Si riprende il treno e ci si ferma a Villach; si girella per un po’ in attesa dell’intercity per Roma e lo sguardo è già più malinconico.
Arriva subito quel senso di straniamento che caratterizza i viaggi di ritorno.
Porto a casa quell’immagine del signor valigiesogni ed io, mano nella mano, nella nostra ultima serata salisburghese, che camminiamo al tramonto costeggiando il fiume Salzach. L’aria è tiepida e il panorama rilassante. Incontriamo tante persone in bicicletta: forse tornano a casa dal lavoro o magari vanno a cena fuori. Certo è che sembrano sereni nella loro quotidianità.
Ripenso alle nostre cene nei vari ostelli: noi due, la nostra stanzetta, le insalate acquistate al Billa e quel pane delizioso con i semi di sesamo e con tutti i cerali di cui neppure conosco il nome.
Ripenso ai pasti nei ristorantini locali. Il pretzel caldo e i piatti tipici.
Rivedo le serate trascorse leggendo, distesi, ciascuno con il proprio romanzo, senza la stanchezza che fa chiudere gli occhi o il lavoro da terminare per il giorno successivo.
Rivedo le serate trascorse leggendo, distesi, ciascuno con il proprio romanzo, senza la stanchezza che fa chiudere gli occhi o il lavoro da terminare per il giorno successivo.
E poi sento il suono del clavicembalo e il gusto di camminare, guardare, scrivere; separarsi, perché si son scelte mete diverse, e poi rincontrarsi e raccontarsi cosa si è visto.
Un viaggio lento, senza fretta alcuna. Il viaggio del tempo ritrovato.
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