giovedì 30 luglio 2015

Amatrice e Monti della Laga

Nel giorno in cui veniva divulgata la notizia dell’ingresso a pieni voti di Amatrice nel club dei borghi più belli d’Italia, la Talpa, ignara del riconoscimento, si aggirava tra le viuzze di quel luogo, decantandone la bellezza. “Ma pensa quanti bei posti ancora inesplorati potremmo visitare a due passi da casa…”, diceva sognante con il naso all'insù. Il coniuge, uomo con i piedi per terra, rispondeva: “A due passi non direi. Abbiamo fatto qualche chilometro per arrivare fin qui…”
Lago di Campotosto dall'alto
Quel weekend la Talpa avrebbe voluto partecipare ad una gara podistica, ma un leggero risentimento muscolare l’aveva fatta desistere. Però, rimandare la gita nel Parco del Gran Sasso e Monti della Laga (che il correttore di word si ostina a ribattezzare “della Lega”…) in un’estate afosa le sembrava un peccato. Ha capito di aver fatto la scelta giusta quando venerdì sera ha visto precipitare la temperatura dai 37°C romani ai 17°C del reatino al confine con l’Abruzzo. Praticamente inverno. L’emozione di andare a cena, indossando un maglioncino di cotone.
Arrivando in auto, la Talpa era rimasta colpita dal numero di frazioni in cui è suddiviso il borgo. Ben quarantanove. Aveva casualmente scelto una dimora temporanea nella frazione di Retrosi. Un borgo nel borgo. Abitato più da visitatori che da residenti, immerso nella pace; verde intorno, verde ai lati. Qualche scellerato che osava disturbare la quiete guardando la televisione. Una fontanella al centro del borgo, tanti appartamenti ristrutturati senza snaturare la struttura originaria degli edifici, pronti per ospitare il viandante. Un modo intelligente di ridare vita ad un luogo abbandonato.
Nessun rischio di soffrire la fame: nel centro di Amatrice, eccezion fatta per un piccolo supermercato di una nota catena nazionale, si trovano bar, trattorie, alimentari, macellerie, fiorai, tutto a conduzione familiare. Nessuna fretta, persone che chiacchierano in piazzetta, profumo di cibo e caffè. L’affabilità verso lo straniero non è di queste parti. Pochi sorrisi, atteggiamenti scostanti, niente che ti spinga a tornare proprio in quel locale. Modi bruschi e sbrigativi. Sarà una questione caratteriale.

Il risentimento muscolare della Talpa non era così grave da lasciar a casa gli scarponi.
Con tanto entusiasmo si parte alla volta del Monte Gorzano (m 2.458), la cima più alta dei Monti della Laga e vetta più alta del Lazio. Il trekkarolo normale è solito lasciare l’auto al parcheggio del Sacro Cuore (m 1.384) e poi indossare gli scarponi. Il trekkarolo anomalo, invece, parcheggia nella frazione di Preta e cammina un po’ di più (tanto per giustificare l’amatriciana della sera).

Cielo azzurro, temperatura ideale, si lascia la bella faggeta e ci si inizia ad inerpicare, seguiti da un gruppo di mucchette abituate all’alta quota. In prossimità dello stazzo del Gorzano troviamo anche un nutrito gruppo di cavalli; il tempo di una pausa, qualche foto e si riparte. Un cielo così azzurro che sembra impossibile possa iniziar a tuonare. “Dici che quei nuvoloni lì dietro siano pericolosi?”. Neanche il tempo di finire la frase e arrivano le prime gocce. Neanche il tempo di indossare il kway e le gocce si trasformano in temporale. Dalla vetta ci separa almeno mezz’ora di cammino ma decidiamo di girare. Il sentiero si fa scivoloso e si rischia di cadere… “Ti sei fatto male?”
“Non è niente”, il coniuge mi liquida con un gesto noncurante.


Scendendo di quota, ci si lascia indietro i nuvoloni neri. Sguardo basso: la delusione per non aver raggiunto la vetta. Per consolarci, prendiamo la via delle cascate.

La sera, il “non è niente” del coniuge è diventato così.


E il giorno dopo così.



Per evidenti ragioni, il weekend è terminato un po’ prima del previsto.


La Talpa ha dormito qui e le è piaciuto molto. Certo si potrebbe fare di più. Tipo togliere un paio di ragnatele nel bagno. Che poi torneranno dopo un giorno, però dare un’occhiata prima che arrivino gli ospiti…
Poi se è stato progettato un balcone/terrazzo incantevole con delle grandi fioriere, sarebbe opportuno metterci dei fiori o delle piante e togliere quelle robe secche che sicuramente giacciono lì da un po’. Insomma, una maggiore cura in un luogo del genere, aiuterebbe. Anche per giustificare il prezzo pagato.
Qui abbiamo mangiato la famosa amatriciana. Luogo ampiamente pubblicizzato, amatriciana ottima, ma un po’ cara. A parte il primo, tutto il resto lasciava a desiderare. Non ci tornerei.

Qui invece abbiamo mangiato un antipasto straordinario (sostitutivo di un’abbondante cena) e, secondo il coniuge, della buona carne. Ottimo rapporto qualità/prezzo; certo se ti facessero usare il bancomat come indicato dalla vetrofania… Comunque ci tornerei volentieri.

6 commenti:

  1. Insomma, posto bellissimo ma ospitalità così così... anche dalle mie parti (lago Maggiore, sponda lombarda) è così, con la differenza che il cibo è generalmente mediocre.
    Certo che rompersi proprio quel dito...

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    1. Le tue parti le conosco pochissimo, sigh. A volte sembra che la Lombardia ruoti solo intorno a Milano.
      Qui cibo ottimo però l’atteggiamento…
      Il coniuge, beh, come dice Amanda, lo fanno….

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  2. Auguri per il dito del coniuge e per favore...NO! Che non diventino i Monti della Lega. Lasciamoli là dove di solito si incontrano, nel loro ambiente lumbàrd.

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    1. Così impara! Era dallo scorso anno che gli dicevo di dover ricomprare gli scarponi. La suola era diventata liscissima… infatti nel weekend andrà a ricomprarli. La caduta insegna.

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  3. i coniugi lo fanno, intendo di farti passare metà del tempo previsto per il weekend al PS pure il mio tre settimane fa :(

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    1. Ah, che sollievo leggerti! Mi fai sentire meno sola…

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