi impossibile utilizzare i treni, ma nella parte settentrionale del Paese (scioperi permettendo!) ci si muove abbastanza bene. Lo sai che anch'io ho pensato un po' a Lisbona? Però, dai, Piazza dell'Unità è veramente splendida. Ho visto solo tre caffè storici e poi sono stata in una pasticceria/caffetteria che, senza essere storica,faceva cappuccini e cornetti deliziosi!!
EliminaMi piace molto la collana Contromano di Laterza. Propone un modo diverso, rispetto alle guide turistiche, di guardare alle città. Vorrei leggere questo libro di Covacich, un po' per desiderio di conoscere Trieste, dove non sono mai stata ma che è nelle mie destinazioni future, e poi perchè sono friulana di Gorizia, anche se di passaggio (portata via da là all'età di 2 anni!)
RispondiEliminaCondivido il giudizio sulla collana Contromano. Le guide sono asettiche, utili al momento ma il giorno dopo ti resta solo l’emozione di ciò che hai visto e nulla di quanto letto. Questi libricini, invece, ti lasciano il profumo della città, la curiosità di andare di persona e il piacere di rileggerli dopo aver gironzolato tra le vie.
EliminaVantando origini friulane, devi necessariamente inserire Trieste tre le tue prossime mete di viaggio!