Véronique Ovaldé è venuta in Italia il mese scorso. Ho letto
qualche articolo, ho ascoltato un’intervista e mi son detta To’ guarda!
Un’altra giovane autrice francese di cui non so nulla.
Mi son fermata davanti ad una pila di La sorella cattiva, ma poi
mi è caduto l’occhio su E il mio cuore trasparente. Zac!, portato a casa perché non puoi lasciare sullo scaffale un
libro che inizia così:
La moglie di Lancelot è morta stanotte.
Il giorno del loro primo incontro, quando le aveva detto, Mi
chiamo Lancelot, lui aveva assunto un’espressione davvero dispiaciuta,
un’espressione contrita che l’aveva conquistata. Lei gli aveva risposto, Ah
be’, non c’è problema, io ti chiamerò Paul. Poi era scoppiata a ridere quando lui
aveva aggiunto che il suo cognome era Rubinstein. Lancelot Rubinstein. Lui si
era sentito offeso e al tempo stesso affascinato dalla risata di sua moglie –
che non era ancora sua moglie. La sua risata rimbalzava, era una risata che
faceva piccoli saltelli su tutte le superfici lisce e riflettenti che si
trovavano intorno. Lancelot Rubinstein aveva pensato che da quel momento in poi
sarebbe stato un problema farne a meno. Gli faceva venire in mente una cosa
calda e lanosa.
Chissà com’è vivere con un uomo che associa la tua risata ad una
cosa calda e lanosa, che ti porta le fragole quando hai voglia di fragole, che
beve il tè bruciandosi coscienziosamente il palato, che ti ama in modo così
assoluto da non chiedersi cosa nascondano quegli strani viaggi mascherati da
reportage nei luoghi più disparati del mondo.
Lancelot – Paul fa il correttore di bozze; vive di parole,
prende tutto alla lettera e non sa che farsene del tempo che intercorre da una
bozza alla successiva. Non coltiva nessuna vita sociale perché gli dà l’idea di
una perdita di concentrazione; mangia in piedi il suo panino con i cetrioli,
contemplando i gatti che saltano da un ramo all’altro del cinnamomo, beve tè
verde e legge un giallo nel tempo libero (solo cose che non lo impegnino
troppo).
Irina è una donna dalla bellezza imbarazzante, con la pelle
liscia e senza profumo, e il rossetto perfetto Rouge de Rouge; va in giro
indossando vestiti praticamente trasparenti e calzando scarpe dai tacchi
vertiginosi. È vegetariana, animalista, un’attivista politica che si è data
parecchio da fare, anche se Lancelot ignora cosa ciò significhi. All’occorrenza
parla spagnolo, mandarino e chissà quale altra lingua; va a feste organizzate
da amici in due o tre camere di un centro sociale con i muri buttati giù a
mazzate.
E il mio cuore trasparente non è un thriller, anche se pagina
dopo pagina emergono dettagli più inquietanti sulla vita di Irina. Si vuol
scoprire cosa nasconda la sua morte, ma forse si resta affascinati dallo stile
più che dal mistero. Strada facendo il romanzo perde il mordente iniziale e il
ritmo della lettura rallenta. Si vorrebbe strattonare Lancelot, dargli un paio
di schiaffi e gettar via le miracolose pillole che attutiscono il dolore della
perdita ma lo allontanano sempre più dalla realtà.
Irina muore e Lancelot si accorge di non conoscere la donna che
ha amato incondizionatamente, al punto da assecondare ogni sua decisione.
Chi ho sposato? Come si può conoscere così male la persona con
cui si vive?
E la domanda continua a ronzarti nella testa a libro
finito.
Traduzione dal francese di Lorenza Pieri.
Van di moda i coniugi morti con i sopravvissuti che sbattono i denti su realtà inimmaginate
RispondiEliminaA volte mentre scrivo un post mi chiedo quale sarà il tuo commento. Non mi deludi mai.
EliminaLa Ovaldè ha uno stile interessante. Libro non eccelso ma credo che leggerò anche La sorella cattiva.
:D io annoto
EliminaQuesito finale altamente filosofico, che troppe volte ci si pone, anche nei riguardi di quel tempo che abbiamo sprecato a non ascoltare o a non fermarci di più a parlare con l'altro; sia esso il compagno o l'amico o il parente.
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