venerdì 4 maggio 2018

L'altra Praga


Andai a Praga nell’autunno del lontano 2005. Arrivai in autobus dalla Danimarca; una sorta di viaggio di lavoro, anche se il lavoro era una forma di volontariato internazionale. Faceva un freddo della miseria, alloggiammo tre/quattro giorni nelle campagne praghesi in mezzo al nulla e una mattina lasciammo la campagna per la città di K. Ricordo l’emozione nel camminare sul Karlův Most immerso nella nebbia, un violinista che suonava per abitudine o per piacere, certamente non per denaro, visto che il ponte era semideserto; ricordo i minuti trascorsi con il naso all’insù nella piazza della Città Vecchia (Staroměstské nàměsti) aspettando che scoccassero le 00 di non so più che ora per veder sbucare gli apostoli dalle finestrelle dell’orologio astronomico. Poi ricordo il terrore di smarrire i ragazzini che mi erano stati affidati. Quindi, di Praga non mi rimase più nulla, se non il desiderio di tornarci.

Ho atteso parecchi anni prima di organizzare questo viaggetto scegliendo una data infelice: un bel ponte del Primo Maggio, in cui i datori di lavoro non hanno nulla da eccepire di fronte a un paio di giorni di ferie. Peccato che mezza Europa approfitti degli stessi due giorni per lasciare il caos della quotidianità e per immergersi nel bagno di turisti che invade le più belle città a portata di voli low cost.
Lo shock di ritrovarmi in un luogo così turistico è stato forte. Me l’aspettavo cambiata; sapevo che era diventata una meta molto ambita, ma non credevo di trovare una marea di gente in uno spazio relativamente piccolo. Quindi, non starò qui a parlarvi della Praga magica di cui si legge in giro, sebbene anche questa volta abbia trascorso più tempo con il naso all’insù che con la mente rivolta all’ipotetico borseggiatore di turno.
Di questo viaggio non dimenticherò:
- il quartiere ebraico di Josefov. Niente che somigli alle foto in bianco e nero presenti nella sinagoga Maisel o in altri musei della città, ma resta una zona particolare, con interessanti edifici Art Nouveau. Le sinagoghe sono tutte visitabili ad eccezione della Vysoka, recentemente riconsacrata al culto. La più nota resta la Staronová synagoga (Vecchia-Nuova, chiamata “Nuova” perché all’epoca della sua costruzione, nel 1270, ce n’era un’altra; cambiò il nome in Vecchia-Nuova quando venne sostituita da una nuova sinagoga nel XVI secolo). È la sinagoga più antica d’Europa, ma mi ha emozionato meno della sinagoga Pinkas, trasformata dopo la Seconda guerra mondiale in monumento ebraico alle vittime del nazismo. 

Le pareti sono ricoperte da nomi, date di nascita e di morte delle quasi 80.000 vittime delle persecuzioni naziste. Durante la guerra dei Sei giorni, il Governo comunista fece rimbiancare le pareti, riportate allo stato originario solo alla fine del Novecento.
Ancora con il magone di fronte a tutti quei nomi, salgo al piano superiore dove è stato allestito un piccolo Museo dedicato ai disegni fatti dai bambini nel campo di Terezín. Disegni a colori, in bianco e nero, alcuni sofisticati, altri molto elementari; buona parte delle immagini rappresenta la vita all’interno del campo; qua è là, la raffigurazione dei carcerieri con volti semisorridenti. Strazianti. Dopo il 1944 di quei giovani artisti è rimasto ben poco. 

Altrettanto commovente l’esposizione situata al primo piano della Sinagoga Spagnola (stile moresco, stucchi dorati, decine di stelle di David orientaleggianti); qui viene illustrata la storia della comunità ebraica boema e morava dal XVIII secolo al dopoguerra. Le testimonianze delle restrizioni operate dai nazisti, le liste degli oggetti requisiti, le foto dell’epoca ricostruiscono con chiarezza pagine terribili della storia del Novecento.

