Iniziò
tutto da qui: Stefy, libraia e blogger di Odore intenso di carta ci chiedeva cosa
dovrebbe avere una libreria per farcela prediligere alle tante (sempre meno, in
verità) presenti sul territorio. E in parecchi risposero.
Il
post era solo un pretesto per avviare, per dirla con le sue parole, un’idea da tempo in cantiere: un bookwebcrossing, un bookcrossing tra
blogger lettori.
Così,
dopo poco tempo, mi son vista recapitare un pacchetto profumoso contenente il
libro scritto da Pietro Greco e Bruno Arpaia “La cultura si mangia!”, editore
Guanda.
Il
profumo non proveniva ovviamente dall'omino delle Poste ma dalla finezza dell’amica
blogger che aveva inserito all'interno del libro una letterina scritta a mano,
avente un buon profumo. Una di quelle d’altri tempi che credevi scomparsa.
Bello, no?
Un’idea
generosa quella di Stefy, capace di coniugare lo strumento virtuale (il suo
blog) con la condivisione materiale dell’oggetto libro. Ed arrivano con impeto
l’odore intenso di carta, le sottolineature, i commenti a margine… Così, sembra quasi
di esserci uscita insieme con questa lettrice che non hai mai incontrato di
persona.
Per quanto mi riguarda, ho un rapporto conflittuale con il
bookcrossing: non sempre (anzi, quasi mai) riesco a liberarmi dei libri che mi
son piaciuti. È più probabile che ne compri una copia nuova e che la regali prima
di lasciar andare la copia vergata, che sa di treno, avente i segnalibri più
disparati (dalla cartolina appena ricevuta allo scontrino del bar).
“La
cultura si mangia!” è giunto in un periodo particolare, uno di quelli in cui vorresti
poterti ritirare a vita privata in una caverna per un annetto; vabbè la caverna
no; però prenderti un anno sabbatico da tutto e tutti magari sì. Piena di dubbi
sull'utilità di ciò che svolgi e divisa tra ciò che predichi e la tua
sottomissione al sistema, ti trovi a leggere che:
[…] l’ex
ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha sostenuto
che per i laureati non c’è mercato e che la colpa della disoccupazione
giovanile è dei genitori che vogliono i figli dottori invece che artigiani.
Sapesse, contessa... E il filosofo estetico Stefano Zecchi, in servizio
permanente effettivo nel centrodestra, ha chiuso in bellezza, come del resto
gli compete per questioni professionali: ha detto che in Italia i laureati sono
troppi. Insomma, non c’è dubbio che la destra italiana abbia sposato la cultura
della non cultura e (chissà?) magari già immagina un ritorno al tempo
dell’imperatore Costantino, quando la mobilità sociale fu bloccata per legge e
ai figli era concesso fare solo il lavoro dei padri. (Non lo sapeva, professor
Sacconi? Potrebbe essere un’idea...)
E la
sinistra o come diavolo si chiama adesso? Parole, parole, parole. Non c’è uno
dei suoi esponenti che, dal governo o dall'opposizione, non abbia fatto intensi
e pomposi proclami sull'importanza della cultura, dell’innovazione,
dell’istruzione, della formazione, della ricerca e via di questo passo, ma poi,
stringi stringi, non ce n’è stato uno (be’, non esageriamo: magari qualcuno c’è
stato...) che non abbia tagliato i fondi alla cultura, all'innovazione,
all'istruzione, alla formazione, alla ricerca e via di questo passo. Per
esempio, nel programma di governo dell’Unione per il 2006 si diceva: «Il nostro
Paese possiede un’inestimabile ricchezza culturale che in una società
postindustriale può diventare la fonte primaria di una crescita sociale ed
economica diffusa. La cultura è un fattore fondamentale di coesione e di
integrazione sociale. Le attività culturali stimolano l’economia e le attività
produttive: il loro indotto aumenta gli scambi, il reddito, l’occupazione. Un
indotto che, per qualità e dimensioni, non è conseguibile con altre attività:
la cultura è una fonte unica e irripetibile di sviluppo economico».
Magnifico, no? Poi l’Unione (o come diavolo si chiamava allora) vinse le
elezioni e andò al governo. La prima legge finanziaria, quella per il 2007,
tagliò di trecento milioni i fondi per le università. Bel colpo. Ci furono
minacce di dimissioni del ministro per l’Università e la Ricerca, Fabio Mussi.
Ma le minacce non servirono. Tant’è che,
nella successiva legge di bilancio, furono sottratti altri trenta milioni dal
capitolo università a favore... degli autotrasportatori. […]
E si va avanti di questo
passo.
Si dà il caso che io
lavori in un’associazione di categoria datoriale proprio di quel settore lì, e
non passa giorno in cui non ci si vanti del fatto che i benefici fiscali per
gli autotrasportatori vengono riconfermati dal Governo di anno in anno. Già, e
chi ne fa le spese? Tanto, come fa notare il signor valigiesogni, i figli dei miei responsabili frequentano
scuole private e, presumibilmente, domani frequenteranno college prestigiosi,
mica la scalcagnata università di Borghettodietrol’angolo??
