Di solito, arrivata a metà
dicembre, inizio a spulciare tra i libri letti nel corso dell’anno; seleziono
le mie letture migliori, cerco di capire se, alla fine, i libri letti sono
stati scelti a sentimento, rispondendo all’impulso del momento, o se, una volta
tanto, ho seguito un preciso filo conduttore (spoiler: mai. Se succede è per
puro caso). Raramente riesco a leggere almeno 1 terzo dei libri che avrei
voluto leggere; in genere snobbo i libri acquistati un’era fa e mi tuffo
nell’amore del momento. Ogni anno ripeto che non acquisterò più un libro finché
non avrò letto l’ultimo delle decine in attesa d’esser letti, ma poi me ne
dimentico dopo 3 giorni.
La novità di quest’anno è che non
scriverò vaghi quanto inutili propositi sull’acquistar meno: continuerò a
finanziare costantemente librerie e case editrici.
Al contrario di altri anni, il post
riepilogativo del mio anno in libri arriva in leggero ritardo, ma pazienza. Nel
2021 ho letto una quarantina di libri, per la maggior parte romanzi, tutti in
italiano, qualche audiolibro, qualche rilettura. Non ho usufruito del prestito
bibliotecario, ad eccezione di un prestito in digitale attraverso la
piattaforma Mlol. Sebbene l’ebookreader alleggerisca la vita del pendolare, il
mio supporto preferito resta il libro cartaceo. Tante letture diverse, ma anche
quest’anno sono rimasta soprattutto in Occidente. Molta Europa occidentale, un
po’ di USA, un po’ di Medioriente. Con stupore, ho realizzato di non aver letto
neanche un autore africano; nessun dubbio, invece, sul fatto che non ci fossero
autori dell’Estremo Oriente.
Se dal punto di vista quantitativo non
è stata un’annata eccezionale, dal punto di vista qualitativo è andata
benissimo. Tra le letture peggiori, solo un paio di titoli letti a causa del
torneo Robinson (sì, proprio quello dell’inserto culturale di Repubblica).
Ho partecipato due mesi e poi ho mollato. La vita è troppo breve per perder
tempo con testi che, per oscure ragioni, sono arrivati alla pubblicazione e,
per ragioni ancora più oscure, a un torneo letterario.
Ma per tornare al mio anno in
libri, per dirla in stile librinvaligia,
ho iniziato il 2021 con un viaggio in Siria. Ho ripercorso la complessa storia siriana dall’inizio del XX secolo fino al 2014, attraverso le parole di due giornaliste: Hala Kodmani, autrice di La Siria Promessa, e Samar Yazbeck, autrice del reportage di grande impatto emotivo Passaggi in Siria.
A marzo avevo nostalgia della luce
e degli spazi scandinavi (che peraltro conosco pochissimo, sicché non si spiega
tanto attaccamento), così sono partita con Dag Solstad e con le paturnie di T.Singer (tradotto dal norvegese da Maria Valeria D’Avino, edito da Iperborea),
un uomo che ha costruito la sua esistenza intorno all’idea di restare in
incognito, mimetizzandosi tra la folla fino a diventare un enigma per tutti.
“Se guarda al suo passato, lo trova
contraddistinto soprattutto da inquietudine, tendenza a fantasticare, debolezza
di carattere e progetti bruscamente interrotti. È possibile che agli occhi
degli altri il suo carattere appaia risolto e definito, ma lui si considera
indefinito, se non anonimo, e si preferisce così. Dovrebbe vergognarsi per
questo?”
Un romanzo amaro, rimuginatorio, ma
a tratti (pochi) divertente. Di quelli che ti fanno interrompere la lettura per
riflettere sul senso dei nostri gesti quotidiani.
A primavera inoltrata sono rimasta
in Italia, dedicandomi alla narrativa contemporanea nostrana che snobbo sempre.
Brevi spostamenti del week-end tra il lago di Bracciano della Caminito, la
Venezia di Giovanni Montanaro, la Roma delle famiglie bene degli anni Ottanta
di Teresa Ciabatti… Piacevole intrattenimento che tra qualche mese avrò già
dimenticato.