Se si decide di dedicare una mezza giornata alla visita di tutte le sinagoghe si avrà un buon quadro della cultura, delle tradizioni e delle vicissitudini storiche che hanno caratterizzato la vita del ghetto di Praga dalla sua origine agli anni più recenti. Imperdibile la visita all’antico cimitero ebraico

Lapidi disposte in modo disordinato, iscrizioni sulle tombe ormai cancellate dal trascorrere degli anni; pietre inclinate le une sulle altre eppure miracolosamente in equilibrio; qualche sassolino lasciato sulle tombe a mo’ di preghiera dai tanti visitatori. Molti turisti, ma l’atmosfera del luogo è tale da far tacere anche chi aveva sghignazzato fino a due secondi prima di entrare.
- Il museo di Franz Kafka. Foto, lettere, corrispondenza commerciale, passaporti, visti, certificati medici, schizzi, un filmato che proietta immagini in bianco e nero di una Praga distorta, sfocata, in continuo movimento. 
Il sottofondo sonoro è martellante, cupo, malinconico. Non se ne esce rappacificati con il mondo e non so neppure fino a che punto Kafka avrebbe approvato; comunque, io ho apprezzato molto questa full immersion nell’universo kafkiano.
Un ulteriore stimolo per leggere opere mai sfogliate e per rileggere quei romanzi di Kafka che anni fa mi avevano lasciato perplessa.
In generale i turisti dedicano poca attenzione a questo museo. Preferiscono fermarsi sulla piazzetta antistante l’ingresso per fotografare la curiosa creazione di David Černý: le statue di due uomini che urinano dentro una vaschetta avente la forma della Repubblica Ceca. Mi sfugge totalmente il senso dell’opera; capisco ancor meno il perché di tante foto. Ma è colpa mia: ho un problema con l’arte contemporanea. Negli spazi del Rudolfinum (sede della Filarmonica ceca), per dire, c’era l’installazione di tal Mat Collishaw. L’ho visitata per caso (ero entrata nel Rudolfinum per acquistare il biglietto per un concerto) e ancora mi chiedo cosa avessero da commentare quei ragazzi che osservavano la rappresentazione di due toast smangiucchiati ai lati, sovrapposti, contenenti entrambi prosciutto cotto. Un’altra forma di natura morta.  


- La rapida visita al Klementinum e alla sua biblioteca in stile barocco. È possibile visitare il complesso museale solo attraverso una visita guidata che dovrebbe durare 45 minuti. In realtà, la visita è durata pochissimo; la biblioteca s’intravede affacciandosi dalla porta aperta e alternandosi con le altre 15/20 persone del gruppo. Poi ci si inerpica su una scaletta (e credo sia venuto a tutti qualche dubbio sulla messa in sicurezza del luogo) per visitare la torre astronomica e, arrivati in cima, restare senza fiato davanti all’incantevole panorama sulla città.
- Il mio primo assenzio, sorseggiato in una rilassante Absintherie, con tanto di taccuino alla mano. La triste consapevolezza che non basta un distillato ad alta gradazione alcolica per trasformarsi in un Hemingway.
- I ragazzi davanti al muro di John Lennon, diventato semplicemente un muro coloratissimo, mentre intonano Imagine

Intanto i commercianti approfittano della popolarità del luogo per aprire un ristorante a tema.

- Uscire da Yellow submarine e imbattersi in un coro che canta a cappella Oh Happy day! il Primo Maggio sulle rive della Moldava. Applauditissimi. Mah…
- La sproporzione tra il costo dei biglietti per visitare le attrazioni della città e il costo medio per una buona cena. Circa 13 euro per l’audioguida che illustra la storia del Castello (€ 13 che si aggiungono ai 10 euro del biglietto) contro gli scarsi 8 euro, mancia inclusa, per un pasto abbondante.
Capitolo mance: stando a quanto sostiene la guida Routard, la mancia viene lasciata solo per compensare i bassi salari dei camerieri (come da noi, per intenderci). Di fatto, in alcuni locali, ci siam visti presentare un conto con un timbro apposto in rosso in cui si specificava che normalmente si aggiunge il 10% al totale del conto, e il cameriere di turno diventava improvvisamente loquace e gentile nello spiegarci che bisognava pagare il servizio (il cui costo non viene riportato nel menù).
Dei praghesi non ricorderò la cordialità: ruvidi, di poche parole e ancor meno sorrisi.

