mercoledì 24 agosto 2011

Austria - La partenza

Ci si era già rassegnati a trascorrere un altro anno di soli libri senza alcuna valigia. Qualche spesa in più da affrontare, il lavoro sempre un po’ precario e le entrate sempre un po’ incerte. Però rimanda oggi, rimanda domani, lavora anche il weekend, lavora anche la sera, a maggio ci sentivamo già così sgualciti da non riuscir a trovare il verso giusto per rimetterci in ordine. E il signor valigiesogni, tutto spiegazzato pure lui, ha deciso che quelle spese, in fondo, non erano così urgenti e che investire in sogni avrebbe reso il resto dell’anno più sopportabile. Ed io non me la sono sentita di contraddirlo. Poi, noi non s’ha mica bisogno di hotel di lusso e viaggio in prima classe per essere felici!

Da tempo il signor valigiesogni desiderava tornare a Vienna, luogo in cui aveva trascorso qualche mese ai tempi della tesi. Io in Austria non c’ero mai stata e temevo d’andarci, appartenendo a quel gruppo di stolti che, ad un certo punto della loro vita, hanno abbandonato il Conservatorio, smesso di studiare il pianoforte e accantonato la musica classica. Pentendosene.
I potenti mezzi della rete ci hanno permesso di programmare il nostro viaggio in una domenica pomeriggio, spendendo una cifra adeguata. Poi la quotidianità ci ha travolti e ci siamo trovati a tirar fuori i nostri gigazaini, come due adolescenti, senza neppure renderci conto che era arrivato il momento di partire.
S’è viaggiato in treno, con l’intercity notturno da Roma a Vienna. I panini con frittata e sottiletta, preparati per pulire il frigo prima della partenza, il treno affollato, i ragazzi americani che dormivano nei corridoi accucciati sui sacchi a pelo; gli innamorati fiorentini nel nostro scompartimento che bisbigliavano parole dolci e ridevano piano piano. Un caldo micidiale. Nella testa solo il desiderio di evasione, la voglia di camminare, guardare, scoprire se in Austria ci fossero davvero i favolosi caffè incontrati tra le pagine di Zweig, le atmosfere fumose venute fuori dalla penna di Lernet–Holenia, gli imponenti palazzi imperiali e le sfarzose sale da ballo immaginate ascoltando Strauss.
E anche qualche esitazione perché quando si idealizza un luogo si corre sempre il rischio di restarne delusi.

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