domenica 6 maggio 2018

La libertà di evadere. #BlogNotesMaggio


Tutto è iniziato il giorno in cui Pina, una delle signore del gruppo di lettura della biblioteca, mi chiama in disparte. “Faccio parte di un’associazione di volontariato che svolge diverse attività; ti andrebbe di avviare un progetto di lettura in un carcere della zona?”.
Nella mia vita precedente ho lavorato anche in contesti complessi, ma non avevo mai pensato ad un’esperienza di volontariato in carcere. Gestire un gruppo di lettura, poi. Dove? In carcere?
Ho pensato all’espressione di mio padre, semmai avessi deciso di parlargliene (“Quella gente non merita niente”, poi si sarebbe alzato per andar a fare cose più produttive di ciò che fa la figlia); ho pensato a quei crimini che mai e poi mai potrei perdonare a chicchessia. Poi ho riflettuto su vicende accadute in passato a persone a me molto care; a scelte sbagliate, ai tanti casi della vita. Ho pensato che forse non ne avevo le competenze né le capacità, che è facile coordinare un gruppo di lettori in biblioteca, gente che legge abitualmente, che ha la libertà di andare in un luogo frequentato da altri lettori, acquistare un libro, scaricarsi un ebook. Ma in carcere?
È cominciata così quest’esperienza, con tante domande e un lavoro su me stessa, sui miei dubbi, sulle mie paure.
Avevo un’idea molto cinematografica degli istituti penitenziari: luoghi di maltrattamenti fisici inauditi o, al contrario, luoghi di rinascita, dai quali si può uscire con una nuova identità: un diploma, una laurea, un corso di teatro, un’esperienza lavorativa in una cooperativa agricola, in un vigneto, nell’artigianato. Avevo letto articoli su esperienze che dimostravano la funzione rieducativa della pena; quelle sbarre non dovevano poi essere una cosa tanto difficile da sopportare. Ero anche convinta del fatto che in tutte le strutture penitenziarie italiane si adottassero gli stessi principi; ignoravo il ruolo fondamentale del direttore nell’organizzazione del carcere e le peculiarità di ciascuna sede. Ciò che vi racconterò, quindi, riguarda esclusivamente la Casa Circondariale di Velletri; magari Regina Coeli  o Rebibbia avranno tutt’altra gestione. 
Un passo dopo l’altro, ho iniziato a scoprire un mondo intricato come i suoi corridoi, in cui non riesco ancora a raccapezzarmi. È tutto un aprire e chiudere le sbarre, ogni corridoio sembra uguale all’altro.
Prima di quest’esperienza, scherzando, m’era capitato di dire che in fondo sarei andata volentieri in carcere per qualche mese: avrei finalmente avuto un sacco di tempo per leggere. Poi guardo la biblioteca: una stanzetta senza finestre, stipata di donazioni provenienti da scantinati e soffitte polverose. Ho bisogno di liberarmi della biblioteca ereditata dalla prozia, nessun libraio si sognerebbe mai di acquistare libri invendibili, faccio la mia buona azione della giornata e li regalo al carcere più vicino. Ci sono classici, narrativa contemporanea (Fabio Volo, Moccia e Wilburn Smith in gran quantità), ma anche testi sconosciuti in lingue oggettivamente poco diffuse sul territorio nazionale (cosa ci facciano libri in olandese in una Casa Circondariale dei Castelli Romani è un mistero su cui mi arrovello da quando li ho visti la prima volta). Ci sono tanti romanzi datati e sconosciuti: non li chiederà mai in prestito nessuno.
La biblioteca è all’interno del carcere, però i detenuti non possono accedervi. “Ovvio”, ha commentato qualcuno, “altrimenti non starebbero in carcere!” Sarà… 
Il metodo di istigazione alla lettura è molto efficace. Il detenuto dovrebbe decidere di aver voglia di leggere un libro; fare la richiesta allo scrivano (ossia il detenuto che si occupa di aiutare gli altri a preparare istanze, scrivere lettere e, nel nostro caso, portare la richiesta del prestito di un libro alla persona competente); quindi il detenuto con la funzione di bibliotecario verifica che il titolo in questione sia in biblioteca, lo dà allo scrivano che lo consegna al richiedente. Facile no?