Poi, per carità, molti
dei discorsi fatti nel libro sono troppo aleatori e forse non tutto è di così
facile applicazione come potrebbe sembrare. Certo è che la classe politica, nello stanziare risorse e decidere tagli, compie scelte precise e così, ad occhio,
non mi sembra che lo Stato negli ultimi venti anni abbia promosso il
cambiamento della specializzazione produttiva del nostro paese. Sarò stata
distratta io, ma non ho visto scelte che abbiano favorito gli investimenti
privati in ricerca e sviluppo. Nelle varie Agende, tanto di moda, non ricordo
di aver sentito parlare di riqualificazione dell’ambiente fisico, di estensione
di zone alberate e bonifiche di aree inquinate; di miglioramento del clima
sociale e culturale, della necessità di puntare su nascenti imprese, piccole e
medie, ma altamente qualificate e specializzate nelle nuove tecnologie e nell'industria
creativa. Pare abbiano fatto questo nella Ruhr, Germania, anni Novanta, per
riqualificare una regione industriale fallita dopo la chiusura di acciaierie e
miniere.
Da noi, invece, il
massimo della creatività sta nel finanziare la sagra della porchetta che, con
tutto il rispetto per la porchetta, non è l’attività principale verso cui
andrebbero dirottati i fondi degli enti locali.
Investire in cultura, innovazione, creatività, dà
certezze di miglioramento per un Paese? Certo che no, è un rischio. In questi
ultimi anni, neppure investire nella Fiat o in Alitalia dava certezze; eppure è
stato fatto. Ed evito di soffermarmi sul come, il perché e i risultati
raggiunti…
Fine dei dieci minuti di
sangue amaro.
Per saperne di più sul
libro ►
Per tornare all'ottima idea del bookwebcrossing, amici blogger,
questo libro ha da girare! Accorrete numerosi!
Lo leggerò,
RispondiEliminaQuanto all'anno sabbatico, condivido il desiderio, anche se, nel mio caso, dovrei avere la certezza che al rientro non si ripiombi nelle stesse miserie che ho intorno. Un'illusione remota
Barbara...carissima. Grazie ce bello quello che hai scritto. Ascolta, ho fatto un post in cui parlo di te. Vieni, ti aspetto.
RispondiEliminace=che ;)
RispondiEliminaciao
RispondiEliminaho letto il post sul blog di Barbara, ho deciso di partecipare anche se ultimamente leggo poco.
ops volevo scrivere sul blog di Stefania.
Eliminaio regalo libri da anni...ad amiche o biblioteche comunali
RispondiEliminama questa idea mi sembra diversa
i libri così viaggiano e con dentro la lettera e il commento-pensiero di chi lo ha letto prima di te è molto più bello ed interessante...
Mi è capitato un anno di fare la critica per una rivista che inviava un libro al mese( giuria letteraria 2012 - Elle). NOn lo avevo mai fatto ed è stato faticoso stare dentro i tempi di lettura. A volte divoro un libro in due giorni a volte settimane.
Questo perchè non sempre quando il libro arriva ci piace la trama e magari è un libro che non avrei letto mai.
Diciamo che la cosa mi interessa e potrei provare.
Ditemi come formare la catena. Cioè dovrei ricevere e dare un libro immagino.
Grazie Elisa
Ci ho messo un po' a rispondere perché sono andata a spulciare gli appunti di un paio di risposte che avevo dato ad una amica di facebook che, ricordavo bene, aveva letto lo stesso libro. Io non l'ho fatto ma conosco il genere e conosco quel che vende "in genere".
RispondiEliminaSono un po' scettica, perché spesso non sono così approfonditi come sembrano. Per esempio se non sbaglio non si parla di Levi il famoso e famigerato "cretino" che s'è fatto paladino della legge sul prezzo di libri che ha fatto sì che i prezzi aumentassero, gli sconti diminuissero e che è in gran parte il motivo per il quale tante librerie chiudono, sopratutto le indipendenti. Levi è anche quello che da anni vorrebbe mettere il bavaglio ai blogger e guarda caso è un esponente del PD.
Quel che dicevo alla mia amica in sostanza è che quando si tratta di "tagliare i fondi" per mantenere o aumentare i propri privilegi o stipendi, non hanno più fede politica sono tutti uguali.
D'altro canto in libri come questi non si parla di altri argomenti "scomodi" come per esempio il fatto che l'editoria, soprattuto la piccola e media, non sappia fare impresa con veri piani editoriali, come avviene per le case editrici major ma non tutte. In Italia aprono un sacco di case editrici che non hanno seri progetti d'investimento ma che hanno tutti il desiderio di diventare grandi Mondadori o Einaudi. Chiaramente senza progetti seri sono destinati a morire presto.
