Sudafrica, 1994. Alla vigilia delle prime
elezioni democratiche che Mandela vincerà, la tensione monta tra le strade di
Triomf, quartiere di bianchi poveri della periferia di Johannesburg dove si
aggirano razzisti del National Party, testimoni di Geova e sfaccendati di ogni
genere.
A Triomf conducono la loro misera e, insieme,
esilarante esistenza i Benade: padre perennemente attaccato al televisore,
madre in perenne vestaglia, e figlio in perenne ricerca di una donna.
Attraverso le loro comiche vicende, Marlene van
Niekerk dipinge un memorabile affresco del Sudafrica e degli effetti
dell’apartheid sugli afrikaner, la popolazione di boeri bianchi che colonizzò
il paese al seguito della Compagnia Olandese delle Indie Orientali.
Romanzo annoverato tra i capolavori della
letteratura sudafricana contemporanea, Triomf ha fatto di Marlene van
Niekerk una delle grandi scrittrici contemporanee, degna di essere accostata a
scrittori del calibro di Nadine Gordimer e J.M. Coetzee.
Triomf, Marlene van Niekerk,
Traduzione di Laura Prandino
Neri Pozza, Le tavole d’oro.
Leggi una scheda
del genere, soppesi le poco più di 600 pagine e pensi che la Neri Pozza ti
abbia lanciato una sfida. “Avete voluto partecipare al bookclub? Bene,
sedicenti lettori, vediamo in quanti arriveranno fino alla fine…”
Troppo caldo questo luglio romano per andare in Sudafrica, troppo caldo per assistere senza batter ciglio alle violenze perpetrate tra le mura della famiglia Benade, troppa afa per sopportare la sporcizia, i cani ululanti, gli insulti, l’alcool bevuto come fosse acqua, tutti i tipi di discriminazione: gli uomini verso le donne, i bianchi verso i neri, la classe media verso i poveri, gli eterosessuali verso gli omosessuali. Troppa rabbia, troppa rassegnazione, troppo terrore.
Ho letto le prime 100 pagine senza capire che rapporto ci fosse tra i Benade: sono una moglie, un marito, uno zio e un figlio? Sono una sorella, due fratelli e un figlio? Figlio di chi? Una cosa è certa: tutti abusano di Mol, unica donna del nucleo familiare. La sua logora vestaglietta, i suoi 70 anni, le sue gambe flosce e la capsula dentale che si muove in continuazione non scoraggia nessuno. Tutti i maschi Benade pretendono di soddisfare le proprie esigenze e hanno bisogno di sentirla urlare fino allo sfinimento, fin quando non le si rompe qualcosa dentro. Non è violenza, non è stupro, è la quotidianità. È questa consapevolezza a paralizzarti e a rendere ancora più terribile ciò che stai leggendo. Tutti provengono da un’infanzia difficile: molestie, abitudine all'alcol, bruciature, occhi gonfi dalle botte ricevute. Contrariamente a quanto afferma il risvolto di copertina, non ho trovato traccia di comicità nelle vicende dei Benade; solo miseria, solo il senso di ingiustizia per essere una famiglia bianca povera in Sudafrica; una famiglia che dalla piccola proprietà terriera è passata al lavoro operaio nelle nascenti ferrovie e nell’industria tessile, per poi diventare il niente che vive in quella che fu la nera Sophiatown ma che aspira al Trionfo bianco. Così come Triomf non trionferà mai, non si prospetta nessun lieto fine per i Benade.
Troppo caldo questo luglio romano per andare in Sudafrica, troppo caldo per assistere senza batter ciglio alle violenze perpetrate tra le mura della famiglia Benade, troppa afa per sopportare la sporcizia, i cani ululanti, gli insulti, l’alcool bevuto come fosse acqua, tutti i tipi di discriminazione: gli uomini verso le donne, i bianchi verso i neri, la classe media verso i poveri, gli eterosessuali verso gli omosessuali. Troppa rabbia, troppa rassegnazione, troppo terrore.
