È arrivato in libreria il 24 gennaio scorso. Dopo poche settimane se ne parlava già parecchio. Lo consigliavano librai e libraie indipendenti, lo suggerivano spacciatori vari di consigli di lettura su social e canali on line; La ricreazione è finita di Dario Ferrari, edito da Sellerio, è prontamente diventato libro del mese dei tanti gruppi di lettura in giro per l’Italia.
Ottimi motivi per uccidere il mio
interesse. Eppure, ogni volta che entravo in libreria, continuavo a ritrovarmelo
tra le mani. Così, mi sono diligentemente messa in fila per il prestito
bibliotecario, ma la coda andava per le lunghe. È andata a finire che l’ho
recuperato in digitale e me lo son portata dietro per una breve trasferta di
lavoro.
Non so dire perché m’incuriosisse tanto. So, però, che ho iniziato a
sorridere sin dall’incipit:
Ci sono decisioni che segnano la piega che prenderà tutta una vita, e io
finora quelle decisioni le ho sempre prese a caso. Se avessi dovuto scegliere
cinque minuti dopo, avrei potuto tranquillamente fare l’esatto contrario, e non
credo di aver affrontato nessuno snodo fondamentale della mia esistenza con una
pur remota forma di ponderatezza e in vista di un obiettivo a lungo (o anche
medio) termine. Tendenzialmente cerco di non muovermi, di procrastinare fino a quando
tutte le possibilità sono evaporate e posso finalmente tornare a crogiolarmi
nel mio bozzolo di inconcludenza. Oppure mi lascio trascinare dall’inerzia, e a
un certo punto mi trovo ad aver fatto qualcosa senza aver mai realmente deciso
di farla, cullato da una rassicurante bambagia di irresponsabilità.
Dario Ferrari racconta la storia di Marcello, trentenne viareggino, una
laurea in lettere conseguita senza fretta, un solido gruppo di amici
altrettanto inconcludenti e una fidanzata perfetta, inspiegabilmente attratta
da lui da anni. Giunto al giro di boa dei trent’anni, Marcello inizia a porsi
qualche interrogativo:
E più mi sento invecchiare e più all’orizzonte vedo stagliarsi la mia
personale versione dell’orologio biologico: l’immagine di mio padre che vuole
che io erediti il bar di famiglia. Io l’ho giurato a me stesso e a lui, nel
momento in cui ha mollato mia madre (e me, di conseguenza), che il bar Gori non
lo avrei preso nemmeno morto; e ormai è sempre più chiaro che lui sta
aspettando che il mio cadavere di laureato in Lettere gli scorra davanti per
potermi intrappolare e costringermi a perpetuare la sua micro-impresa
personale.
Per le strane vicende della vita, l’irresoluto Marcello vince un
dottorato di ricerca e si trova a scoprire un mondo ipercodificato, fatto di
ripicche, raccomandazioni, logiche lontane dalla meritocrazia, schemi pianificati
da baroni vecchi stampo. Un mondo
di merda, come riassume Carlo, un amico di Marcello, che però in quel mondo c’è
dentro da anni.
Marcello, sogna di sviluppare un progetto di ricerca di ampio respiro ma
su “suggerimento” del Chiarissimo professore Raffaele Sacrosanti si trova a
lavorare su un autore italiano minore, molto di nicchia, tal Tito Sella,
viareggino come lui. Così minore, così di nicchia che neppure il viareggino
Marcello ne ha mai sentito parlare.
Esco dall’ufficio che sono abbastanza esaltato. Appena fuori da Palazzo
Ricci, prendo il cellulare e googlo il nome di questo tizio che costituirà il
centro del mio lavoro per i prossimi tre anni.
Wikipedia: «Tito Sella (1953-1998) è stato un terrorista
italiano».
Entriamo quindi in un altro piano de La
ricreazione è finita, quello in cui Dario Ferrari, in modo ironico e a
tratti comico, ci racconta una vicenda di finzione, ma non irrealistica,
ambientata nel cosiddetto periodo degli Anni di Piombo. Lo fa con una sorta di
leggerezza, distante dal tono cupo con cui di solito si affrontano quegli anni.
Leggero ma non superficiale. Dal racconto di Ferrari, infatti, emerge la
sproporzione tra gli ideali alla base di uno dei tanti movimenti anarcoidi di
quel periodo e gli esiti disastrosi generati dalla fine della ricreazione. Leggi,
sorridi, ti sembra di vederle quelle scene. Quando chiudi il libro, ti restano
in testa e continui a rifletterci.
La ricreazione
è finita è un romanzo piacevole, ricco di
riferimenti letterari, che ben intreccia storie ed epoche diverse senza avere
la presunzione di imporsi quale capolavoro della narrativa italiana
contemporanea.
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