sabato 10 ottobre 2020

Appunti di lettura

Non sono caduta in un buco nero. Ho fatto cose, ho sentito gente; ci sono state anche giornate in cui non so bene cosa abbia fatto. Capita anche a voi di arrivare a sera con la sensazione d’aver sperperato tempo rimuginando su banalità o su frecciate velenose che vi hanno prosciugato la dose giornaliera di energia? A me succede con una certa frequenza. Starò invecchiando… 

Nell’ultimo mese, ci sono state anche cose belle ma, come spesso accade, se non ne scrivo subito la quotidianità prende il sopravvento e mostre, pensieri, passeggiate, libri si perdono per strada. Però, sì, un paio di cose interessanti le ho lette. 


Perché il bambino cuoce nella polenta, di Aglaja Veteranyi, traduzione di Emanuela Cavallaro, Keller editore. 

Uno di quei libri che t’incuriosiscono sin dalla newsletter della casa editrice. Fosse solo per il titolo. Aglaja Veteranyi nasce a Bucarest nel 1962, in una famiglia dedita all’arte circense. Il circo sarà un’ottima via di fuga per lasciare la Romania e girare per il mondo tra uno spettacolo e l’altro prima di approdare in Svizzera.  

Qui ogni paese è all’estero. 

Il circo è sempre all’estero. Ma nella roulotte c’è casa. Apro la porta il meno possibile perché casa mia non evapori. Le melanzane arrostite di mia madre profumano ovunque come a casa, non importa in che paese siamo. Mia madre dice che all’estero si trovano molte più cose del nostro paese, perché tutto il cibo del nostro paese viene venduto all’estero. […]  

Conosco il mio paese dall’odore. Profuma come la cucina di mia madre. 

Tutto scritto in prima persona, con la leggerezza di una bambina. Una bambina che sa intenerirti quando racconta l’angoscia che prova durante gli spettacoli della mamma, la donna dai capelli d’acciaio. Sta appesa per i capelli alla cupola e fa giochi di abilità con palle, anelli e fiaccole infuocate. 

Una bambina che ti fa sorridere con le sue ingenuità; una bambina che ti spezza il cuore per il modo in cui ti racconta l’adolescenza di chi vive d’espedienti, alla ricerca della propria identità e di un posto in cui sentirsi a casa.  

Si legge in un soffio, ma non è un romanzo leggero. 

N.B.: Ho acquistato il romanzo sul sito della Keller; ho pagato con bonifico, spedizione con corriere gratuita; romanzo ricevuto in meno di 48 ore. Per dire che non esiste solo Amazon prime.   

 


1948 di Yoram Kaniuk, traduzione di Elena Loewenthal, Giuntina. 

Ha preso polvere nella mia libreria per qualche anno. L’avevo acquistato d’impulso ad un Salone del Libro di Torino, dopo una presentazione in cui Elena Loewenthal raccontava la sua esperienza di traduttrice dall’ebraico e presentava alcune opere significative della casa editrice Giuntina. Si era soffermata sulla personalità irriverente e geniale di Yoram Kaniuk, scrittore ebreo, nato nel 1930 in Palestina, quando Tel Aviv non era ancora in Israele. Insomma, un sabra, come ho appreso leggendo 1948 

Romanzo autobiografico scritto molti anni dopo quel 1948, quando Kaniuk, insieme ad altri ragazzi della sua generazione, fondarono uno Stato perché gli altri ci facessero il servizio militare. 

Dopo il primo massacro a Hulda sapevo della guerra più dei miei superiori. Perché bisogna essere dei giovani pazzi per combattere una guerra suicida per qualcuno che non sai chi sia e per qualcosa che non hai la più pallida idea di cosa sia. Solo dopo la guerra abbiamo scoperto, e non sempre con simpatia, che avevamo fondato uno Stato per dei morti che non ci avrebbero mai vissuto. 

È un libro duro, molto ironico e fare ironia su una guerra che hai combattuto a 17 anni è spiazzante anche per il lettore. Per me è stato così destabilizzante da doverlo ricominciare daccapo un paio di volte. Ho messo da parte tutte le idee che mi ero fatta sulla nakba e la fondazione dello Stato di Israele e sono finalmente entrata nella scrittura di Kaniuk e nei suoi ricordi di quel 1948. 

