giovedì 26 aprile 2018

Nemico, amico, amante… Alice Munro


La scelta del libro del mese per il gruppo di lettura della biblioteca di Ciampino non è mai facile. Bisogna valutare le proposte dei partecipanti, ma ci sono anche persone che non amano né proporre né votare. Preferiscono affidarsi alla coordinatrice, che sarei io. All’inizio non mi facevo troppe paturnie; pensavo ai libri che mi avevano colpito, a quelli che ben si sarebbero prestati a uno scambio di opinioni, controllavo il numero di copie presenti in biblioteca (è un gdl che ruota intorno alla biblioteca, quindi i partecipanti dovrebbero avvalersi del prestito bibliotecario e non del proprio portafogli) e deliberavo. Al massimo, lanciavo il sondaggio considerando 2/3 titoli diversi. Poi la partecipazione è aumentata a dismisura, i lettori sono diventati sempre più esigenti e la selezione è diventata sempre più ardua.
Mai letto una raccolta di racconti in due anni. Ho pensato fosse arrivato il momento di osare, utilizzando il salvagente Alice Munro: premiata con il Nobel nel 2013 come “maestra del racconto contemporaneo”, racconti ben costruiti, con protagoniste in cui potersi ritrovare. Perfetto per un gruppo costituito prevalentemente da donne. Com’è andata? Lo racconto qui.
Tra le diverse raccolte di racconti che ho letto della Munro, sono rimasta affezionata alla mia prima lettura, Nemico, amico, amante… Non so neppure spiegarne le ragioni, visto che, a distanza di nove anni, di quei racconti non ricordavo granché. Forse ad ammaliarmi era stato il piacere della scoperta: aver trovato al momento giusto qualcuno che sapesse parlare delle frustrazioni della quotidianità e che fosse stata in grado di trasformare pezzi della propria vita in una narrazione universalmente valida. Matrimoni che resistono nonostante la cappa opprimente a tavola, corteggiatori titubanti e smaniosi di un contatto fisico divenuti mariti risoluti e critici; piccoli tradimenti, frasi pensate e mai dette; una profonda solitudine anche quando, apparentemente, va tutto bene.
Diceva di amarlo, ed entro certi limiti era anche sincera, e voleva essere amata da lui, ma c’era un fievole ronzio di odio che accompagnava l’amore, quasi sempre. […]
Il patteggiamento era già in atto.
da Post and Beam
  

La rilettura è stata più lenta del primo approccio con il libro. Avevo ben in mente il primo matrimonio della scrittrice a vent’anni, che era stato sì un matrimonio d’amore ma anche una soluzione pratica per venir fuori dai problemi economici, terminare gli studi e consolidare il rapporto con ragazzo carino, Jim Munro, dal cognome migliore di quello di Alice (“Ho preso il suo nome e me lo sono tenuto perché è meglio del mio”); affascinato dalle passioni della giovane moglie, dal suo essere sempre persa in un libro o in una frase. Conoscevo le ristrettezze economiche vissute dalla scrittrice durante l’adolescenza, il suo pessimo rapporto con la matrigna, la prima occupazione del padre (allevatore di volpi argentate), abbandonata durante la seconda guerra mondiale quando era stato costretto ad accettare un lavoro in fabbrica. Conoscevo il rapporto della Munro con Vancouver, le motivazioni per le quali scriveva prevalentemente racconti (“Per via del mio lavoro da casalinga. Non ho mai avuto un anno in cui lavorare alla stessa cosa. Il mio lavoro era sempre interrotto. Non potevo nemmeno lontanamente pensare ad un romanzo”).
Insomma, pur non ricordando la trama dei racconti, sapevo cosa avrei trovato in quelle storie. Nella rilettura ormai mancava l’elemento sorpresa ed è stata meno appassionante della scoperta. Però, è rimasto intatto il piacere di poter osservare, di nuovo, la capacità della Munro nel delineare tutte le sfaccettature della personalità di una donna: la forza, la risolutezza, la paura di sbagliare, l’indecisione, la vulnerabilità, l’intelligenza che certi uomini confondono con la freddezza (è l’intelligenza a mantenerla fredda. Intelligente significa fredda per una donna), la vitalità, la solitudine, l’ironia, la capacità di stringere i denti e alzare la testa.
Magnifica traduzione di Susanna Basso che fa percepire la meticolosa scelta delle parole e l’amore incondizionato che la Munro riversa nella scrittura.
Film tratto dal racconto "The Bear Come over the Mountain"

Alice Munro, Nemico, amico, amante… (titolo originale Hateship, Friendship, Courtship, Loveship, Marriage), traduzione Susanna Basso, Einaudi, 2003.

