venerdì 8 dicembre 2017

I viaggi senz'auto, le Marche e due terranauti perdigiorno

Ho incontrato Paolo Merlini e Maurizio Silvestri, due terranauti perdigiorno, dopo essermi innamorata di Piazza Unità d’Italia. Ero nella fase in cui infilavo in borsa qualsiasi cosa contenesse la parola Trieste. Tipo questo libro qui.

Zac. In borsa.
Leggere la parte dedicata a Trieste, dopo aver conosciuto la città, è stato come tornarci con la compagnia giusta. Due con cui poter parlare senza arrossire.
Io detesto guidare, lo dico sempre a voce bassa, con le guance che diventano bordeaux. «E come fai?», è la domanda più frequente.
Be’, sì, sono costretta a prendere l’auto per andare a lavoro e per alcune incombenze quotidiane ma, soprattutto per i miei viaggi, utilizzo il treno, i mezzi pubblici, le gambe, la bici… insomma, tutto il resto. «Davvero?» (sguardo sprezzante che oscilla tra il “povera sfigata” e “un’altra snob che vuole fare l’alternativa”). Fine della conversazione.
È che, alla guida, ho una tale ansia da non veder nulla di ciò che mi circonda, se non la strada. E che viaggio è quello in cui non vedi cosa c’è dal punto A al punto B? Tutto ciò per dire che nella collana i viaggi senz’auto dei tipi di Exòrma mi sono sentita subito a casa. Anzi, in viaggio. 
Dopo averli conosciuti (virtualmente) a Trieste, ho iniziato a curiosare nelle biografie del Mau (Maurizio Silvestri) e dell’esperto di vie traverse (Paolo Merlini) per capire come riescano ad organizzare questi viaggi in coppia dai quali emergono sempre due viaggi diversi, come se non incontrassero le stesse persone, non salissero sugli stessi autobus, non vedessero gli stessi scorci. Scopro che sono entrambi marchigiani.
Le Marche, regione molteplice e frammentata, con accenti nettamente diversi (un abitante del Pesarese e uno del Piceno che a sentirli parlare sembrano provenire da due nazioni diverse e non vivere all’interno dei 200 chilometri che ritagliano le Marche), il lungomare affollato d’estate e i turisti che attraversano velocemente le piazze di Ascoli Piceno, Macerata, Pesaro, Urbino, senza mai avventurarsi verso le località meno note, solo perché fuori mano. Le Marche, regione di Verdicchio, Varnelli, vincisgrassi e brodetto di pesce; regione poco chiacchierata se non in occasione dei tragici eventi sismici, avvenuti successivamente alla pubblicazione di questo libro. Le Marche, territorio a me totalmente sconosciuto fino a pochi giorni fa. E ora un po’ più vicino.
Chi, come la sottoscritta e il Merlini, associa le 18 del venerdì sera al sabato del villaggio, ossia al momento in cui prendere lo zaino e correre verso la stazione fantasticando su cosa ti riserverà il biglietto ferroviario che hai in tasca, sa che la narrativa di viaggio va assunta con cautela. Talvolta si rivela così noiosa da farti cambiare destinazione. La forza di questo libro, invece, è che il terranauta potresti essere tu.
Il percorritore di vie traverse potrei essere io, ferma nella stazione di Calcineto, che appunto sul mio taccuino rosso “Mi sento bene”. Io che vagabondo con il pensiero fino a quando non arriva una telefonata dall’ufficio che mi riporta alla triste realtà.
Ascoli Piceno. Foto di Mario Dondero

Non c’è niente di troppo costruito in questa sorta di reportage: non vedo i panorami con i miei occhi, non assaporo il brodetto della Maria, non sento il profumo del tartufo (che io non tollero), non ascolto i tanti racconti dei marchigiani incontrati per strada, ma sono lì con gli scrittori terranauti. Sono lì che faccio e disfo due giorni a Fossombrone, su un’ansa della riva sinistra del Metauro. Chissà se anche a me ricorderà Bologna. Ma forse dovrei fare in modo di passare per l’irrequieta Jesi, perché voglio respirare anch’io l’atmosfera dei suoi vicoli bui. I luoghi di cui ci si innamora perdutamente senza averne visto un bel niente, come accadde al Mau, sono i più pericolosi. E poi voglio mangiare lo stocco all’anconitana per comprendere lo spirito di Ancona; arrivare fino al porto e vedere quel mare che non è la fine della strada ma soprattutto l’inizio del viaggio. E voglio fermarmi in ogni caffè centrale di ogni borgo, farmi un bianchino (vabbè, senza esagerare) e ascoltare i racconti degli sfaccendati che sono uguali a tutte le latitudini. Voglio capire se, come ha detto la mia amica qualche giorno fa, i marchigiani siano chiusi e scostanti con il visitatore o se, come ha detto Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia, il marchigiano tipico sia una sintesi di sobrietà, concretezza, equilibrio, con una giusta dose di ritrosia.
Arrivata al post-scriptum con la malinconia che caratterizza la fine di un bel viaggio, inizio a spulciare la bibliografia. Una paginetta ricca di stimoli. E il viaggio continua.
 
Maurizio Silvestri e Paolo Merlini. Foto di Mario Dondero


4 commenti:

  1. 1) ho la patente ma non la uso da trent'anni circa.
    2) la prima volta che visitai le Marche avevo dieci anni e Ancona era tutta un ponteggio, un cristo, una putrella a causa del terremoto del 72. I miei genitori erano innamorati dell'Italia centrale e non perdevano occasione per portarci a scoprirla
    3) mi innamorai definitivamente quando ci fu trasferito mio cognato per lavoro e ci nacquero le mie nipoti più grandi e si aprivano le finestre e all'orizzonte, con un mare di girasoli ai piedi, si vedeva il santuario di Loreto. E quei sapori di terra, di mare e quei colori e il profumo delle bimbe che mi dormono in braccio saranno per sempre nella mia anima
    4) non ho mai più visto mangiare così tanto assaporando lentamente innumerevoli portate pantagrueliche come sa fare la gente lì, lo slow food l'hanno inventato lì prima che Carlin Petrini ci mettesse il marchio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Amanda cara, noi due però dobbiamo incontrarci! Troppe cose in comune.
      Inizierò presto l'esplorazione delle Marche, anche se l'inverno, forse, non è la stagione migliore. E torneremo a parlarne.

      Elimina
  2. Da quando non viaggio più nel modo in cui facevo in passato, mi sono avvicinata alla letteratura di viaggio. Ecco qui un altro libro che metterò in lista per il prossimo "bottino delle letture", letture di geografie, naturalmente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un libro da acquolina in bocca. Ho pensato tantissimo ai racconti dell'amica C.mentre lo leggevo...

      Elimina

Il tuo commento sarà visibile dopo l'approvazione.