Considerando i presupposti, l’idea di organizzare un gruppo di lettura, inteso in maniera classica (ciascun partecipante ha una copia del libro, lo legge autonomamente e poi se ne discute durante l’incontro), si è affiancata ad un piano B. Poiché i detenuti non possono andare in biblioteca, portiamo la biblioteca ai nostri incontri. Suggerisco titoli, parlo di altri libri, chiedo se abbiano letto qualcosa dall’ultimo incontro, condividiamo esperienze di lettura diverse.
Non è detto che all’incontro successivo troverò le 30 persone dell’incontro precedente; qualcuno viene solo per guadagnare punti che avvalorino la buona condotta, qualcuno non ha mai preso in mano un libro in vita sua e non pensa lo farà mai, ma ama le storie, gli piace sentirsele raccontare; qualcuno scrive racconti e ti chiede se tu sia interessato a leggerli; moltissimi scrivono poesie; tanti chiedono di poter leggere poesie d’amore. Qualcuno ha iniziato a leggere da quando è in carcere (“dall’ultima volta che sei venuta ad oggi, ho letto 4 libri, uno a settimana”), qualcuno non riesce più a leggere da quando è in carcere (“Prima leggevo tantissimo. Ora mi è impossibile. La tv sempre accesa, c’è sempre troppo rumore, non trovo il mio angolo, non riesco a concentrarmi”).
La televisione. I detenuti non possono andare in biblioteca, non ci sono libri nelle aree comuni, fino a qualche mese fa nessuno aveva pensato di mettere in piedi un sistema di prestito interbibliotecario tra l’istituto penitenziario e le biblioteche pubbliche locali (sebbene esista un protocollo d’intesa per la promozione e la gestione dei servizi di biblioteca negli istituti penitenziari italiani, sottoscritto dall’Associazione italiana biblioteche e dal Ministero della Giustizia), però c’è un televisore in ogni cella e un televisore in tutte le aree comuni. Il potere delle armi di distrazione di massa.
“Ora tu pensi che andando in carcere a promuovere la lettura, quei delinquenti diventeranno tutte brave persone, usciranno da lì e la prima cosa che faranno sarà andar a comprare un libro?”. Me l’hanno ripetuto in parecchi.
Ora io non penso niente, a cominciare dal fatto che la lettura ci renda persone migliori. Ogni volta che entro in auto, nel mio sabato galeotto, inizia la battaglia con l’inquietudine. Saranno le stesse persone della volta scorsa? Ma quel ragazzetto schivo cosa avrà combinato per esser lì? E quel signore tanto gentile che continua a ripetermi, quasi scusandosi, “Io non ero mai stato in carcere prima” , come a volersi distinguere dagli altri, che crimine avrà commesso? E io, che mi prendo la libertà di andare lì e farli evadere, raccontando storie altrui, sto facendo la cosa giusta?
Io non so se ci sia una cosa giusta, non so se un libro possa fare la differenza, non so se questo progetto si trasformerà in un programma stabile, se riusciremo mai a far diventare questo carcere un punto di prestito interbibliotecario; se una volta uscite, queste persone torneranno a delinquere o meno.
Ho una sola certezza: la pena, intesa come mera privazione della libertà, non serve a nulla. Restare anni in attesa di un processo, senza alcun rapporto con l’esterno, senza un lavoro, senza un sistema volto a mostrare delle alternative, non ti farà diventare una persona migliore. Non credo fosse questo il sistema di rieducazione del condannato che avevano in mente i nostri padri costituenti quando scrissero l’art. 27 della Costituzione.   
Ho impiegato molto tempo prima di decidermi a raccontare quest’esperienza e ho avuto difficoltà nel trovare le parole giuste (sempre che ci sia riuscita) perché quelle sbarre mi hanno destabilizzato, hanno rimesso in discussione ciò che fino a pochi mesi fa credevo essere punti fermi. Insomma, questo post mi è servito per rompere il ghiaccio e ringrazio il Maggio dei Libri e la blogger Simona Scravaglieri che mi hanno fornito il pretesto giusto per iniziare a parlarne. Non potevo tirarmi indietro di fronte al tema la Lettura come Libertà, sbaglio?
Ringrazio doppiamente gli organizzatori dell’evento e le case editrici Rizzoli, La Giuntina e Neri Pozza per aver accolto la mia richiesta e aver donato alcuni romanzi che nei prossimi giorni entreranno a far parte della biblioteca della casa circondariale. Romanzi che ho letto di recente e che credo potranno suscitare interesse e stimolare un vivace dibattito con i detenuti. Spero di potervene parlare presto.


