domenica 5 maggio 2019

La straniera, Claudia Durastanti


L’autobiografia, e quella di mia madre non fa eccezione, è la bastarda dei generi letterari, perché abbassa la soglia: è in mano a rifugiati, donne, disabili, sopravvissuti all’Olocausto, sopravvissuti a qualsiasi cosa. Anni fa parlavamo di noi stessi in terza persona su Facebook e ci pareva legittimo, narrativo, diventavamo personaggi senza che questo offendesse nessuno, poi siamo tornati all’io, al pubblicare in prima persona, ma l’idea di farci importanti in un’autobiografia pare sporca e torniamo a nutrire sospetto verso il genere, anche se contribuiamo a rafforzarlo e a renderlo collettivo ogni giorno. Un’esistenza può essere deviata dal corso di vari diari. A deviare la mia furono il diario di mia madre, quello di Laura Palmer e quello di Bronisław Malinowski, il padre dell’antropologia moderna.
 
Copia della Biblioteca di Frascati
In rete e sui quotidiani si trovano molte belle recensioni su La straniera di Claudia Durastanti. 35 anni, scrittrice traduttrice, accidental american: nata a Brooklyn da genitori italiani, tornata in Italia, a sei anni, in un paesino lucano in cui c’erano più capi di bestiame che persone, trasferitasi a Roma per studiare Antropologia alla Sapienza e poi emigrata a Londra nel 2011, dove vive attualmente.
Le belle recensioni parlano di una scrittura forte e abile, della ricchezza del vocabolario, dell’originalità nell’affrontare il presente e saperci ragionare sopra. Generalmente non leggo tanti romanzi italiani contemporanei (non perché sia una snob, come sostengono un paio di amici, ma perché spesso mi annoiano. Vabbe’, forse sono pure un po’ snob), però negli ultimi mesi ne ho presi in prestito più del solito. Non so se sia casuale questo desiderio di molti autori nostrani di parlare di sé, di raccontare sprazzi della propria esistenza anche quando la vita è così rocambolesca da trasformarsi facilmente in un romanzo. Lo è quella della Durastanti, non tanto per le sue continue migrazioni, quanto per esser figlia di genitori entrambi sordi, indisciplinati e anarchici, passionali e violenti. Personalità forti e ingombranti per una figlia che passa da un’infanzia e un’adolescenza solitaria ad una vita da adulta apparentemente libera da condizionamenti, come lo è stata quella di sua madre.
Un po’ memoir, un po’ romanzo, un po’ lessico familiare, diverse riflessioni e digressioni culturali sull’essere stranieri:
Possiamo fallire una storia d’amore, il rapporto con una madre. Ma quando una città ci respinge, quando non riusciamo a entrare nei suoi meccanismi più profondi e siamo sempre dall’altra parte del vetro, subentra una sensazione frustrata di merito, che può farsi malattia. Straniero è una parola bellissima, se nessuno ti costringe a esserlo; il resto del tempo, è solo il sinonimo di una mutilazione, e un colpo di pistola che ci siamo sparati da soli.

Claudia Durastanti sa raccontare; entri ed esci da stanze con bucce di mandarino sul divano e calzini di spugna anneriti dall’andare scalzi, finisci in soffitta a leggere decine di libri, marinando ripetutamente la scuola; cammini tra le strade di Londra, ripercorrendo le vicende di Mary Wollstonecraft, Mary Shelley e Anna Bolena.
La straniera è un libro scorrevole, scritto con una lingua elegante, un ricco vocabolario e diversi spunti di riflessione (a partire dai concetti di identità e appartenenza). Però non mi ha convinto. Gli ultimi capitoli, poi, mi hanno dato il colpo di grazia: molto filosofeggiare sull’amore e sulle vicende sentimentali dell’autrice che hanno fatto girare rapidamente le pagine per chiudere il libro e restituirlo alla biblioteca.


Con La straniera termina la mia breve e accidentale incursione tra i candidati al Premio Strega 2019. Tra i pochi titoli letti, voterei a favore di Addio fantasmi di Nadia Terranova (qui due righe sull’incontro del mio gruppo di lettura con l’autrice).
Ho apprezzato anche il poderoso e molto chiacchierato M. Il figlio del Secolo di Antonio Scurati. 
Certo, per pronunciarmi dovrei completare la lettura della dozzina, ma è tempo di voltar pagina e dedicarmi ad altro.

[Quassù, Partenze di Giampaolo Talani].

6 commenti:

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    1. Sarò pure snob ma 'sti romanzi "necessari" (per chi, poi?) li termino sempre a fatica.

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  2. De La nave di Teseo e dei suoi accoliti che scrivono recensioni ridondanti mi è bastata la sola "trappola" di D'Orrico su La Settima funzione del linguaggio. Recensione addirittura fatta a puntate sue due numeri di Sette, tanto da farmi persino sfiorare l'idea di una Recensopoli o Criticopoli o Tangentopoli di di critica letteraria.
    Ben hai fatto quindi a risparmiarti la spesa prendendolo a prestito, giacché l'editore oltre a pubblicizzare titoli e autori ridondanti, non disdegna applicare prezzi abbondanti.

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    1. Me ne ricordo bene, Nela furiosa!
      Di soldi per i libri ne spendo tanti, e lo sai, ma la mia nuova regola per le novità e la narrativa contemporanea più pubblicizzata prevede solo prestiti bibliotecari. Mai porre limiti alla curiosità ma in questo, come in altri casi, sarebbe stata una spesa superflua.

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  3. Ho appena preso "La straniera", attratta dall'origine lucana della scrittrice e dal titolo... io, in Basilicata sono "forestiera" da ben 13 anni!!! Ti saprò dire...

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    1. E tu, straniera in terra lucana, lo stai leggendo proprio quando è giunta voce della cinquina stregata. Sempre sul pezzo!
      Chissà se ti piacerà...

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