Tu pensi e un attimo dopo ricordi solo quello che vuoi. Avevo diciassette anni e mezzo, ero un bravo ragazzo di Tel Aviv finito in mezzo a un bagno di sangue. Sto cercando di pescare me stesso da dentro quel che mi pare siano ricordi. 

Traduzione di Elena Loewenthal magistrale.  




Maschiaccio e Femminuccia, di Silvia Pillin, edizioni EL. 

Considero Silvia un’amica, anche se non ci siamo mai incontrate di persona. Ha un blog che seguo assiduamente; mi piacciono i suoi post sintetici, informali, spesso ironici. Prendo nota dei suoi consigli di lettura perché, prima di essere una scrittrice, Silvia è una lettrice onnivora e bisogna sempre dar retta a chi ne sa.  

Maschiaccio e femminuccia è un libro per ragazzi; i protagonisti principali sono Caterina, capello corto e una straordinaria passione per il calcio, e Riccardo, il Bullo della classe; grosso, enorme, dall’odore tutt’altro che piacevole (tipo di carne putrefatta). 

La dura vita della quinta elementare, quando inizi a percepire che sei diverso da ciò che gli altri si aspettano tu sia. E fai di tutto per nasconderlo.  

Non sono una lettrice di libri per ragazzi, quindi non ho termini di paragone. So che a me questo libretto ha fatto sorridere, ma mi ha fatto anche riflettere. La scuola media è stata un inferno. Non per la scuola in sé, ma per la capacità che hanno i ragazzini di isolarti e fare battutine perfide solo perché non indossi quel paio di jeans, non hai ancora le tette come le compagnette più popolari (non che con gli anni la situazione sia migliorata), non puoi andare in piazzetta il pomeriggio. Passano gli anni, cambiano i parametri ma fare i conti con il conformismo sin dall’adolescenza resta un lavoraccio. 

 


La vegetariana, Han Kang, traduzione di Milena Zemira Ciccimarra, Adelphi edizioni. 

Man Booker International Prize nel 2016. Avevo acquistato l’ebook incuriosita dal titolo, dal premio, dall'entusiasmo delle recensioni, dalla certezza che l’Adelphi non mi deluderà mai. 

Inquietante.  

Yeong – hye è una donna anonima, anzi, per dirla con le parole del marito, del tutto insignificante.  

Né alta né bassa, capelli a caschetto né lunghi né corti, colorito itterico e malaticcio, zigomi un po’ sporgenti […] Tuttavia, pur non avendo attrattive speciali, non presentava nemmeno particolari difetti, e quindi non ci fu ragione di non sposarci. 

Quando si dice un colpo di fulmine. 

A ben vedere, c’è una stranezza in questa ragazza scialba: non le piace portare il reggiseno. A parte ciò, gestisce diligentemente tutti i doveri della buona moglie: è un’ottima cuoca, lava, stira, prepara la colazione, non infastidisce il marito in alcun modo, non sporca. Fino a quando, una mattina, svuota il congelatore, infilando in un sacco della spazzatura manzo, maiale, pollo, pesce e poi uova, latte... 

«Ma sei matta? Perché diamine stai buttando tutta questa roba?». 

[…] 

«Ho fatto un sogno». 

Non è la storia di una tizia che, improvvisamente, decide di diventare vegana e di stravolgere le convinzioni del marito. Le scelte alimentari di Yeong – hye, la sua crescente insofferenza verso gli abiti sono il frutto di un percorso mentale tortuoso. Mentre la pelle di Yeong – hye cerca la luce e il calore del sole, mentre il suo corpo rifiuta il cibo, ogni suo gesto e ogni suo silenzio determinano una frattura con il mondo che la circonda. Le conseguenze saranno irreparabili. 

Ho cercato risposte alle mie domande una pagina dopo l'altra, ma tutto il romanzo è rimasto un punto interrogativo. Un romanzo destabilizzante, che non credo d’aver capito; eppure, non son riuscita a togliermelo dalla testa per giorni. C'è voluto un po’ prima di riuscire a concentrarmi di nuovo su una lettura diversa. 

Qualcuno di voi l’ha letto? Impressioni? 