Non si accenna del cartello dei prezzi della carta e che le case editrici non si preoccupano affatto di servirsi di forniture estere che sarebbero meno costose, e aumentano tranquillamente i prezzi al lettore. Non si dice nemmeno che stanno spingendo il settore ebook, che è una vera mecca per gli editori che forniscono la copia di quello che mandano alla stampa, modificandolo con un po' di stringhe, e proponendolo a prezzi di poco inferiori al cartaceo che ha costi di gestione ben più alti.
Insomma il caso "editoria" ha una serie illimitata di sfaccettature e limitarsi al taglio dei fondi e alla responsabilità politica è solo uno degli aspetti che in questi libri vengono trattati molto spesso in maniera opinabile soprattutto riguardo le omissioni. All'epoca in cui uscì la legge Levi, aderii allo sciopero dei lettori comprando o scambiando libri usati e acquistando i titoli solo in caso di manifestazioni con lo sconto del 25%. Ma eravamo in pochi a farlo e il post che dedicai all'argomento non riscosse un gran successo forse perché fu pubblicato in agosto, ma tutt'oggi non mi pento di averlo scritto. Se fossimo stati molti di più forse oggi non ci troveremmo in queste situazioni se le librerie e i librai indipendenti non avessero appoggiato la proposta di decreto, forse non si troverebbero in queste situazioni.
Io sono un'utente cattiva compro da Amazon perché abbatte le mie spese e mi impedisce di farmi venire il magone che mi sale quando entro in libreria e trovo commessi che non conoscono i libri e soprattutto quando vedo le distese di libri tutte con una unica pecetta del 15% di sconto. Mi sale anche quando in librerie indipendenti mi si vendono libri letti totalmente al prezzo del libro nuovo o mi si fa lo sconto del 15% o anche meno del prezzo di copertina. Ci vado ancora ogni tanto in libreria, ma la mia spesa si è ridotta dell'80% rispetto a quella degli anni precedenti. E anche l'acquisto dei libri "nuovi" anche in rete è drasticamente diminuita, compro in rete libri delle piccole medie case editrici e per alcune di loro, acquisto solo libri "usati" per contenere ancora di più le spese.
Finchè la legge non sarà cambiata e porterò avanti il blog, visti i volumi di quel che leggo, andare in libreria è solo una spesa in più che non mi posso e non mi voglio permettere, anche se mi spiace per i "librai virtuosi" (che sono anche pochi per esperienza personale!).
Simona
Carissima, condivido diverse delle cose che hai scritto. Il libro riporta molti dei luoghi comuni relativi alle scelte di politica economica del nostro paese e non approfondisce granché. Insomma, se ascolti una rassegna stampa di tanto in tanto e se hai visto un paio di puntate di Report, hai la presuntuosa sensazione di saperne più di quanto non ti stiano raccontando.
EliminaIn realtà, nonostante il mestiere di Arpaia, di editoria in questo libro non si parla affatto. Si citano di sfuggita le solite statistiche legate alla decrescita del numero di lettori italiani; si cita la diminuzione del numero di laureati; non si affronta il tema “libro” né, tantomeno, quello dei costi del libro. Insomma, si parla di “cultura” in senso lato e non di editoria.
Ci sono spunti di riflessioni interessanti e osservazioni più banali; come dicevo nel post, molti discorsi mi son sembrati aleatori e poco approfonditi. E un po’ dispiace che a farne sia chi, tra l’altro, lavora nell’editoria.
Anch’io sono una pessima utente: acquisto sul cattivissimo Amazon e acquisto libri usati (più per passione dell’usato che per questioni economiche). Ma sono una romantica: appena vedo una libreria devo entrarci. E quando m’imbatto in una bella libreria o in un buon libraio, non ho esitazione: acquisto. Perché chi fa bene il mestiere che sogno da sempre merita di essere premiato.
Anch’io su questo blog affrontai l’argomento legge Levi (correva il luglio 2011). E tra le cose che scrissi, oltre a confessare che acquistavo su Amazon, ce ne sono un paio che riporto:
1.Poiché il libro non è, nel medio termine, un bene deperibile, “da consumare preferibilmente entro il…”, non vedo la necessità di svendere il prodotto prima che vada a male. Se il prezzo di copertina fosse equo, la promozione periodica sarebbe inutile.
2.Se il prezzo di copertina del libro fosse un importo adeguato, aspetteremmo tutti il 35% di sconto che ci regala Amazon?
Ciò detto, ad una lettrice poco generosa e piuttosto possessiva nei confronti del libro piace l’idea del book-web-crossing lanciata da Stefania e mi piace l’idea che siano lettori critici, quali sei tu (e chiunque sia passato per il tuo blog mi darà ragione), ad argomentare e fare critica costruttiva intorno a questo libro. Ma capisco anche che un lettore dispone di troppo poco tempo per tuffarsi nell’infinità di libri che vorrebbe leggere. Bisogna necessariamente fare una selezione: non si può leggere tutto.
Involontariamente, ‘sto libro ha finito con il farci infilare di nuovo in un tema che richiederebbe decine di post! Ed anche questo è un buon risultato.