Il
Sogno Americano non esiste.
Esiste
la necessità di arrivare negli Stati Uniti e il mito di rimanere, anche se
resterai per sempre un alieno.
La
legge statunitense sull’immigrazione definisce nonresident aliens chi proviene da paesi diversi e ha l’ambizione
di ottenere una Green card. Se non intendi praticare la poligamia, se non sei
un comunista, se non hai frequentato paesi a maggioranza islamica o fatto parte
di una qualsiasi organizzazione che possa rappresentare una minaccia per gli
USA, e se riesci a superare indenne la snervante procedura burocratica che apre
le porte del paradiso, hai buone probabilità di passare dallo status di nonresident aliens a quello di resident
aliens. Resterai comunque un alieno (residente), ma non verrai rimosso (removable aliens).
Se
però sei un minore non accompagnato,
originario del Triangolo Nord
(Guatemala, Salvador, Honduras), che scappa dai maltrattamenti subiti nel
proprio paese, da pericolose bande
criminali, da storie di sfruttamento di vario tipo, la possibilità di
essere accolto negli Stati Uniti si riduce drasticamente.
Se
sei un minore originario del Messico o del Canda, per il solo fatto di
provenire da un paese confinante, sei rimovibile
a priori. Puoi anche fare a meno di partire, perché con buona probabilità
verrai espulso, anzi, tecnicamente opterai per il ritorno volontario al paese dal quale stavi scappando (solo che la
volontà non sarà la tua bensì quella del Presidente Bush, firmatario nel 2008 di
un emendamento assurdo, contenuto nella legge che dovrebbe proteggere le
vittime del traffico di esseri umani).
Prima
di leggere il libro di Valeria Luiselli, tutte
queste robe qui non le sapevo mica. Presa “dall’emergenza sbarchi” di casa
nostra, nauseata dalle dichiarazioni accaparravoto di destra, sinistra, centro
(qualsiasi cosa significhi oggi), istupidita dai criteri contenuti dal regolamento di Dublino e che disciplinano la richiesta d’asilo in Europa, non mi sono mai posta
troppe domande su cosa accada altrove. Che ce ne fossero almeno 40 di domande, racchiuse in un formulario da sottoporre a ragazzini
impauriti, che scappano dalla violenza sistematica di gruppi criminali, era per
me impensabile.
I
figli del Centro America fuggono dalle loro miserie saltando sulla Bestia (i treni merce che attraversano
il Messico); se sopravvivono, si consegnano spontaneamente alla Migra (la polizia di frontiera tra
Messico e USA) per poi passare in ghiacciaia, la hielera, il centro di detenzione in cui vengono internati per 72
ore (quando gli va bene) e in cui vengono sottoposti a raffiche d’aria gelida
per uccidere i microbi annidati nei loro corpi. Negli ultimi tempi, gli
itinerari seguiti dai migranti sono diventati più improvvisati ma non meno pericolosi.
Se
pensavamo di detenere il primato per i bruschi metodi di accoglienza che
riserviamo ai migranti, ci sbagliavamo. Va riconosciuto che gli Stati Uniti sbrigano
la pratica velocemente. In 21 giorni puoi esser sbattuto fuori dal confine
statunitense anche se hai 7 anni e nessuno da cui tornare.
Dal
2015 Valeria Luiselli lavora come interprete volontaria nel Tribunale Federale
dell’Immigrazione di New York. Rivolge ai piccoli migranti le 40 domande
previste dal formulario e poi traduce, o forse interpreta, le loro storie dallo
spagnolo all’inglese. Ascolta
decine di storie e, insieme agli altri volontari, fa da ponte tra i minori e il
sistema giudiziario americano. Interpreta le risposte enigmatiche dei ragazzini, trasformandole in argomenti validi a dimostrare che il minore è stato vittima
di violenza e che necessita di un avvocato. Solo a quel punto inizierà la
battaglia legale per ottenere il diritto d’asilo o il SIJ, uno status speciale
concesso agi immigrati minorenni.
Pur
non sapendo quasi mai come va a finire, Valeria Luiselli racconta un pezzo di
quella storia anche a noi, che restiamo attoniti, con il libro in mano e 40 domande
nella testa.
Raccontare storie non risolve nulla, non ricompone le vite
spezzate. Ma forse è un modo per comprendere ciò che è addirittura
inimmaginabile. […]
E sapevo che se non avessi scritto questa particolare storia non
avrebbe avuto senso tornare a scriverne qualunque altra.
Valeria Luiselli, Dimmi come va a finire (Tell me how it ends), trad. dall’inglese
Monica Pareschi, La Nuova Frontiera, 2017.
Ciao Baba,
RispondiEliminaieri ho ascoltato, collegata in radio, Valeria Luiselli durante la presentazione del suo romanzo "La storia dei miei denti" alla fiera Più Libri Più Liberi. Ha una voce limpida, è una persona profonda: ho provato tante emozioni ascoltandola parlare, perché misurata e insieme inesorabile ha messo a nudo una parte potenzialmente bruttissima dell'essere umano. Dev'essere illuminante leggerla, lo farò presto, sicuramente.
Ciao da Eva
Cioè, ha parlato di vari libri, di questo di cui scrivi tu e del prossimo, che dovrebbe essere quello di cui ho sentito io. Comunque, un gran bel parlare!
EliminaLa Luiselli è un'autrice con cui ti fermeresti a chiacchierare per ore. Abbiamo avuto l'opportunità d'incontrarla a colazione e la conversazione che ne è venuta fuori ha arricchito oltremodo la lettura dei suoi libri. Ho letto buona parte dei romanzi, molto diversi da questo libro qua. Negli altri, c'è sempre un senso di spaesamento, un non trovarsi mai nel luogo giusto.
EliminaDimmi come va a finire è un saggio; racconta la storia più silenziosa della migrazione, quella che si svolge all'interno dei tribunali; meno pericolosa dell'epopea del viaggio ma più frustrante (per alcuni versi, in realtà, più pericolosa del viaggio stesso, visto che le possibilità di espulsione sono piuttosto elevate).
Attulmente è tornata al romanzo ma il tema della narrazione restano i bambini immigrati.
Se posso darti un consiglio, non iniziare da La storia dei miei denti, magari parti da Carte false (geniale) o Volti nella folla.
Ci sarebbe da fare un'analisi su questi "soprannomi" (per dirla,eufemisticamente) che vengono dati a coloro che migrano in un altro paese. Ricordo,ad esempio che i lavoratori turchi, o italiani o portoghesi nell'allora Germania Ovest venivano chiamati Gastarbeiter ovvero lavoratori ospiti. Quella particolare accezione di "ospite" la diceva lunga sul concetto di quanto dovevano (o avrebbero dovuto) restare sul territorio secondo i Tedeschi...
RispondiEliminaBisognerebbe fare una sorta di saggio comparativo, per mettere insieme tutti i pezzi.
EliminaIn questo periodo, cara amica viaggiatrice, non riesco a staccarmi dal tema della migrazione. Devo fare qualcosa per staccare...
Tra i inizio di una storia e la fine c'è il racconto non è poco come in questo caso e come va a finire forse non è cosi interessante come il racconto
RispondiEliminaHo i brividi già dalla tua recensione, devo leggere assolutamente queste libro....
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