In estate, ho scelto mete più
impegnative tra Libano, Palestina e Israele. Sono partita con La quarta parete di Sorj Chalandon (tradotto dal francese da Silvia Turato, Keller
editore), un romanzo pazzesco che inizia sull’onda del Maggio francese e ha
come protagonisti il rivoluzionario Georges e il regista teatrale Sam, ebreo di
Salonicco che ha perso i genitori ad Auschwitz ed è sopravvissuto alle torture
dei colonnelli. Georges e Sam sono accomunati dall’amore per il teatro, e
quando Sam non ne avrà più le energie sarà Georges che si impegnerà a mettere
in scena l’Antigone di Anouilh nella Beirut devastata dai bombardamenti.
La quarta parete è un romanzo complesso che mescola il teatro alle
vicende della guerra israelo-palestinese e alla cosiddetta prima guerra del
Libano. Un romanzo di cui non ho compreso tutto (sul teatro non sono molto
preparata), impossibile da raccontare ma molto coinvolgente.
Non avendo voglia di andare via da
Beirut, mi sono lasciata ammaliare da La traduttrice di Rabih Alameddine
(tradotto dall’inglese da Licia Vighi, Bompiani).
Molto tempo fa cedetti
all’irrefrenabile passione per la parola scritta. La letteratura è la mia buca
nella sabbia. Lì dentro gioco, costruisco i miei fortini e i miei castelli, mi diverto
da matti. È il mondo al di fuori di quel box a crearmi qualche problema. Mi
sono adattata umilmente, sia pure in modo non convenzionale, a questo mondo visibile
per riuscire a ritirarmi senza troppo disturbo nel mio mondo interiore di
libri. Trasformando questa metafora arenosa, se la letteratura è la mia buca
nella sabbia, allora il mio mondo reale è la mia clessidra – una clessidra che
fa scorrere un granello alla volta. La letteratura mi dà vita, e la vita mi
uccide. Be’, la vita uccide tutti.
Aaliya, l’io narrante di questo
romanzo metaletterario, settantadue anni, capelli tinti di blu e un bicchiere
di vino rosso, ha incrementato a dismisura la wish list delle mie
letture future.
Durante la rivoluzione avevo capito
quanto fosse fragile la nostra esistenza e con quanta facilità tutto ciò che
chiamiamo casa, che ci dà un senso di identità e appartenenza può esserci
portato via. E ho capito che quello che mio padre mi aveva insegnato con
l’immaginazione era un modo per costruirmi una casa oltre i confini geografici
e la nazionalità, che nessuno potrà portarmi via.
A dicembre, c’è stato uno
straordinario viaggio nella biblioteca di J.P.Morgan attraverso la vita
romanzata di Belle da Costa Greene, direttrice della Morgan Library di NewYork, raccontata dalla scrittrice francese Alexandra Lapierre.
Belle, nata negli Stati Uniti nel
1879 da genitori afroamericani ma bianca di carnagione, decise di attraversare
la linea del colore nell’epoca in cui le persone di sangue miste erano
obbligate a dichiararsi nere in base alla regola dell’unica goccia di sangue
(di conseguenza, un solo antenato africano era sufficiente a far sì che tutta
la discendenza fosse di colore).
Farsi passare per bianco, pur
essendo ritenuto dalla legge vigente nero, era un reato gravissimo che poteva
portare alla forca. Ma Belle, alla nascita Belle Marion Greener, spinse parte
della sua famiglia a oltrepassare quel limite e a intraprendere la via del passing.
Non doveva mai più pensare sé
stessa come una donna nera. Mai più.
Sapeva esattamente cosa voleva
fare: lavorare tra i libri. A lei non serviva seguire corsi di cucito o
segretariato come le altre ragazze in attesa di diventare mogli. Diversamente
dalle sue coetanee non aveva nessuna intenzione di sposarsi.
Belle è una donna indipendente,
fuma, balla, adora la velocità, ha numerosi amanti, viaggia, è audace, alla
moda, indossa pantaloni e cappelli stravaganti ("Non è solo perché sono una
bibliotecaria che devo vestirmi da bibliotecaria!"). E lavora tantissimo. Belle
Greene non ha costruito solo una delle più importanti collezioni di manoscritti
e libri rari degli Stati Uniti, ma ha anche trasformato un’esclusiva collezione
privata in un’importante risorsa pubblica, dando vita a un ricco programma di
mostre, conferenze, pubblicazioni e servizi di ricerca che continua tutt’oggi.