Ho letto le prime 100 pagine senza capire che rapporto ci fosse tra i Benade: sono una moglie, un marito, uno zio e un figlio? Sono una sorella, due fratelli e un figlio? Figlio di chi? Una cosa è certa: tutti abusano di Mol, unica donna del nucleo familiare. La sua logora vestaglietta, i suoi 70 anni, le sue gambe flosce e la capsula dentale che si muove in continuazione non scoraggia nessuno. Tutti i maschi Benade pretendono di soddisfare le proprie esigenze e hanno bisogno di sentirla urlare fino allo sfinimento, fin quando non le si rompe qualcosa dentro. Non è violenza, non è stupro, è la quotidianità. È questa consapevolezza a paralizzarti e a rendere ancora più terribile ciò che stai leggendo. Tutti provengono da un’infanzia difficile: molestie, abitudine all'alcol, bruciature, occhi gonfi dalle botte ricevute. Contrariamente a quanto afferma il risvolto di copertina, non ho trovato traccia di comicità nelle vicende dei Benade; solo miseria, solo il senso di ingiustizia per essere una famiglia bianca povera in Sudafrica; una famiglia che dalla piccola proprietà terriera è passata al lavoro operaio nelle nascenti ferrovie e nell’industria tessile, per poi diventare il niente che vive in quella che fu la nera Sophiatown ma che aspira al Trionfo bianco. Così come Triomf non trionferà mai, non si prospetta nessun lieto fine per i Benade.
Difficile entrare
nel ritmo della scrittura, difficile accettare la psicologia dei personaggi.
Eppure dopo un po’ ci si quasi abitua a tanta violenza e si comincia a capire
la bravura dell’autrice, la sua ironia nel raccontare cose atroci; i rari
momenti di dolcezza spiccano come stelle alpine su pascoli sassosi.
Triomf è un libro cinematografico divenuto film nel 2009. Film che non penso sia stato distribuito in Italia, ma che comunque non guarderò mai, perché mi sono state sufficienti le scene viste sulla carta stampata.
Triomf è un libro cinematografico divenuto film nel 2009. Film che non penso sia stato distribuito in Italia, ma che comunque non guarderò mai, perché mi sono state sufficienti le scene viste sulla carta stampata.
Un libro complicato che forse venderà poco, ma devo riconoscere l’audacia della Neri Pozza nel decidere di pubblicarlo in Italia. Resta una di
quelle opere che non so giudicare. Per la prima volta in vita mia, io che non
sono mai stata in grado di leggere più libri contemporaneamente, ho avuto la
necessità di spezzare la lettura con qualcosa di più leggero. Non potevo
abbandonare Triomf ma avevo bisogno
di prendere aria. Mi fa male anche scriverne. Onestamente avrei difficoltà nel
consigliarne la lettura.
L'autrice di Triomf, Marlene van
Niekerk, nel 2015 è stata tra i finalisti del Man Booker International prize
(poi vinto dall’autore ungherese László Krasznahorkai).
Orpo! sicuramente non estivo
RispondiEliminaCapacità di sintesi straordinaria! Hai colto in pieno il mio pensiero. Però se sei una temeraria e ti piace il genere (ma deve piacerti parecchio)...
EliminaCosì tosto e anche così lungo... ecco, sinceramente non saprei...
RispondiEliminaChe poi magari è solo il mio punto di vista... Beh, la metà dei partecipanti al bookclub ha mollato il libro... no, ecco, magari non è solo il mio punto di vista...
EliminaAldilà della difficoltà del libro a tutto tondo, apprezzo come comunque lo hai presentato. Quando il troppo è spesso elencato in senso negativo, continuare ad essere oggettivi, (soprattutto dopo 600 pagine di sofferenze a queste temperature) non è facile. Qualcuno lo avrebbe molto più velocemente affrancato con un più stringato giudizio negativo e avrebbe chiuso il post. Qui, invece, questo non accade. A prescindere.
RispondiEliminaNon lo leggerò, ma il post, questo sì, l'ho apprezzato molto.
Grazie mia cara. Il tema è davvero interessante e, sinceramente, credo che l'autrice sia bravissima (per non parlare della traduzione. non credo sia facile tradurre il libro del genere), Insomma, volevo parlarne. Però, obiettivamente, non lo regalerei mai.
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