Io e Merritt
Tierce ci siamo incontrate per caso. Ho letto della BIGSUR, nuova collana delle
edizioni SUR, dedicata ai libri provenienti dal Nord America, ho letto di
questo nuovo romanzo che tanto è piaciuto a Martina Testa (ex direttrice
editoriale Minimum fax, attuale padrona di casa alla Sur, ma prima di tutto
traduttrice) e dell’iniziativa della casa editrice di aprire le porte ai
lettori. Mi sono incuriosita e ho acquistato Carne Viva.
Lo si
potrebbe liquidare in poche parole: è la storia di Marie, studentessa modello,
che a 17 anni resta incinta, e che un passo alla volta si trasforma in
un’efficiente e metodica cameriera, affascinante tossicodipendente,
autolesionista, pronta a fare sesso dappertutto e con chiunque. Vegetariana.
Non mi
son fatta abbindolare dallo “Splendido, devastante, assolutamente necessario”
del New York Times, piazzato in copertina. Però ho subito concordato sul
devastante.
A metà
libro, all’ennesima pippata, l’ennesimo pene grosso e duro, l’ennesima
bruciatura autoinferta, mi son data alle pulizie di casa. Non era più il libro
tosto che mi era sembrato nei primi capitoli, quando ogni atto carnale viene
servito con una coltellata al basso ventre.
Lo stato emotivo di Marie mi è ormai chiaro. Un’altra scena di sesso violento fa scemare la tensione e produce qualche sbadiglio. Continua a darla a chiunque per punirsi della buona moglie che non è stata e della buona madre che non sarebbe diventata. Continua a farsi fino a far sparire le iridi dagli occhi. Ancora una volta sguardi di sole pupille, vuoti e mortali.
Lo stato emotivo di Marie mi è ormai chiaro. Un’altra scena di sesso violento fa scemare la tensione e produce qualche sbadiglio. Continua a darla a chiunque per punirsi della buona moglie che non è stata e della buona madre che non sarebbe diventata. Continua a farsi fino a far sparire le iridi dagli occhi. Ancora una volta sguardi di sole pupille, vuoti e mortali.
Poi il
libro si riprende. Tra una performance sessuale e una striscia, Marie parla del
suo lavoro. E l’universo dei lavapiatti, baristi, aiuto camerieri, sous-chef, sfila davanti ai nostri occhi. Veniamo catturati dal ritmo frenetico che caratterizza la
ristorazione. Rivediamo la cameriera che ci serve il pranzo con il solito
sorriso e la frase spiritosa e non pensiamo alla fatica, alla precisione, alla
tensione che si nasconde dietro quel sorriso. Ce n’eravamo dimenticati. Ripensiamo
alla nostra vita precedente e ricordiamo le battute un po’ volgari e l’odore di
fritto che ci portavamo a casa quando, per pagare l’affitto, indossavamo una
divisa e servivamo nachos e una chicken caesar salad. No, niente hot fudge
brownie oggi. Però avrei gradito il solito tavolo laggiù, all’angolo. Se lo
ricordi la prossima volta.
Mi spiace
signora. È un errore imperdonabile, non so come sia potuto accadere.
Questo
mondo qui la Tierce lo narra in modo magistrale. Così come, magistralmente, cambia
registro quando parla di sua figlia e del suo ex marito. Una delicatezza che
non ti aspetti da una donna dalla prosa asciutta, diretta, senza fronzoli.
Il titolo
originale del romanzo è Love me back. Ma c’è tanta carne qui dentro. E tanto burro. Patate
burrose, carne impregnata di burro, odore burroso del collo, manzo di Kobe e Wagyu,
lombate di maiale; coltelli da bistecca e vesciche sulla pelle incisa, che si squaglia
come cera, e che il giorno successivo si trasformeranno in pus. Tanta carne per
una che è vegetariana, non per via degli animali, s’intende, ma perché mi fa
schifo avere della carne in bocca.
Se in un
romanzo cercate lirismo ed epifanie, resterete delusi. Se cercate uno spaccato
di Dallas, una critica al culto dell’apparenza e un modo estremo di affrontare
il tema della depressione post-parto, Carne viva potrebbe piacervi.
È un
romanzo a cui non so dare un giudizio di valore. Ho le idee meno chiare del New
York Times. Ma l’ultima pagina è notevole.
Traduzione di Martina Testa.
se una lettrice accanita come te a metà libro si dedica alle pulizie di casa....non so, troppa carne forse, di questi tempi poi che dicono che sia pure cancerogena
RispondiEliminaE non sono neppure una maniaca dell'igiene!!!
EliminaScherzi a parte, in rete troverai grande entusiasmo per questa giovane scrittrice. Ma si sa, ogni lettore è un universo a sè. Io non sono rimasta affascinata.
sì certo ho già letto articoli su questo libro, ma a dirla tutta nessuno mi ha fatto venire la voglia di spenderci soldi e soprattutto tempo
EliminaSul libro non so, per adesso sono in fase racconti e leggo solo racconti e racconti e racconti (ho aperti contemporaneamente Buzzati, Lydia Davis e Alice Munro, e devo dire che quello che leggo più volentieri è Buzzati), ma l'intervista a Martina Testa - che peraltro avevo già letto e dice cose che sapevo già - è proprio deprimente.
RispondiEliminaPensa che di Buzzati ho letto pochissimo e di Lydia Davis nulla. Grazie per gli spunti di lettura che la traduttrice elargisce!
EliminaCerto che passare dalla Munro alla Tierce la vedo complicata...
"Mai lasciarsi attrarre dalla fascetta, anche se il giudizio è di un autorevole quotidiano ..." Nel mio caso l'autorevole quotidiano era l'inglese The Guardian e il romanzo Il picco dell'avvoltoio. La fascetta: brutto affare per noi, buon affare per lo scrittore.
RispondiEliminaCondivido pienamente l'opinione sull'abuso di fascette. Sanno di fregatura anche quando il libro merita. Mi terrò lontano dal picco dell'avvoltoio. Invece, il corriere mi ha appena scaricato un bel pacchetto di libri usati, tra i quali c'è un certo Il guardiano invisibile... Ti farò sapere.
EliminaHai preso il guardiano invisibile??? Bene sono proprio contenta e non vedo l'ora di leggere la tua opinione!
EliminaQuesto libro e le sue tematiche sono così tanto sui generis che comprendo benissimo le sensazioni che ti hanno sviluppato. Io l'ho apprezzato molto, ad esempio (se ti va sul mio blog ne trovi una recensione), ma ho notato tra i miei commentatori chi invece nutriva sentimenti del tutto opposti. Persino una totale antipatia nei confronti di Marie. Insomma, al di là di ogni giudizio di valore possibile, è bello che un libro faccia parlare così variamente di sé. Significa che è in grado di colpire corde intime diverse in ognuno di noi.
RispondiEliminaA presto :)