I tipi della
Nera Pozza si son inventati una roba fighissima: un book club. “Hai visto la
novità…”, mi direte voi. Invece no, questa volta non è il solito pretesto per qualche reading
letterario, nè il gruppetto di persone che si riunisce per discettare su romanzi già pubblicati. No, no. Funziona così: la Neri Pozza ha messo insieme venti
persone, a prima vista abbastanza diverse l’una dall’altra (dal signore
distinto alla silenziosa ventenne che si guarda intorno con aria perplessa), fornisce
a ciascuno di loro una bozza definitiva di un libro che la casa editrice
pubblicherà nei prossimi mesi e chiede ai lettori il loro parere.
Il gruppo
romano si incontra una volta al mese in un luogo meraviglioso (la Casa delle Letterature), si mette intorno ad un tavolo e si confronta sul libro di
prossima pubblicazione. Essendo stato creato un blog ad hoc, il lettore è invitato a postare il suo commento e ad
esprimere educatamente il proprio pensiero. Sottolineo
entrambi i termini perché, mentre il direttore editoriale della Neri Pozza, Giuseppe
Russo, esponeva le motivazioni del book club
e disegnava il futuro del libro, io mi dicevo: “sì, vabbè, ma se a me questo libro che stanno
per darmi non piace neanche un po’, come faccio a dirlo liberamente?”.
Russo deve avermi letto nel pensiero perché ha pronunciato una frase che
suonava piùomeno così: “Cercate di essere obiettivi nei vostri commenti: non
esagerate con l’entusiasmo né con le
stroncature. I commenti devono essere liberi. Però siate educati nel motivare i
vostri non mi piace”.
Perché il
Neri Pozza Book Club? L’ottimista Russo ritiene che il criterio già adottato da alcune case editrici americane sia quello vincente: il piano di distribuzione del
libro dovrebbe partire dal fruitore. Mi spiego meglio: le case editrici dovrebbero
avere un gruppo di lettori affidabili e una cerchia di librai competenti a cui
sottoporre la lettura di un titolo di prossima pubblicazione. I riscontri ricevuti
da questo campione di lettori “specialisti” aiuterebbe la casa editrice a
pianificare la distribuzione del testo; inoltre, il sistema dovrebbe incentivare il meccanismo del passaparola e influire sulle vendite e sul successo dei libri
migliori.
Un discorso
razionale anche se non so quanto sia attuabile. Ma se a dirlo è un direttore
editoriale, un minimo di credito bisognerà pure darglielo, no?
Passiamo ai
primi compiti per casa. Trattasi di questo libro qui.
Premessa: dell’autrice,
Laura Kasischke, non sapevo nulla. Sentendone pronunciare il nome, ho pensato
che avesse origini russe. Dal suo sito
non emerge granché, se non che è nata nel Michigan, dove risiede con un figlio,
un marito e la figlia del marito. Nessuna traccia di figli adottivi. Osservazione
non casuale, visto che Un animo d’inverno
è tutto incentrato sulla relazione tra una madre (Holly, un passato da
aspirante poetessa tramutatosi in un presente di frustante lavoro impiegatizio)
e la quindicenne figlia adottiva, Tatiana, prelevata da uno sperduto
orfanotrofio siberiano, Pokrovka
Orphanage n. 2, all’età di due anni.
I fatti si
svolgono il giorno di Natale in un imprecisato anno 20… Gli eventi vengono intramezzati
da quello che gli inglesi chiamano stream
of consciousness, una sorta di monologo interiore di Holly in cui emergono tutti
i suoi conflitti irrisolti, emozioni, sentimenti, frustrazioni.
Mi è
piaciuto il libro? Nì.
La Kasischke
è una poetessa ed emerge anche nella bella traduzione di Maddalena Togliani. Alcune
descrizioni sono surreali, ma si resta incantanti dal suono delle parole e dalle
immagini che evocano (non riesco a togliermi davanti agli occhi l’ombra delle rose incappucciate sotto la
neve).
