"Ritengo
ciò che faccio una forma superiore di letteratura […] Anch'io creo intrecci,
invento personaggi, ma invece di lasciarli chiusi in un libro, do loro vita, li
getto nella realtà".
Felix
Ventura termina la sua minestra di verdure mentre sfoglia attentamente il
giornale; ritaglia con cura tutto ciò che un giorno potrebbe tornargli utile e
archivia gli articoli insieme alla registrazione dell’ultimo telegiornale
ascoltato. Felix Ventura sostiene di fare il genealogista ma più che
ricostruire il passato lo contrabbanda. Fabbrica sogni, inventa genealogie,
costruisce un passato migliore per chi fugge da una realtà scomoda. Bussano alla
sua porta politici, giornalisti, professori, fotoreporter, ma in pochi hanno il
privilegio di poter ascoltare i suoi pensieri.
Le donne guardano con imbarazzo
la sua pelle così delicata, tutte tranne Ângela Lúcia: «È la prima volta che
bacio un albino». Ma Ângela Lúcia è una donna fuori dal comune: è pura luce;
riesce a mantenere viva una conversazione senza prendervi quasi mai parte.
Felix
Ventura ha un solo vero amico, Eulálio, un geco tigrato, ottimo ascoltatore,
dalla risata quasi umana, con una pessima pelle e l’avversione per il sole,
neanche fosse albino. Eulálio registra i racconti di Felix, va a trovarlo nei
sogni, cammina sui suoi libri, condivide l’amore per le parole arcaiche, quelle
destinate all’oblio. Ogni tanto, nelle loro conversazioni - vere o sognate,
chissà! - compare l’Angola, però nessuno
dei due prende Luanda troppo sul serio. La guerra civile è alle spalle, ma sono
successe così tante cose in questo paese da far ammattire le persone.
Luanda
è piena di persone che sembrano molto lucide e all’improvviso si mettono a
parlare lingue impossibili, o a piangere senza apparente motivo, o a ridere, o imprecare.
[…] Certi pensano di essere morti. Altri sono morti e nessuno ha ancora trovato
il coraggio di comunicarglielo. […] È una fiera di pazzi questa città; ci sono
in giro, per quelle strade in rovina, in tutte quelle bidonville, patologie che
non sono state neanche catalogate.
José Eduardo Agualusa, Il venditore di passati (O vendedor de passados),
traduzione dal portoghese (Angola) di Giorgio De Marchis, la Nuova frontiera,
2008.
Qui
un bel reportage per uscire dai sogni di Felix Ventura e immergersi nell'Angola dei nostri giorni.
José
Eduardo Agualusa è scrittore, giornalista e grande affabulatore. L’ho ascoltato
al Festivaletteratura di Mantova, a settembre scorso, in occasione della
presentazione del suo ultimo romanzo, Teoria
generale dell’oblio (tradotto da Romana Petri, edito da Neri Pozza).
L’autore
chiacchierava con Romana Petri dell’Angola, del colonialismo, della guerra
civile, del potere della scrittura. Quando gli è stato chiesto come nascono i
suoi romanzi ha sorriso:
"Quando inizio un romanzo ho solo un’idea della storia. Scrivo per sapere
come andrà a finire. Sono uno che sogna molto".
E Il venditore di passati ne è una dimostrazione.
"Scrivo per sapere come andrà a finire" .. Non male come motivazione:-)
RispondiEliminaVero? Ho trovato questo libro molto originale, poetico e divertente. Un intreccio che ti porta a voler sapere come andrà a finire ma, contemporaneamente, ti rimanda indietro per capire dove finisca il sogno e inizi la realtà. A me è piaciuto molto.
EliminaDi per sé, Il,venditore di passati è un titolo azzeccatissimo per la letteratura portoghese, che sempre guarda indietro, nostalgicamente, al suo defunto impero coloniale. Agualusa con Romana Petri deve essere stato un incontro interessantissimo. Quanto alla citazione sui due personaggi che quando conversano "non prendono Luanda troppo sul serio", anche questo beh, è un concetto curioso. I Portoghesi, attualmente, prendono tutto l'Angola molto sul serio, anche per via di certe commistioni finanziarie a livelli governativi non proprio regolari.
RispondiEliminaTi dirò, ero stata un po’ scettica proprio per la presenza di Romana Petri, talvolta troppo accentratrice. Invece è stata bravissima nel far emergere Agualusa e la sua scrittura.
EliminaPer quanto riguarda Luanda e l’Angola, non so bene come spiegarmi. Nel romanzo sai di essere in Angola, senti che c’è stata la guerra, ma è come se tutto ciò fosse una presenza impalpabile. Tra il sogno e la realtà. In generale, credo che i temi affrontati siano tipici della scrittura di Agualusa (e forse alla lunga potrebbero stancare), però, non avendo ancora letto altri suoi romanzi, questo qui m’è piaciuto parecchio.
Amo molto quelli che scrivono per sapere come andrà a finire
RispondiEliminaIo dico che Il venditore di passati potrebbe piacerti.
EliminaEhi, ma che bel libro! Se lo vedo il libreria lo compro, anche per addentrarmi un po' in un paese e in una letteratura che non conosco affatto.
RispondiEliminaPresente quei libri che ti aprono un mondo? Mi ero imbattuta nel contesto angolano per un piccolo lavoro (gratuito) di cooperazione allo sviluppo una quindicina di anni fa. Poi il progetto era naufragato, sono cambiate tante cose e l'Angola è morta lì. L'incontro con Agualusa ha riacceso la scintilla.
EliminaAnch'io quando scrivo un racconto lascio che sia lui a stabilire come andrà...
RispondiEliminaChe bella copertina!
Ah, quindi dici che funziona spesso così?
EliminaRomana Petri ha detto che, da traduttrice, si ha la netta percezione che i romanzi di Agualusa si scrivano da soli, senza una progettazione a tavolino. Che bello però. Io non ne sarei mai capace.
Sì, La nuova frontiera ha beccato la copertina giusta. Leggendo il romanzo si capisce anche il perché delle radici.
Purtroppo non sono riuscita ad andare all'incontro del Festivaletteratura, ma l'appuntamento con il suo romanzo non posso perdermelo.
RispondiEliminaEd io passerò a leggere il tuo punto di vista! Buona lettura.
Elimina