Gli uomini di cui mi innamoravo una quindicina di anni fa
sembravano esser appena usciti da un romanzo di Nick Hornby. Fascinosi,
pseudomusicisti, feticisti del vinile, super sportivi, capaci di parlare per
ore di un bassista geniale sconosciuto ai più (a partire dalla sottoscritta).
Uno di loro mi conquistò con l’umorismo e il “buongiorno” che sapeva davvero di
buongiorno. Non lo tormentavano le scadenze di fine mese, mi portava in locali
gestiti da gente spiritosa, il suo cruccio principale era decidere dove avrebbe
trascorso il weekend (“sì, credo proprio che tornerò a sciare”) e mi guardava
con occhi adoranti. «Non credo di aver mai incontrato una ragazza così
sensibile», e io non capivo come potessi essere tanto attratta da un tipo come
lui. Era l’epoca dei grandi ideali, quella in cui mi sbattevo tra due/tre
lavoretti diversi nell’attesa che arrivasse il “mio” Lavoro, quello vero, e nel
weekend vendevo arance, mele, uova pasquali, qualsiasi cosa potesse servire per
raccogliere fondi per l’associazione di cui avevo sposato la causa. Mi veniva
da piangere ogni volta che scoprivo che l’ente di cui sopra non era poi così no profit come professava di essere e mi
chiedevo se, alla fin fine, la scelta migliore non fosse quella del moroso alla
Nick Hornby: la parola “impegno” non esiste, mai promettere nulla, take it easy.
Un bel giorno l’uomo fascinoso si innamorò sul serio: continuava
a frequentare locali alternativi e a strimpellare il basso, continuava a
portarmi il caffè in ufficio ma il suo buongiorno divenne un “buongiorno?”.
Insomma, nella linearità delle sue giornate si intromisero una serie di punti
interrogativi insoliti per uno che sembrava avere solo certezze. Nel momento in
cui, tagliuzzando il petto di tacchino, mi disse: «Ma voi come fate a farvi
coinvolgere dalle vite degli altri? Voglio dire, non è difficile esserci
sempre? Ascoltare i problemi degli amici? Esporsi?», in quel preciso istante, capii
che la corazza era caduta. E non per merito mio. Presi l’ultimo libro di Nick
Hornby che avevo letto e glielo regalai. Credo fosse Alta fedeltà, romanzo perfetto per un appassionato di musica degli
anni ’70, ma avrei dovuto donargli Un ragazzo. Le analogie tra la sua vita e quella di Will, il protagonista, l’avrebbero lasciato a bocca aperta.
Da quel giorno smisi di leggere i romanzi di Nick Hornby e smisi
di frequentare i personaggi usciti dai sui libri, sebbene mi facessero
sorridere tantissimo. Tutto ciò fino a un mese fa, quando il giovane
bibliotecario del mio gruppo di lettura ha proposto Un ragazzo come libro del mese. E la mozione è stata approvata.
Rileggo il libro a distanza di anni e quasi quasi ci resto male.
Ha perso freschezza, sorrido un po’ meno, mi sembra una storia scontata, anche
se Will non è poi tanto diverso da un ragazzo
(??) trentaseienne di oggi. Riconosco lo humor britannico, ritrovo la scrittura
cinematografica, vedo l’evoluzione dei personaggi ma, come dire… storia
perfetta per una serata al cinema. Una bella commedia, il faccione scanzonato
di Hugh Grant, il profumo del popcorn e torni a casa di buonumore. Mi sa che
adesso in un libro cerco altro. È cambiato Nick Hornby o sono cambiata io?
I commenti degli altri lettori non sono stati terribili come
temevo. Buona parte dei presenti non aveva mai sentito nominare l’autore, in
pochi hanno visto la trasposizione cinematografica di About a boy. Riflessione magistrale di Luigi: «Con questo libro ho
avuto un ottimo rapporto: nulla mi ha dato e nulla ho restituito. L’ho
iniziato, l’ho terminato e l’ho riportato in biblioteca. Un perfetto distacco
inglese». Più chiaro di così!
Nick Hornby, Un ragazzo (About
a boy), trad. Federica Pedrotti, TEA su licenza della Ugo Guanda Editore.
Penso che se lo rileggessi succederebbe anche a me, ma forse non ho mai avuto intenzione di rileggere un hornby
RispondiEliminaGuarda, non l'avrei riletto neppure io senza il gruppo. Il rischio della rilettura quando ormai sei diventata un'altra persona. Poi gli articoli di Nick Hornby sono godibilissimi così come le sue sceneggiature però un romanzo... mah, oggi preferisco altro.
EliminaIo penso che questo libro non sia solo "una storia" e credo sinceramente che, se lo leggessi, sarebbe bello come lo era ieri e forse anche di più. Però è anche vero che la mia "storia" con Nick Hornby ha avuto un decorso decisamente diverso dal tuo. Io sono arrivata prima alla storia perché volevo capre se il film rispecchiava la storia a cui è ispirata e poi ho letto gli articoli di Hornby per i lettori. Quindi, a questa e a tutte le storie raccontate da Nick, che possono apparire semplici, io preferisco il suo approccio sociologico: l'incontro di due solitudini molto diverse fra loro ma che in comune hanno la contemporaneità. Siamo abituati a definire la "solitudine" come un fattore negativo in un mondo che si nutre di socialità e, invece, la solitudine è un'opportunità per mettersi in gioco e, a volte, il loro incontro ci aiuta a capire chi siamo e cosa vogliamo. Secondo questa visione, seppur meno emozionante, il lavoro di Hornby diventa altro e per me assume un significato universale e che travalica i confini del tempo in cui è stato scritto.
RispondiEliminaCome detto altrove, plaudo all'esercizio della rilettura, anche se stavolta non è stata premiante per l'autore... Baci bella!
Perfetta dimostrazione del fatto che il libro, una volta terminato, smette di essere dello scrittore e ogni lettore ne estrapola una storia diversa. Continuo a leggere volentieri gli articoli di Nick Hornby, mi piace il suo modo di raccontare i libri altrui, mi piacciono le sue sceneggiature, non credo che i suoi libri siano leggeri (sebbene si leggano velocemente), però non mi convincono più. Ha un bel modo di raccontare squarci di società ma non dà valore aggiunto. Una fotografia scattata a distanza, senza soffermarsi su un particolare rilevante.
EliminaQualcuno all'interno del gruppo di lettura ha trovato che leggere questo libro fosse un po' una perdita di tempo. A me è servito per capire che, nel bene o nel male, non sono più la stessa persona rispetto a qualche tempo fa.
A prestissimo.
Si legge con le proprie esperienze, questo l'ho sempre detto anche io... ma approfondiremo non appena riusciamo ad incrociarci... perché io e te ci incroceremo vero???? <3
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