7 commenti:

  1. Cara Baba, considerami in compagnia del tuo gruppo di Ciampino ( a proposito, molto bello quel blog da te curato). Anch' io non mi trovo con questa raccolta della Munro, la cui scrittura non mi attira. Un motivo, a mio parere, è comune a diverse scrittrici oltreoceano ( parere del tutto opinabile e certamente rozzo) ed è l' impressione, leggendo i loro scritti, di trovarmi di fronte a dei cataloghi. Come se tutte si ponessero pragmaticamente il problema di affrontare i molteplici casi della vita quasi da anatomopatologhe con perizia protocollare.
    Ciò detto - e l' ho detta grossa...- , non metterei da parte la tipologia " racconti", perchè sul mercato si trova diversa roba buona. Per esempio, I racconti di John Cheever, grandiosi. Oppure quelli di Bernard Malamud, alcuni dei quali piccoli gioielli. E non ci dimenticheremo di Čechov, vero? Un abbraccio.

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    1. Questi sono i momenti in cui vien fuori l'utilità del blog (in questo caso del doppio blog) e del gruppo di lettura. Non scherzo. Per misteriose ragioni, fino ad oggi avevo sempre incontrato lettori che mostravano grande entusiasmo per la Munro. Da entusiasta della Munro a mia volta, non ho mai avuto motivo d'andare oltre il mio punto di vista. Negli ultimi 15 giorni, invece, sono lì che ci rimugino su. L'altro ieri, per dire, osservavo una signora mentre leggeva "Una cosa che volevo dirti da un po'". Che faccio, lo prendo? Il tempo è sempre meno e i libri sono tanti. Forse prima di tornare alla Munro dovrei dedicare qualche ora a Malamud o a Cechov (come dimenticare il suo cappotto?)

      Grazie per esser passata di nuovo; è sempre un piacere leggere i tuoi commenti.

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  2. Mi pare che il racconto "Il cappotto" sia stato scritto da Gogol...

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    1. Ti pare benissimo. Sono io ad aver scritto una baggianata. Grazie per avermi corretto.

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  3. Ciao a tutte!

    La munro, come la tartt, sopravvalutata. Ultimo nobel davvero interessante, Doris Lessing, 11 anni fa. Gli altri poca roba o al massimo dignitosi, come Ishiguro e Dylan.

    Comunque "Una cosa che volevo dirti da un po'" rimane il migliore.

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    1. Sempre più in linea con il mio gruppo di lettura che castiga buona parte dei vincitori di Nobel e premi letterari di vario genere. Non posso dir molto della Tartt di cui non ho letto nulla, tantomeno il suo Cardellino.
      Io continuo a far parte delle estimatrici della Munro sebbene, alla lunga, abbia trovato un po' ripetitivi alcuni suoi racconti. Non so se fosse da premio Nobel ma non ho le competenze per potermi esporre.

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    2. Buonaserata a tutte!

      Il suo è un discorso molto interessante: è molto umile e saggio dire di non avere le competenze per poter esporre con criterio una qualsivoglia critica, e condivido l'onestà.
      Tuttavia, in questo caso specifico (Munro) e nella maggior parte dei nobel letterari dai primi anni 90 in poi (Nobel meritatissimo a Coetzee), il livello di competenze necessarie per poter valutare l'operato di uno scrittore o scrittrice si è ridotto, nella maggior parte dei casi. Non occorre avere decenni di esperienza "letteraria" sulle spalle per capire che la munro ha vinto il nobel perché sa scrivere (nella forma) e perché CONTINUA a scrivere. Ma ai contenuti, poca roba, e poco elaborata.
      Della tartt consiglio al massimo dio di illusioni, ma se si ha già altro da leggere, si può tranquillamente lasciar perdere.

      Grazie e buonaserata!

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