Questo post rientra nel progetto #blognotesmaggio, sapientemente coordinato da Simona Scravaglieri (la donna a cui non sfugge neanche la più piccola della case editrici esistenti in Italia), che è riuscita a coinvolgere una ciurma di blogger e vlogger (gente strana che fa un sacco di video) che, neanche a dirlo, vi proporranno libri in tutte le salse. Gente che parla di libri tutto l’anno, ma che a maggio dà il meglio di sé. Sbirciare per credere:
Il grande capo, Simona Scravaglieri – LettureSconclusionate
Direttamente dalla Spagna, Nereia - Librangoloacuto
Erica – La leggivendola 
Francesca - Gli amabili libri 
La vlogger Selvaggia
La superlettrice Paola Sabatini special guest su LettureSconclusionate
Giada di Dada who? 
L'ideatrice di #BlogNotes (e di una marea di altre cose) Laura Ganzetti - Il tè tostato

11 commenti:

  1. So solo una cosa, devo capire come fare a regalare i libri della biblioteca dei miei che non riusciranno ad entrare in casa mia o di mia sorella ai Due Palazzi, prima non ci avevo pensato

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    1. Fidati: prima neanch'io avevo pensato a tante cose.
      Ho dato un'occhiata alle informazioni sulla Casa di reclusione di Padova. Sembra molto ben organizzata (ci sono 40 iscritti all'università e, suppongo, una convenzione con il polo universitario. Apparentemente sembrerebbe un passo avanti). Prova a contattare la Cooperativa Altracittà che gestisce con il volontariato la parte dedicata alla Biblioteca.
      Una cosa che ho capito (ma tutto sommato non era così difficile da capire) è che senza i volontari nelle strutture penitenziarie non si farebbe quasi nulla, a parte la mera reclusione. I fondi vengono tagliati giorno dopo giorno. La carenza di personale è cronica. Pochi soldi per gli educatori, pochi soldi anche per la sorveglianza. E quando sento certi politici proclamare che bisogna ripartire dalle carceri mi viene la pelle d'oca. Perché temo che il loro "ripartire" si discosti dai quei famosi principi costituzionali.

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    2. Beh ai Due Palazzi c'è un ottimo laboratorio di pasticceria,i detenuti fanno uno dei migliori panettoni d'Italia e fanno dei gelati artigianali altrettanto buoni che vengono venduti nella gelateria Giotto in centro

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  2. Post interessantissimo, (lo sapevo, lo sapevo...) e encomiabile questo movimento bloggante di maggio dei libri.

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    1. Te ne ho parlato fino allo sfinimento, eh?!
      Visto che gruppetto di blogger agguerriti? Attentissimi a date e scadenze. Sembrano sciocchezze queste cose che nascono in rete ma, fidati, richiedono organizzazione e lavoro. Forse più che appassionati, siamo tutti un po' matti.

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  3. Che belle queste tue parole. Non posso partecipare al progetto con te per ovvi motivi, ma sappi che tj appoggio. Sei stata coraggiosa, un abbraccio.

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    1. Grazie mia cara.
      Chissà come funzionano gli istituti penitenziari dalle tue parti (tranquilla, non voglio coinvolgerti in nulla! Pura curiosità).

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  4. Certo che hai trovato le parole giuste, come sempre, cara Baba. Hai saputo raccontarci le difficoltà e le contraddizioni di un' esperienza importante- per te e per chi la riceve- senza rinchiuderla in valutazioni enfatiche. Ogni volta che si incontra il dolore si provano sentimenti contrastanti che turbano l' equilibrio. Molte persone evitano questo incontro, altre lo affrontano con un' enfasi retorica che allontana più che avvicinare. Il dubbio, la titubanza ma la volontà di continuare sono, mi sembra, le reazioni più umane e più efficaci. Quindi, grazie per avercene parlato.

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    1. Grazie a te per queste sincere parole d'incoraggiamento.

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  5. Parole giuste per rendere conto di questa esperienza.
    Leggendo il suo post, ho pensato al bel romanzo di Rocco Carbone, Libera i miei nemici.
    Tanti auguri per una bella stagione dello scarponcino.
    Un saluto da Parigi.

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    1. Cita un libro che non conosco e che, a questo punto, dovrò procurarmi (il piacere di scambiarsi suggerimenti di lettura). Grazie per esser passata qui anche da Parigi. Città meravigliosa in cui leggere.

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