Una donna stupefacente di cui
ignoravo l’esistenza. Per questa ragione, sebbene eccessivo nei toni e un po’
troppo melenso, ho apprezzato il romanzo di Alexandra Lapierre, Belle Greene
(tradotto dal francese da Alberto Bracci Testasecca, edito da e/o). Una lettura
godibile che s’inserisce nel filone del white
passing, raccontato dal cinema e dai
romanzi anche nel corso degli ultimi anni (basti pensare alla trasposizione cinematografica
del romanzo di Nella Larsen e al romanzo La
metà scomparsa di Brit Bennett, molto chiacchierato durante il 2021).
Per il 2022 non ha fatto
particolari progetti di lettura. Vorrei continuare ad esplorare terre lontane, dedicare
più tempo ai tanti, bellissimi (spero) libri accumulati nel corso degli anni, senza
mai dimenticare i classici.
E voi? Quali letture vi hanno
folgorato nel 2021?
Con La quarta parete mi hai affascinata. Io ho in casa un altro libro di Chalandon da leggere, che mi verrebbe voglia di prenderlo su ora (ma sto leggendo altro, come sempre...). Ci accomuna l'attrazione per il Medio Oriente, come saprai già, il mio libro più bello del 2021 è stato Bussola, che è un viaggio magnifico. Un abbraccio
RispondiEliminaCara Claudia,
Eliminaanche La quarta parete giaceva a casa da diverso tempo, poi è arrivato il momento giusto. È il primo libro di Chalandon che leggo; molto colto, molto raffinato ma chiede il suo tempo. Per intenderci, non è un libro che si legge bene sui mezzi pubblici: ha bisogno di attenzione. E credo che lo stesso discorso sia valido per Bussola. Che prima o poi dovrò leggere anch’io!
Un caro abbraccio a te.
Io mi sono segnata la Caminito per il 2022
RispondiEliminaBene, così poi mi dirai cosa ne pensi. Anche in questo caso, c’è chi l’ha osannata, chi ha detto che è sopravvalutata. Io mi pongo a metà strada; non è il romanzo della vita, ma ne ho apprezzato stile e scrittura. Anche la versione audiolibro non è male (però ne ho ascoltato solo una parte).
EliminaVediamo se questa volta il commento arriva a destinazione. Quello sul tuo viaggetto a Bologna si è perso, immagino di aver fatto qualche pasticcio. Dunque, cara Baba, abbiamo condiviso la lettura di Spillover, un testo la cui lettura imporrei a tutti🙂. Non solo per la sua chiarezza divulgativa, anche se molti punti restano a chi non sia della materia un po' oscuri, ma soprattutto perchè riesca a descrivere cosa sia la ricerca, come si faccia e quali disagi comporti per chi vi si è dedicato. Come sia il tutto molto complesso, alla faccia dei leoni da tastiera ... e qui mi fermo per non trascendere.
RispondiEliminaIn ogni caso, per i libri del 2021, dovendo scegliere, opterei per " Il suddito" di Heinrich Mann, romanzo potentissimo, tragico e grottesco; Due di Emanuele Tevi e la rilettura dell' Agnese va a morire di Renata Viganò. Ma quest' ultimo è tra i tuoi progetti di lettura, quindi aspetto il tuo post😉. Buona anno, Baba e buone cose.
Cara Renza, che bello leggerti! Mi spiace che il tuo precedente commento si sia smarrito nell’etere. Una cosa che è capitata anche a me con altri blog amici e c’è sempre quella punta di delusione quando non si capisce cosa diamine sia andato storto.
EliminaAllora, Due vite di Trevi rientra tra le letture che avrei voluto fare. Se me lo consigli anche tu (e sai che dei tuoi pareri mi fido tantissimo), lo lascio nella lunga lista di ciò che vorrei leggere.
Sono andata a fare una breve ricerca sul romanzo di Heinrich Mann che non avevo mai sentito prima. Riesci sempre a fornirmi nuovi spunti di lettura. Confesso di conoscere pochissimo la letteratura tedesca e, con una certa vergogna, ammetto di non aver letto neppure le opere del più celebre fratello Thomas. Ebbene no, neppure i Buddenbrook. Spero che, a questo punto, non mi toglierai il saluto… Sii clemente.
Buon 2022 mia cara.