sabato 10 dicembre 2016

Gironzolando tra le storie di Più libri più liberi 2016


Mi avvicino al Palazzo dei Congressi con la presunzione di sapere già cosa troverò; Più libri più liberi è la fiera che conosco meglio, gli editori che seguo con più interesse, i soliti corridoi stretti, confusionari ma non soffocanti. Poi entro e puntualmente impiego mezza giornata per orientarmi. Se è un giorno di festa, alcuni stand sono inavvicinabili: c’è sempre crisi, in Italia continua a non leggere nessuno, eppure a giudicare dal numero di sacchetti e borsine colorate, la fiera della piccola editoria resta un’isola felice.
Di alcune case editrici s’è persa traccia, ne scopro un paio mai sentite prima, altre ancora stanno per lanciare le prime pubblicazioni (Black coffee). Penso alla marea di titoli che inondano le librerie. Ma servirà davvero una nuova casa editrice? Un’altra? 

Vins Gallico, nella duplice veste di autore (Final cut. L’amore non resiste, Fandango libri) e ufficio stampa della casa editrice romana L’orma, non ha esitazioni: “Pensa a quanti titoli sono stati scoperti grazie a piccole case editrici indipendenti. A noi che abbiamo rilanciato Annie Ernaux; a piccole scoperte come l’epistolario della Kuliscioff.” Già, la Kuliscioff, pensa a quanto sono ignorante io che fino al giorno della presentazione non sapevo chi fosse uno dei cervelli politici del socialismo italiano.
Pluralità è ricchezza e non frammentazione. Non è il numero di case editrici a spaventarci. Semmai il fatto che ci sia ancora una certa difficoltà nel fare rete”. Ne è convinta Cristina Pascotto, Safarà editore, giovane casa editrice obliqua, come il formato del libri pubblicati. “Le fiere sono fondamentali per noi editori. Ci confrontiamo con i nostri colleghi, scopriamo di avere problemi comuni, ci sentiamo meno soli. Per una piccola casa editrice partecipare ad una fiera è dispendioso ma ne vale la pena. Non a caso, abbiamo già deciso di andare a una marina di libri. È un progetto in cui crediamo molto”.


Superato l’effetto frullatore che mi prende nel saltare da uno stand all’altro, comincio a divertirmi, e rimetto in discussione i luoghi comuni che circondano i mestieri del libro.
L’editoria è passione. Lo puoi leggere negli occhi febbricitanti (in senso letterale) di Cristina Pascotto che, in barba all’influenza, continua a parlare del connubio tra narrativa e saggistica, delle tante voci da portare in Italia. “Com’è possibile che prima di noi nessuno abbia pensato di tradurre Lanark in italiano?”.

L’editoria è passione, te ne accorgi dagli occhi di Pietro Biancardi (Iperborea), che dopo 10 ore di fiera si illumina parlando del Viaggiatore di Stig Dagerman. “Non è il nostro libro più rappresentativo; non ha venduto come L’anno della lepre, ma lì dentro è racchiuso tutto l’esistenzialismo di Camus, i dubbi di ciascuno di noi, le ingiustizie della quotidianità. Un grande libro a cui sono molto affezionato". Ed io che ho conosciuto Iperborea proprio con Stig Dagerman, non posso che dargli ragione.
Se per scommettere sull’editoria bisogna esser folli, il connubio editore-libraio è pazzia pura. O forse una carta vincente. Ci crede Biancardi, socio della neonata libreria milanese Verso. Ne sono ancora più convinti Andrea Palombi e Ada Carpi, fondatori della casa editrice romana Nutrimenti, che due anni fa hanno aperto una libreria a Procida, con la convinzione di poter creare un modello complementare a quello delle librerie di catena.
Procida non è Milano: come può sopravvivere una libreria? Può. E può diventare un’occasione d’incontro tra gli abitanti; un luogo in cui i bambini, dopo una partita a pallone, possono entrare e sfogliare i libri. Siccome la creatività è la carta vincente, ci si può inventare un festival, tipo Procida racconta. Invitare sei autori, scegliere un cittadino procidano e scrivere sei racconti sulla sua storia. La quotidianità che diventa letteratura e la letteratura che torna ad essere narrazione della quotidianità.


Ho sempre immaginato l’editore come un essere agguerrito, pronto a sfoderare la spada per eliminare il concorrente dello stand accanto. Invece li ascolto mentre pubblicizzano libri altrui. “Quanto sono stati bravi i tipi de La nave di Teseo a scovare Le case crollano! Se ti capita, leggilo. È un libro meraviglioso”. Il suggerimento di lettura viene di nuovo da Cristina Pascotto, Safarà editore, lettrice prima che direttore editoriale. Sento di potermi fidare.
Altre volte s’è lottato per accaparrarsi un titolo, ma l’editoria oltre ad essere passione è contabilità, e Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve è scomparso dal raggio d’azione di Iperborea. “Sarebbe stato un titolo perfetto per il nostro catalogo, ma era una cifra improponibile”.

Mentre tedio gli editori con le mie domande, al piano di sopra Chiara Valerio e Nicola Lagioia, neo direttori dei due saloni, dibattono sul futuro delle fiere. A che servono i saloni?
Ascoltando le considerazioni delle persone con cui ho parlato, a qualcosa servono. C’è chi non fa mistero della decisione presa, mostrando orgogliosamente la spilletta per il festeggiamento del trentennale del Salone (Iperborea, come il salone del Libro, compirà 30 anni nel 2017). 
C’è chi si indigna: “Il Salone del libro è Torino. Come si può pensare di sradicarlo e portarlo a Milano?”. E la distanza c’entra poco: sono editori del nord a parlare. Ma la polemica di qualche mese fa è sfumata. I toni sono cambiati; è ormai chiaro che di fronte a due progetti validi, trovando il giusto compromesso con le date, verranno meno anche gli schieramenti.


Con una vagonata di libri, cinguettando a destra e manca, raggiungo la metro. I tweet di oggi tra qualche minuto faranno parte del passato; tra le storie che ho in borsa, invece, potrebbe nascondersi un gioiello destinato a durare nel tempo. Sono tutte storie. E ogni giorno speriamo che quella di domani sia la più bella di sempre.   

7 commenti:

  1. Non posso che essere d'accordo con Biancardi su quel libro di Dagerman, che non mi stanco mai di consigliare.
    Mi è piaciuto molto il tuo resoconto.

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    1. Grazie! Bellissimo quel libro lì, vero?
      Iperborea ha un gran bel catalogo.

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  2. Sai che non sono per Twitter, (mentre sono "sbarcata" su Instagram per il mio pallino di foto con poche parole a corollario), tuttavia - lo ammetto - sono stata tentata di leggere i tuoi cinguettii informativi su una fiera che deve veramente essere bellissima.
    So comunque di poter aspettare altri post al riguardo e leggerli, anzi degustarli, centellinandoli, qui sul tuo blog.

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    1. Sono arrivata anch'io su Instagram ma lo uso pochissimo. Per il resto, ti dirò, i social, le fiere, gli incontri... tutto molto bello. Ma il momento migliore resta quello in cui spegni tutto e ti metti a leggere.

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  3. Risposte
    1. Ho già letto Santa Evita. Parto con aspettative elevate...

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    2. anche io ho letto prima santa evita di purgatorio: a me non ha deluso!

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