Domani è prevista pioggia. Divano e graphic novel

9 commenti:

  1. grazie per la menzione d'onore!
    ho ascoltato di recente la vegetariana in audiolibro su storytel e confermo il fatto che sia destabilizzante e molto inquietante e anche l'impressione di non aver capito davvero dove si voleva andare a parare. una lettura ipnotica e criptica per quanto mi riguarda.

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    1. Grazie a te per avermi dato l’input a prendere tra le mani un libro considerato “per ragazzi”.
      Mi sono resa conto di quanto, nonostante tutto, le mie letture siano limitate a determinati generi. Distopico? No, grazie. Fantascienza? Mah… Racconti? Beh, sì, però… Ragazzi? Figuriamoci!, e poi i miei nipoti non leggono, non conosco granché gli adolescenti, quindi… Graphic novel? No, vabbè, è passata l’epoca dei fumetti.
      Ho scoperto di avere una serie di preconcetti e non mi ha fatto piacere.

      Mi par di capire che con l’esperienza di lettura de La vegetariana sono in buona compagnia. Probabilmente leggerò altro di Han Kang; chissà se è sempre così criptica?

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    2. anch'io ho generi ristretti. raramente esco dalla mia zona di comfort delle letture, anche se ho scoperto che un bel libro, è bello indipendentemente dal genere cui appartiene. per cui (ogni tanto) per libri eccezionali faccio volentieri qualche deviazione.

      adelphi di han kang ha pubblicato altri due libri. dalla sinossi non sembrano meno inquietanti e intricati

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  2. Guarda te le coincidenze! Lo scoppiettante Matteo Cavezzali per Scritture di Frontiera, ha invitato a Ravenna per la rassegna il mese scorso proprio il direttore della casa editrice Keller, Roberto. Me lo ero segnata, ma poi non ho potuto esserci. Peccato.
    Comunque, di "abbastanza inquietante" non ho letto La Vegetariana ma devo dire che Figure nel salotto di Norah Lange promette bene.

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    1. Sono andata a leggere due cose su Figure nel salotto, mai sentito prima e sì, sembra inquietante. Che personaggio questa Norah Lange! Dovrò approfondire.

      Per quanto riguarda, invece, i tipi della Keller, sono davvero in gamba. Hanno un catalogo molto interessante, traduzioni eccellenti, tutti i testi sono molto curati e mai banali. Ovvio che se leggi solo narrativa americana, la Keller non farà per te. Ma questo non è il tuo caso!

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  3. Perché il bambino cuoce nella polenta è un po' che lo tengo d'occhio, incuriosita da questo super titolo.
    Mi hai dato una motivazione in più per leggerlo

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    1. A me è piaciuto molto. Si sorride, ma non è un libro allegro. La scrittrice non ebbe una vita divertente e la malinconia di fondo si percepisce in tutto il romanzo.

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  4. ho finito l'altro ieri Perché il bambino cuoce nella polenta. Mi ha spezzato il cuore, con quella situazione drammatica e il tentativo della bambina di far apparire tutto normale. pur avendolo letto velocemente credo che resterà a lungo con me. io comunque sostengo che quelli della keller mettano i feromoni nei loro libri: non è possibile che io li voglia tutti! :)
    La vegetariana l'ho letto un paio di anni fa e sì,sono rimasta frastornata. Credo che in un certo qual modo volesse rappresentare il non-senso della vita e il fatto che i codici comportamentali (penso che la società coreana sia molto codificata) ti portino lontano dalla natura e quindi alla follia. Ma è un'interpretazione come un'altra :)

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    1. Attendevo un ccciovedì o un libri letti veramente per conoscere il tuo parere.
      Bello, vero? Si legge velocemente ma quanto ti strappa il cuore? Troppo bravi i tipi della Keller.
      La tua interpretazione su La vegetariana mi sembra abbastanza condivisibile. I tipi di add editore hanno pubblicato proprio in questi giorni il libro di una scrittrice coreana del quale si dice “un tuffo in un’allucinazione, un’opera che scioglie la linea tra realtà e sogno, esplorando la possibilità di mondi oltre quello che vediamo e sentiamo”. Evidentemente disorientare è una caratteristica della narrativa coreana contemporanea.

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