mercoledì 24 agosto 2011

Austria – Vienna

Vienna ci ha accolto con un cielo autunnale, una leggera pioggerellina e un clima che ha spazzato via l’afa della notte trascorsa in treno. Primo ostacolo: la lingua. 
È colpa mia, lo confesso. Non sono mai riuscita a spiegarmi come fosse possibile che il Romanticismo e le opere di musica classica più intense e struggenti siano nate in paesi dalla lingua scontrosa come il tedesco. E sì che in molti sostengono che sia una lingua bellissima, un po’ ostica e complessa forse, ma pur sempre meravigliosa. Ecco, io a quei suoni senz’anima non mi sono mai riuscita ad avvicinare e così, per la prima volta, mi sono trovata in un luogo in cui leggevo le varie targhe sugli edifici senza capirne il significato. Va be’, saranno stati un “qui morì, nacque, si combatté, trascorse l’adolescenza…”; certo è che sono stata colta da un senso di smarrimento che mi ha accompagnato fino alla fine del viaggio. Inoltre, per qualche strana ragione, mi ero convinta del fatto che austriaci e tedeschi parlassero perfettamente l’inglese (perché, poi, avrebbero dovuto? Mica è obbligatorio?). Il senso di smarrimento, quindi, è andato aumentando di fronte allo sguardo perplesso di chi non capiva perché mai gli venissero poste domande in una lingua diversa dalla propria.  
Per fugare ogni dubbio: pur avendo compreso che conoscere un paio di parole nella lingua del luogo in cui si viaggia possa tornare utile, continuo a ritenere il tedesco spigoloso ed aspro.


Vienna. Potrei elencare e descrivere i luoghi visti, i musei, le ricche gallerie; potrei postare una serie di foto ed enumerare tutto ciò che avrei voluto visitare ma ho perso. Vienna è troppo immensa da percorrere in appena quattro giorni.
Il centro storico della città, dichiarato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, meriterebbe d’essere esplorato con calma, senza esser strattonati dalla marea di turisti (tantissimi italiani) che si affollano per entrare nelle costose boutique, dai visitatori che circondano i vari artisti di strada e che fanno la fila chiassosamente intorno ai chioschi di würstel. 
Ma questa è la Vienna prettamente turistica; se poi ci si sposta nei vicoli più periferici, in orari più insoliti, si trova anche la Vienna degli austriaci. Si incontrano beisl (l’equivalente delle nostre trattorie) dai nomi impronunciabili, gli odori sono più forti, le pareti sono rivestite di pannelli in legno, i tavoli e le sedie sono semplici. Si scrutano i clienti abituali, si indovinano le loro scelte e si cerca di imitarli, sennò si finisce per prendere la solita cotoletta (sebbene qui si chiami Wiener schnitzel) e si perdono dei gustosissimi knödel, così buoni da non riuscire a staccarsi dal piatto. 



L’imponenza dell’Hofburg, gli appartamenti di Stato, la ricostruzione delle stanze appartenute all’imperatore Francesco Giuseppe e a sua moglie, l’imperatrice Elisabetta di Baviera; i pezzi di vita raccontati da queste sale, da quelle ancora più eleganti dello Schloss Schönbrunn. Secoli di storia che oggi sembrano così irreali e distanti.
Sono rimasta ipnotizzata dalla figura di Francesco Giuseppe, dalle sue scrivanie, dal suo atteggiamento stoico nei confronti del lavoro (pare si alzasse ogni mattina alle 4.30 e sostenesse che bisognava lavorare fino allo sfinimento). Profondamente innamorato della superba Elisabetta, che per lui, sembra, non provasse la stessa passione; splendida donna, insofferente alla vita di corte e lungi dal somigliare alla Sissi romantica e sdolcinata, descritta dai numerosi film realizzati nel corso del Novecento. Un’altra figura di cui bisognerebbe leggere una buona biografia.


Vienna è la Musica.
Ritenuta da Mozart, che vi si trasferì fuggendo da Salisburgo, la città più bella e vivace del mondo, con i suoi teatri, il suo dinamismo, la sua capacità innovativa, venne scelta anche da Beethoven, vide nascere e morire Franz Peter Schubert, fu testimone degli incontri tra Haydn e Mozart, ospitò Bruckner, ispirò Johann Strauss (padre e figlio) e i più recenti (e a me poco noti) Berg, Schönberge e Webern.
Ecco, se io potessi fare un viaggio nel tempo sceglierei di andare in quella Vienna là, tra la seconda metà del Settecento e la fine dell’Ottocento. Perché per dar vita a simili Sinfonie, Opere, Quartetti, Concerti, Valzer, Marce… si doveva essere immersi in un’atmosfera straordinaria, dovevano esserci tali e tanti stimoli che la mia immaginazione non riesce a ricostruire.
Si va via da Vienna con la consapevolezza che nel corso del viaggio in Austria si incontreranno realtà diverse. Ci si porta dietro lo spirito di questa città elegante che oggi ti guarda dall’alto con fare altezzoso, che si apre a te, ostentando tutte le sue bellezze, senza però riuscire ad avvolgerti completamente.

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