Le copertine dei libri editi da Astoria non passano inosservate.
Sono come una ragazza minuta, con il capello corto, un tubino e un paio di
scarpe rosse: elegante ma sbarazzina, una che non si prende troppo sul serio. Anche
gli autori pubblicati da Astoria sono spesso così: prevalentemente donne, spesso
inglesi, finte ingenue (quindi, apparentemente innocue), di quelle che ti
prendono in giro col sorriso, e tu nemmeno te ne accorgi.
Astoria ci ha abituati ad autrici del Novecento inglese, talvolta dimenticate dalla grande letteratura e a romanzi leggeri e divertenti. Per questa ragione sono rimasta così spiazzata dalla pubblicazione di Si può tornare indietro di Ada Murolo, scrittrice italiana e vivente.
L’ho acquistato subito perché ambientato a Trieste, salvo poi borbottare un «Ma sarai scema? Con tutti i Covacich e i Magris che devi ancora leggere, ti affidi ad una calabrese per tornare a Trieste?» Ma l’istinto non mi ha tradito.
Astoria ci ha abituati ad autrici del Novecento inglese, talvolta dimenticate dalla grande letteratura e a romanzi leggeri e divertenti. Per questa ragione sono rimasta così spiazzata dalla pubblicazione di Si può tornare indietro di Ada Murolo, scrittrice italiana e vivente.
L’ho acquistato subito perché ambientato a Trieste, salvo poi borbottare un «Ma sarai scema? Con tutti i Covacich e i Magris che devi ancora leggere, ti affidi ad una calabrese per tornare a Trieste?» Ma l’istinto non mi ha tradito.
Trieste, 4 novembre 1954. In Piazza Unità d’Italia, già Piazza
Grande, è tutto uno sventolio di bandiere tricolori; una folla allegra e
vestita a festa applaude al ritorno di Trieste all’Italia. In quella massa rumorosa,
gli occhi folli di Alina Rosenholz, una matta dal volto scavato, postura incurvata e il capo incassato nelle spalle, incrociano
il luccichio degli orecchini di Berta.
«I recìni de mia
mama».
E quegli orecchini, appartenuti appena dieci anni prima alla
madre di Alina, ci riportano indietro nel tempo.
Torniamo agli anni spensierati in cui, nonostante le leggi
razziali, la povertà, l’occupazione tedesca e l’ombra di San Sabba, Berta e
Alina, giovani, belle, amiche da sempre, passeggiano a Trieste tra le latterie,
i fiori delle fioraie di Ponterosso, via San Nicolò e Smolars, la cartoleria
più bella della città. Alina non trova imbarazzante la povertà di Berta, le sue
frivolezze, la bassa cultura. E Berta non ha mai dato ascolto a quel “giudìa”
con cui inizia ad esser apostrofata Alina. Non se n’è curata, né preoccupata;
in fondo la sua amica non è neppure segnata
in sinagoga. Ma tutto cambia e dieci anni possono portare due amiche ad
incrociarsi senza riuscire a riconoscersi.
Si può tornare indietro? Avrei aggiunto un punto interrogativo
al titolo di questo romanzo avvincente e poetico.
La assalì il
rimpianto per le sue scelte sbagliate e frettolose, ansiosi abbagli che avevano
spezzato il corso della sua vita che, anche se faticosa e difficile, era la sua
vita, con le proprie liturgie e le proprie sicurezze, i cui buoni effetti ormai
non avrebbero avuto la possibilità di venire alla luce, come semi tolti troppo presto
alla terra dal raspar ottuso di una gallina.
No se pol più tornar
indrìo, pensò e temette di non sopportar tutto questo.
Non è il solito romanzo sull’amicizia con l’aggiunta di una
storia d’amore. C’è anche questo ma in Non
si può tornare indietro c’è prima di tutto Trieste. Il suo mare, la bora,
il suo essere città di confine, la Risiera e le foibe, l’ospedale psichiatrico
San Giovanni e i matti. E poi ci sono le donne e le prime timide manifestazioni
d’indipendenza. Il tutto narrato con una lingua elegante ed evocativa. Le
ciacole, il còcolo, tàco – màco, il ciangottio, il
gloglottio, l’agucchiare e il vagolare non mi abbandoneranno presto.
Le parole che emergono dal passato, accavallandosi sconnesse
nella testa di Alina nelle pagine finali del romanzo, sono un capolavoro.
Da mettere in valigia per un nuovo viaggio a Trieste. Quando
conosci già la città, hai visto i caffè e passeggiato sul lungomare, rimandando
alla prossima volta la visita al museo della Risiera e una corsa sul tram di
Opicina che si arrampica sulle alture del Carso. Arrivata fin lassù, ti
fermerai in una delle tante osmizze e
leggerai qualche pagina di Non si può
tornare indietro bevendo vino locale. E ti sembrerà di tornare indietro nel
tempo.
Ada Murolo, Si può tornare indietro, Astoria, 2016.
Che bella lingua che usa Ada Murolo! Già solo per questo andrebbe letta.
RispondiEliminaEsatto. Per me è stata una bella scoperta. Mi son smarrita in qualche espressione triestina ma, se possiamo leggere Camilleri, perché non dovremmo leggere la Murolo?
Elimina