Ombre,
appunto. Sono disseminate in tutto il romanzo. L’autrice sa che niente spaventa
più delle ombre che ci portiamo dentro, dei desideri nascosti, dei fallimenti,
delle paure inconfessabili. Lo sa e utilizza i suoi pensieri – il monologo
interiore di Holly – per tenerci sulle spine fino all’ultima pagina (proprio l’ultima),
in cui si ricomporranno tutti i pezzi del romanzo. Ma, a mio parere, la tira un
po’ troppo per le lunghe, facendo venir meno la rivelazione finale. Da un certo
punto in poi, pur non capendo esattamente cosa stia avvenendo nella realtà, si
intuisce l’epilogo della storia. Indubbiamente resta un alone di mistero sull’intera
vicenda. Ma manca il brivido del colpo di scena.
E poi i
continui flashback, i numerosi richiami all’orfanotrofio, al periodo intercorso
tra la prima visita e la seconda, quella in cui i coniugi Clare porteranno
finalmente con sé la piccola Tatty negli Stati Uniti, le innumerevoli paranoie
sulla grandezza degli occhi e sulla lunghezza dei capelli della “regina delle
fate” finiscono con l’appesantire il romanzo.
Note a
margine:
Se vi piace
la narrativa contemporanea e il romanzo psicologico, apprezzerete Un animo d’inverno. Al contrario, se le elucubrazioni
mentali non fanno per voi, rischiate di fermarvi a metà romanzo e andare alle
ultime pagine solo per sapere come va a finire.
Il titolo
del romanzo è tratto da una bella poesia di Wallace Stevens, The Snow Man.
One must have a mind of winterTo regard the frost and the boughsOf the pine-trees crusted with snow; And have been cold a long timeTo behold the junipers shagged with ice,The spruces rough in the distant glitter […]
E come fa la Neri Pozzi a radunare il gruppo di venti lettori? su quali basi li sceglie? ci sono gruppi anche in altre città italiane? (ma quante domande! :D)
RispondiEliminaDunque, io sono iscritta alla newsletter della Neri Pozza e quest’estate in una della newsletter si dava pubblicità dell’iniziativa (su Roma). Gli interessati avrebbero dovuto inviare una mail ad un apposito indirizzo di posta elettronica, entro una certa data, dando qualche informazione personale (chi sei, quali libri della Neri Pozza hai letto, hai un blog, utilizzi i social network, cosa ti piace della casa editrice… robe così).
EliminaL’esperimento è nato a Milano qualche anno fa (3?? forse…) in collaborazione con la biblio Sormani. Ci sono altri gruppi simili, a Torino e Bologna se non vado errata. Trovo che la collaborazione tra case editrici e biblioteche sia molto stimolante. E poi l’idea che l’editore si impegni in prima persona a promuovere un dibattito tra i lettori intorno ai suoi libri, può solo aiutare a sviluppare maggior senso critico.
nei libri capita a volte se troppo elecubrazioni mentali personali dell'autore, si va alla fine del libro
RispondiEliminaEsatto. Sinceramente, non è stato il mio caso. Ho evitato accuratamente di sbirciare l’ultima pagina perché mi intrigano parecchio i meccanismi mentali che ci portano a riflettere e tormentarci sul “se avessi scelto x ora forse sarei/avrei/potrei…” Però non siamo tutti uguali. Il coniuge, ad esempio, si sarebbe spazientito a metà libro.
EliminaMi sembra un ottimo esperimento, una specie di mediazione tra l'ubriacatura finto-democratica nel nome del "la parola ai soli lettori" e la letteratura nel chiuso di premi già vinti e decisi in base a quote di produzione.
RispondiEliminaIl libro mi lascia perplessa, dalla tua descrizione, probabilmente anche come riflesso del tuo ni. Vediamo quando esce...
Hai ragione: non sono stata di manica larga, al contrario di altri lettori del gruppo che hanno lasciato commenti molto positivi. Però, ti confesso che, appena terminato il libro, ho preso in prestito il romanzo dell’autrice pubblicato in precedenza dalla Neri Pozza. Segno che lo stile della Kasischke non mi ha lasciato per niente indifferente. Farotti sapere.
EliminaMi piace molto l'idea, anche se non ho mai letto nulla di questa casa editrice...
RispondiEliminaEsperimento eccellente, che rivaluto mese dopo mese.
EliminaDunque, della casa editrice ti consiglio Manuale di danza del sonnambulo e “i privilegiati” di Dee (a me era piaciuto molto). Poi, se ti va di perderti nella saga di Patrick Melrose, I Melrose. Non ho letto il citatissimo La ragazza con l’orecchino di perla ed altre opere che hanno venduto parecchio…