Mario Benedetti, Fondi di caffè
traduzione di Elisa Tramontin
La Nuova Frontiera, 2013
La mia famiglia traslocava di continuo. Perlomeno da quando ne ho memoria. Voglio specificare però che traslocavamo non perché ci sfrattassero o non pagassimo la pigione, bensì per altri motivi, magari più assurdi ma meno imbarazzanti”.
Il trasloco è una costante della mia esistenza da adulta. Non a
caso, fino a pochi anni fa, ho sempre preso in affitto appartamenti già arredati,
così da poter agevolmente racchiudere la mia vita in pochi scatoloni e
spostarla altrove. Ora che sono più stanziale (nell’ultimo trasloco abbiamo
acquistato dei mobili), il trasferimento mi terrorizza. Fatta questa premessa,
intuirete che con un incipit del genere, Fondi di caffè doveva essere mio.
Non avendo letto altro di Mario Benedetti (neppure La tregua, il
suo romanzo più noto), non so quanto sia stato saggio fare amicizia partendo da
questi ritagli di ricordi sparsi. Il passato è narrato dalla voce di Claudio,
alter ego di Benedetti, ossessionato dalle lancette degli orologi puntate sulle
3.10 e da tutti gli accadimenti che alle 3.10 del pomeriggio avrebbero potuto
cambiare la sua vita.
È un libro dominato dal fluire
del tempo: avverti il ticchettio delle ore nelle miriadi di orologi disegnati
da Claudio, negli addii agli amici che si ripetono ad ogni trasloco, nella
lotta interiore per stabilirsi nell’Aldiquà, cercando di lasciare alle spalle
il passato, nei ricordi a colori che svaniscono dagli occhi ciechi di Mateo. Il
tempo continua a scorrere, incurante degli appunti che il padre di Claudio si
ostina ad annotare.
Quando gli anni si accumulano cominci a essere consapevole che
il tempo passa in fretta e forse per questo motivo alimenti l’autoinganno che
scrivere di tutti i giorni piò essere un modo di frenare quella catastrofe. Non
la freni, ovviamente.
Fondi di caffè è una raccolta di frammenti di vita per lettori
senza fretta, di quelli che si soffermano a pensare all’odore caratteristico
che ciascuna casa emana, ai diari iniziati e presto interrotti, a rincorrere
inutilmente le sensazioni provate da bambini. Qualche volta ho sorriso, qualche volta sono tornata indietro per rileggere un pensiero poetico; altre volte ho sbadigliato. Se cercate una storia avvincente,
non la troverete tra queste pagine; ma magari vi verrà la curiosità di
approfondire l’amicizia con Benedetti. A me, almeno, è successo così.
E gli altri che ne pensano?
Qui un commento critico del terribile (ma bravissimo) Cornelio
Nepote.
Il foglio, invece, ne scrive una recensione invitante.
Io conosco solo le poesie non ho mai letto la sua prosa
RispondiEliminaLinguaggio molto poetico anche quando scrive in prosa. Nottetempo ha appena pubblicato "Chi di noi" ma, non avendo ancora letto "La tregua", credo che ripartirò da qui.
EliminaIo non ho mai traslocato in vita mia (non nella mia vita di adulta almeno)e l'unico trasferimento di casa della mia vita è iniziato quasi 5 mesi fa e mancano ancora parecchi vestiti nel mio armadio e decisamente troppi libri nella mia libreria! ;)
RispondiEliminaMi piace passare di qui e imbattermi sempre in qualcosa di nuovo.
Che bello ritrovarti!Guarda, ho affrontato tanti traslochi di casa e un solo trasloco d'ufficio, e ti garantisco che quest'ultimo è stato il peggiore. Ripulire l'archivio e scoprire con orrore che hanno mandato al macero lo scatolone sbagliato può farti venire una sincope.
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