Poi ci son state le passeggiate senza meta tra le vie del quartiere Malá Strana, la riposante birretta sull’isola di Kampa dopo aver camminato uno sproposito, le ultime pagine di Una solitudine troppo rumorosa immersa nel verde della collina di Petřín.

Nonostante la moltitudine molto rumorosa dei giorni praghesi e nonostante il cielo azzurissimo, questo viaggio mi ha lasciato una malinconia che non riesco a spiccicarmi di dosso. Colpa di Kafka e Hrabal? Di quelle piazzette in cui capiti per caso e che ancora conservano la magia della Praga d’oro?
Chissà…


Altre due care amiche hanno raccontato la loro Praga letteraria e fisica qui e qui.
Qui, invece, si può ripercorrere la Praga di Franz Kafka.
I nostalgici delle librerie di seconda mano in stile Shakespeare and Company parigina ne troveranno una molto accogliente nel quartiere di Malá Strana, a due passi dal Franz Kafka Museum. 

  

10 commenti:

  1. Ah ecco perché!! Gli altarini praghesi vengono fuori! Bel post mia cara <3
    Simona

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    1. E con la Saba non c'eravamo neppure messe d'accordo!

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  2. Che posto magnifico, mi piacerebbe poterlo visitare un giorno.
    Complimenti per le foto!

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    1. Grazie! Le foto sono state gentilmente concesse dal coniuge (che ne rivendica i diritti!).

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    2. Il coniuge non rivendica.....condivide!!!!!

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  3. http://tiffanyestate.blogspot.it/2009/06/amanda-ci-fa-da-guida-praga.html?m=1

    http://tiffanyestate.blogspot.it/2010/06/civilta.html?m=1




    http://tiffanyestate.blogspot.it/2010/05/josefov.html?m=1

    http://tiffanyestate.blogspot.it/2010/06/pictures-at-exhibition.html?m=1

    http://tiffanyestate.blogspot.it/2010/05/cielo-grigio-su.html?m=1

    http://tiffanyestate.blogspot.it/2010/05/jungfrau.html?m=1

    Di Praga ho scritto in lungo ed in largo perché è una passione che data 39 anni, la prima volta che la vidi esisteva il muro di Berlino e a Piazza San Venceslao il lastricato era ancora annerito dove Jan Palach si immolò per protesta:era un altro mondo, antico e melanconico

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    1. Grazie Amanda per aver riportato i link del tuo precedente blog! Sono ritornata a Praga con te, sorridendo del fatto che non sono diventata completamente matta (un amico nei giorni scorsi sosteneva che Praga, oggi,non è poi così turistica e non è troppo diversa da quella del 1993. Io nel 93 ero al liceo, ma dubito fosse la stessa Praga di oggi).
      Mi hai fatto morir dal ridere scrivendo che "il turista deve vedere tutto in 3 giorni, né uno di più né uno di meno". Altro conoscente, prima che partissi, mi fa:"Guarda, Praga è bellissima ma dopo due giorni, onestamente, non sai più che fare. Quattro giorni sono un'esagerazione per quella città lì".
      Grazie ancora per aver condiviso qui i tuoi post.
      Un abbraccio.

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  4. Insomma, par di capire che tutto c'era tranne ...l'insostenibile leggerezza dell'essere umano (inteso come turista).
    ;-)
    Comunque fa piacere di leggere di luoghi insoliti, come la sinagoga spagnola. Vidi Praga nel 1993, per lavoro, quindi non potei visitarla, così ricordo solo la magia del ponte, alla luce notturna dei lampioni.

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    1. Ti suggerisco di dare un'occhiata anche ai link postati quassù da Amanda. Lei sì che ha avuto modo di conoscere la Praga magica!

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  5. Grazie per averci fatto conoscere un Praga diversa

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